La Polizia e la Guardia di Finanza di Palermo, hanno eseguito un provvedimento emesso dal Gip nell’ambito di indagini della Direzione Distrettuale Antimafia, procedendo, in Sicilia, Toscana, Lazio, Puglia, Emilia Romagna e Liguria, all’esecuzione di 34 misure cautelari nei confronti di mafiosi della cosca di Brancaccio e loro complici e al sequestro di numerose aziende, per un valore complessivo di circa 60 milioni di euro.
Tra gli arrestati c’è Pietro Tagliavia, capo del mandamento mafioso di Brancaccio e della famiglia di ”Corso dei Mille”, attualmente ai domiciliari.
Le indagini, eseguite dalla Squadra Mobile e dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, hanno consentito di fare luce su episodi di minacce, danneggiamento, estorsione, furto e detenzione illegale di armi da parte di esponenti della cosca di Brancaccio e di ricostruire l’organigramma delle famiglie mafiose che appartengono al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascuno e individuando i capi. L’inchiesta ha svelato il controllo, da parte della mafia, di un gruppo imprenditoriale che opera in diverse regioni, tra le quali Sicilia e Toscana.
Le aziende in questione, anche attraverso continui mutamenti degli organi societari e delle compagini imprenditoriali, si sono inoltre sottratte agli accertamenti del fisco e alla riscossione delle imposte, arrivando a sviluppare complessivamente volumi d’affari annui, in relazione alle vendite effettivamente operate, per oltre 50 di milioni di euro, ‘foraggiando’ senza soluzione di continuita’ la cosca mafiosa di riferimento, destinataria finale dei proventi derivanti dalla vendita degli imballaggi industriali, di fatto incassati senza il versamento di imposte”.
Tra gli arrestati dalla polizia e dalla Finanza di Palermo, che hanno azzerato il clan mafioso di Brancaccio, c’è anche il fratello di Giovanni Lo Porto, l’operatore umanitario sequestrato da Al Qaeda nel 2012 e assassinato tre anni dopo durante un’operazione antiterrorismo degli Usa da un drone. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato il braccio destro di Pietro Tagliavia, che dai domiciliari continuava a “governare” la cosca.
Quella dei Tagliavia è una famiglia mafiosa di Palermo coinvolta anche nelle stragi del ’92 e del ’93. Lo Porto avrebbe gestito il racket del pizzo.
Fermati anche Francesco Paolo Clemente, Francesco Paolo Mandalà, Gaetano Lo Coco, “incaricati del controllo delle numerose aziende, tutte intestate a prestanome, utilizzate per realizzare frodi di natura fiscale, e conseguire il monopolio regionale e una posizione dominante sul territorio nazionale nella commercializzazione degli imballaggi industriali”; Giuseppe Caserta e Cosimo Geloso, ritenuti rappresentanti della famiglia di “Brancaccio”; e infine Giuseppe Mangano, Giuseppe Di Fatta e Antonino Marino, “rappresentanti della famiglia di Roccella”.Sono state ricostruite decine di estorsioni ai danni di imprese edili impegnate in importanti lavori di ristrutturazione e di piccole attivita’ commerciali.
Gli investigatori hanno documentato come i rappresentanti del gruppo mafioso abbiano voluto esibire il proprio prestigio e fornire dimostrazione della propria forza anche in occasione di una delle feste rionali, autorizzando l’installazione di stand espositivi e monopolizzando i guadagni.
Nei casi in cui le vittime hanno cercato di resistere alle pressioni non sono mancate le ritorsioni, con l’incendio di attivita’ commerciali, episodi di violenza privata e danneggiamenti.
E’ stato sequestrato, inoltre, un registro nel quale sono riportante tutte le somme versate a favore dei singoli detenuti.
“Il gruppo di imprese facente riferimento al mandamento mafioso ha, cosi’, potuto prosperare e guadagnare posizioni di mercato a discapito degli operatori corretti, diventando uno dei leader nazionali del settore, anche in virtu’ dei prezzi particolarmente concorrenziali praticati“, spiegano Polizia e Guardia di Finanza.