Dopo l’ennesimo incendio doloso causato nel parco archeologico di Segesta (TP) ho pensato doveroso dispensarvi il mio sapere in modo da provare a fare luce sul profilo psicopatologico di chi appicca il fuoco e quali possano essere le ragioni per cui non si fa scrupolo di simili atti di scelleratezza. Rispondo, dunque, al quesito che il 3 luglio 2020 il nostro Direttore Responsabile Manlio Melluso ha espresso mentre commentava le notizie del giorno: Come ci si può accanire contro i luoghi meravigliosi della Sicilia?
Nosograficamente il cosiddetto “piromane” viene fatto rientrare fra i disturbi del controllo degli impulsi e della condotta e sembra che abbia sviluppato una ossessione maniacale per il fuoco e il “determinismo indeterminato” delle fiamme. Concetto contenuto nella radice etimologica della parola che deriva dal greco ed è composta da “puros”, fuoco e “manes”, maniaco. Ogni psicopatico si fissa su un particolare strumento di tortura perché provoca in lui piacere. Quello che il fuoco causa lo emoziona, lo gratifica e attiva la secrezione delle dopamine naturali ovvero lo eccita, alzando il livello di AROUSAL e di autostima del sistema nervoso. Non in tutti ovviamente può avere questo effetto e il piacere non ha una stessa forma, fonte, meta, oggetto per chiunque. Si tratta di gravi distorsioni cognitive oltre che di deficit soprattutto nell’empatia. Come tutti gli atti e le compulsioni ossessive, anche in questo caso il soggetto è spinto da un impulso travolgente e ha la sensazione di potersi “tranquillizzare” solo se asseconda questa follia. Dobbiamo, però, fare distinzione fra due tipi di criminali inconsapevoli, quelli che agiscono sotto spinte di deliri, allucinazioni e false credenze e quelli che stupidamente e per una cattiva abitudine acquisita e mantenuta gettano la sigaretta ovunque senza pensare non solo al fatto che inquinano e sporcano la terra che è comune a tutti ma che si tratta di un dispositivo che può avere una reazione di combustione a contatto con materiali infiammabili; in secondo luogo, ci sono due tipologie di criminali consapevoli, una rappresentata dai piromani e l’altra costituita da coloro che aizzano un incendio per interessi economici e personali (includendovi la vendetta o il semplice sfogo di un’aggressività vandalica), assecondando una mentalità mafiogena. In questo ultimo caso, si tratta di manie con delirio, perché tutti i mafiosi hanno in comune il delirio di grandezza, oltre che la psicochenosi che contagia tutti coloro che sposano tale modus operandi.
Nella normalità il fuoco piace ma al tempo stesso spaventa. Ricordo che durante il corso di tecniche psicodrammatiche il Docente, Ettore Pellandini, mi chiese di impersonare il colore che sentivo di essere in quel momento e di comunicarlo a tutti, cercando di trasmettere le caratteristiche di quel dato pigmento. Io sentivo di essere il rosso e lo associai a una fiamma viva, così, avendo studiato danza classica, moderna, contemporanea e orientale, lo interpretai. Alla fine della mia esibizione, fra piroette, capriole, spaccate e arabesque, furono tutti d’accordo: “è stato emozionante, bellissimo ma imprevedibile, non sapevamo se sarebbe caduta su di noi, se il suo movimento fosse controllato oppure danzasse all’impazzata. Certamente imponente, magnifica, seducente ma spaventosa, temibile: pura vita eppure così pericolosa”.
Sono queste le conseguenze che un incendio porta con sé: disperazione, distruzione, devastazione, annientamento, paura. Anche se parlo sempre di morte come Dod, rinascita e rinnovamento, in questo caso, la mano dell’essere umano, quando non è naturale, non viene per curare ma per falcidiare. Se a causa di un fulmine cade un albero danneggiando i propri possedimenti il pensiero deve essere che lo avremmo dovuto mettere in sicurezza prima che accedesse, quindi, non è un male che viene per ferire ma per indurre all’attenzione, alla cura e all’evoluzione. Non possiamo dire la stessa cosa degli incendi dolosi, per quanto i governanti dovrebbero mettere in pratica delle più alte misure di prevenzione e decidere punizioni e multe sempre più severe per questi misfatti. Non solo, tutto parte dalla radice. Se l’albero è malato lo saranno anche i suoi frutti. Sarebbe allora il caso di imporre la psicoterapia e il TSO (Trattamento sanitario obbligatorio) non solo a coloro che vengono fatti rientrare nelle cosiddette “urgenze cliniche” perché si riconosce la presenza di sintomi che rendono il soggetto pericoloso per se stesso e per gli altri. Sarete d’accordo, anche senza avere l’occhio clinico, che troppa gente non identificata come infida e ingestibile dovrebbe, invece, seguire un percorso clinico adeguato perché il rischio è non soltanto combinare guai di diverso genere ed entità strada facendo ma generare e crescere prole deviata e amorale.
I bambini sono lo specchio e il prodotto di un ambiente familiare e scolastico (non solo della genetica) e ogni disturbo può già intravedersi nelle figure chiave di riferimento dell’infanzia e, per risonanza, nei figli. La piromania si sviluppa in chi ha difficoltà sociali e tratti antisociali (non prova rimorso), un’evoluzione organica irregolare e problematiche sessuali. Basta pensare alla somiglianza che ha questo agito con l’impulso passionale a cui si deve necessariamente rispondere perché irresistibile, fuori da ogni costrizione materiale, affettiva e intermittente. Si tratta, dunque, di una perversione sessuale e di una lotta interiore contro l’accettazione della propria impotenza ovvero dei limiti della propria potenza (da P. Santovecchi). E anche grazie ai media oltre che al fatto di mettere in ginocchio la natura e simili egli sopravvive alla sua profonda e inveterata sterilità.