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I miei Camei tra Estetica e Scienza

mercoledì 26 Aprile 2017

Può una psicologa essere anche artista?

In che modo e in quali termini Arte e Scienza possono essere interconnessi? Una risposta possibile è contenuta nel lemma greco per arte: “Techne”, ovvero tecnica.

Le due forme o dimensioni di conoscenza possono viaggiare su di uno stesso compartimento se si considera che ogni atto cognitivo, per essere compiuto, deve essere la risultante di una congiunzione tra intuizione, ragione, passione, metodo, rigore e regole. Come spiega Arnheim, lo strumento principale nell’interazione con il mondo è la percezione soggettiva e condizionata dal proprio livello socio-culturale e cognitivo. Il prodotto di un artista dovrebbe essere contestualizzato e ben collocato, per poterne comprendere a fondo le peculiarità intrinseche o il messaggio principale che l’autore desidera trasmettere. Quando, però, tale comunicazione è falsata dai preconcetti o dalle visioni comuni, ormai, consolidate, occorre cercare di accompagnare la propria opera con una spiegazione che risulti compenetrabile.

 

Il mio intento di oggi è proprio quello di provare a chiarire il mio punto di vista ai miei lettori e sostenitori. Da quando ho cominciato a editare i miei lavori in proprio, mi sono goduta una certa libertà di espressione, senza dover rendere conto alle linee redazionali di una determinata casa editrice o testata giornalistica, ma solo a una deontologia severa che mi obbliga ad agire e creare sempre seguendo i miei principi, regole e valori oltre che determinati parametri scientifici e clinici.

Ho scelto di firmare i miei scritti, ideando un particolare logo che, probabilmente, alcuni di voi già conosceranno: una zeta che sta per Laura Valenti, in un gioco di forme, per me, altamente simbolico e con forte rimando al mio ultimo romanzo (Ziza 2008). Oltre a questa formula, ho intessuto anche i miei Camei. Prendendo spunto dal noto regista Hitchcock che compariva nei suoi film e, mutuando a lui il termine, ho pensato di interpretare i miei personaggi, aforismi, progetti, apparendo in fotografie realistiche, pittografate o trasformate in avatar, in un gioco di colori, enfasi e scenografie che, spesso, inducono l’osservatore a pensare: “Ma è lei?”. Ho sfruttato molto la mia capacità camaleontica, le mie competenze in Tecniche psicodrammatiche e, ovviamente, la mia inesauribile creatività.

Laura Valenti is Plentiful, è lo slogan. Questo non è incompatibile e ossimorico con l’essere innanzitutto una Psicologa clinica e curante, il cui scopo è elevare e allevare le menti. Vi assicuro che in, quasi, 17 anni di attività, tra il ghost writing e il ruolo clinico, l’erotizzazione o idealizzazione plausibile da parte dei pazienti non ha mai assunto connotati inaccettabili. In questo, mi aiutano l’insight, una buona selezione in entrata e il sottolineare con forza, determinazione e professionalità i confini e i limiti oltre cui non vi può essere alcun ubertevole e ubertoso movimento verso gli obiettivi comuni.

Detto questo, forse, ora potrete guardare in un’ottica compendiata e razionale ogni immagine che sceglierò di condividere con voi, con lo scopo di rappresentare un concetto o parte dei miei complicati –e non ridimensionabili- riverberi cogitativi. Mi auguro guarderete con occhi differenti: il Cameo Mata Hari; il Cameo “La fulmara oceanica”; il Cameo “Psicologa e Scrittrice”; il Cameo “Ziza”; il Cameo “Come Me”; il Cameo “Adagio sugli allori degli altri”, etc. Li conoscerete tutti a ventaglio, se saprete accoglierli con la giusta serietà e senza gli artifici inculturali che rendono difficile o superficiale la fruizione di un’immagine oltre che dei significati e significanti a essa congiunti. Mi raccomando di non vilipenderne alcuno con comportamenti e reazioni improprie (come tempestare di chiamate ectopiche la redazione) in un ambito strettamente e unicamente professionale. Io non sono e non sarò mai solo una Psicologa, visto che sono anche scrittrice. Esserlo, mi aiuta molto a stendere relazioni efficaci e analitiche e a riscrivere la storia del paziente, quando non rimane solo trascrizione.

Concludo con un aforisma da me scritto nel 2014: Per prendersi cura del particolare e del diverso ci vuole un approccio e uno stile non altrettanto inconsueti, ma molto più eccezionali. Capire i pazienti è un’arte che richiede applicazione e creatività, quando l’obiettivo non è cambiare tutto senza cambiare nulla, ma, al contrario, la giusta variazione armonica della persona, nella sua globalità.

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