“Negli ultimi 10 anni, almeno 60.000 persone sono morte lungo le tante rotte che portano in Europa e oltre 27.000 hanno perso la vita nel Mar Mediterraneo e altre migliaia sono scomparse. Dietro ad ogni numero c’è un essere umano: una sorella, un fratello, una figlia, un figlio, una madre o un padre. La speranza di oggi è che le vittime del nuovo tragico naufragio davanti alle coste libiche non restino senza identità. L’Italia sa già come fare, ma serve che anche gli altri Paesi, adottino un protocollo comune. E’ necessaria una banca dati europea che si occupi di tutti i morti nel Mediterraneo”.
Nella “Giornata internazionale dei migranti”, il comitato 3 ottobre (nato dopo il maxi naufragio del 2013 davanti Lampedusa) torna a sollevare l’esigenza di un sistema integrato per il conteggio delle morti né in Italia, né nel resto d’Europa.
“Molti di coloro che hanno perso la vita in mare non verranno mai portati a riva o se ci arriveranno probabilmente saranno depositati senza nome e senza funerale in un cimitero in Italia meridionale o in Grecia” – aggiungono dal comitato 3 ottobre – . “Non mi stancherò mai di sottolineare l’urgenza di creare una banca dati europea del Dna e di avviare un progetto di collaborazione europeo affinché venga riconosciuto il diritto all’identificazione delle migliaia di cadaveri tumulati senza nome nei cimiteri europei – scrive Tareke Brhane, presidente del comitato 3 ottobre – . L’Italia ha un modello che può essere esteso a tutti i 27 Stati membri. La nostra battaglia è per dare un nome e una degna sepoltura alle vittime per questo abbiamo lanciato una petizione: https://www.