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Migranti, torna l’incubo Cie. Il Viminale promette “più controlli e più espulsioni”

martedì 3 Gennaio 2017

Dal 30 dicembre il vocabolo “Cie” galleggia di nuovo nei salotti della politica. Il Governo sta pensando di riattivare i Cie (centri di identificazione ed espulsione). Erano stati mandati in soffitta giusto un anno fa, su indicazione della Comunità europea. Al loro posto erano subentrati gli Hotspot ma con il cambiamento degli umori comunitari il capo della Polizia, Franco Gabrielli e il neo ministro dell’Interno, Marco Minniti li hanno rilanciati. Quest’ultimo entro gennaio sarà ascoltato dalla Commissione d’inchiesta sui migranti

A poche ore di distanza dall’attentato di Berlino e dello scontro a fuoco di Sesto San Giovanni, con l’uccisione di Ansi Amri, il Viminale ha diffuso una circolare per disporre “maggiori controlli” e più espulsioni dal territorio nazionale. Una ricetta apprezzata dal Ministero che in queste ore sta ponderando una revisione normativa sul reato di clandestinità. Il Governo Renzi in più occasioni aveva ipotizzato la depenalizzazione ma dopo la bocciatura della Corte Costituzionale al posto delle pene detentive è stata inserita una pena pecuniaria, che può essere trasformata in una detenzione domiciliare pari a 45 giorni. Ma c’è dell’altro. Le autorità italiane puntano a stringere ulteriori accordi bilateriali con gli Stati africani e stamane il ministro Minniti è volato a Tunisi con l’obbiettivo di ottenere un rapido via libera ai rimpatri. In Tunisia, Minniti incontrerà il ministro dell’Interno, Hedi Majdoub, il primo ministro, Youssef Chahed e il ministro degli Esteri, Khemaies Jhinaoui e inoltre è prevista la visita al presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi. Domani sarà la volta di Malta – che dal primo gennaio ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione europea – e incontrerà il ministro dell’Interno della Repubblica di Malta, Carmelo Abela.

Il ripristino dei Cie è un progetto concreto. Nelle cartine geopolitiche del Governo le strutture di riferimento sono 10, ma adesso soltanto in 4 sono operative: Caltanissetta, Bari, Torino e parzialmente Roma. Poi ci sono quelli fermi ai box tra cui il centro di Trapani, trasformato in tutta fretta in Hotspot nel dicembre 2015. Lo switch ha riguardato anche il Cie di Lampedusa e l’ex Cpsa di Pozzallo. Sono gli spartiacque voluti dalla Comunità europea: richiedenti asilo di quì, migranti economici di là. La ricetta partorita a Bruxelles è ancora fresca ed un rilancio dei Cie – a compartimento stagno – potrebbe nuovamente creare dei conflitti gestionali e sul punto è giunto anche il “pieno dissenso e forte preoccupazione per la proposta di aumento del numero dei Cie” del Coordinamento nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca). La prima certezza è quella del Cie di Caltanissetta, in contrada Pian del Lago – con una capienza di 96 posti – e in queste ore il vicepresidente della Regione Siciliana, Mariella Lo Bello, intervenuta nella Commissione Immigrazione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome , si dice «personalmente contraria a creare nuovi Cie». Contraria anche la campagna nata nel 2001 Lasciatecientrare che continua a definire “strutture inutili, inefficienti e costose con condizioni di trattenimento lesive della dignità umana e soprattutto inutili al contrasto dell’immigrazione irregolare”

“Alfano nonostante le sollecitazioni non è mai venuto in Commissione – dice il presidente della Commissione d’inchiesta sui centri per migranti, Federico Gelli –  dove in sua vece è sempre venuto il prefetto Morcone. Abbiamo perplessità sul fatto che la soluzione possa essere creare Cie in ogni regione e almeno in passato l’esperienza dei Cie non è stata buona, ricordo che questa Commissione è nata dopo lo scoppio di alcuni scandali”. Il sistema è al collasso tanto che alcuni mesi fa Frontex (l’agenzia per il controllo delle frontiere esterne) stava meditando il lancio di alcuni  “hotspot mobili” attivi sia sulla terraferma sia su alcune navi di grandi dimensioni e a Messina non è ancora chiaro se all’interno dell’ex caserma “Gasparro” di Messina (rione Bisconte) verrà aperto un nuovo Hotspot. Da dicembre la struttura è gestita dalla Senis Hospes, già emersa nei fascicoli di Mafia Capitale e riferibile a Camillo Aceto indagato dalla Procura di Bari per “frode in pubbliche forniture” nella gestione del Cara di Bari-Palese. Ed è questo il capitolo mai affrontato dal Governo. Chi gestisce i centri? La domanda se la pone anche il presidente della Commissione sui centri, Gelli che  “vuole poi valutare gli aspetti economici dell’immigrazione – prosegue – ovvero le modalità di affidamento della gestione dei servizi, quanto viene speso, a chi vengono dati i soldi. Anche su questo aspetto interrogheremo il ministro Minniti in Commissione e verificheremo anche quanto accaduto ieri al Cpa di Cona (Venezia), prevedendo, eventualmente, un sopralluogo”. In un Documento Programmatico diramato dal Ministero dell’Interno nel dicembre 2013 veniva delineato uno schema tipo sulla base dei riscontri evidenziati da una task force interna al Ministero alla quale era stato affidato il compito di analizzare la situazione in cui versano i Centri di Identificazione ed Espulsione italiani. Nel dossier si ipotizzava l’assegnamento di gestione di tutti i Cie ad un unico ente gestore ma da allora l’idea è stata mandata in soffitta e le Procure di mezza Italia hanno cristallizzato truffe e frodi nei centri per migranti. Fino alla prossima inchiesta.

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