Nel nostro Paese, oltre 10.000 embrioni risultano crioconservati nei centri di procreazione medicalmente assistita. Di questi, una parte significativa è ufficialmente considerata “abbandonata”, secondo la definizione contenuta nel decreto ministeriale del 2004: embrioni per cui esiste una rinuncia scritta al futuro impianto da parte dei genitori biologici o per i quali non è stato possibile rintracciare i titolari della crioconservazione per almeno dodici mesi. Tuttavia, non esiste ancora una normativa organica che consenta l’adozione da parte di terzi o l’utilizzo a fini scientifici.
L’avvio di un tavolo tecnico interministeriale per regolamentare l’adozione degli embrioni rappresenta un possibile punto di svolta, ma la strada appare ancora lunga e complessa. La questione non è soltanto tecnica o giuridica: è un nodo che coinvolge bioetica, biopolitica e diritti fondamentali.
L’iniziativa legislativa in cantiere
La ministra per la Famiglia e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, ha annunciato l’intenzione di elaborare un disegno di legge specifico sull’adozione degli embrioni crioconservati. A suo avviso, la situazione attuale – che vede migliaia di embrioni “in condizione di sospensione” – è una questione che merita una risposta normativa. Roccella ha definito l’adozione una “possibilità importante”, espressione di una visione che mira a tutelare la vita anche in forme non convenzionali.
Il progetto, ancora in fase embrionale, sarà sviluppato congiuntamente dai Ministeri della Famiglia, della Giustizia e della Salute. Al momento non esistono tempistiche definite né una bozza ufficiale, ma l’idea si ispira a una proposta storica di Carlo Casini e a un parere già espresso nel 2005 dal Comitato nazionale di bioetica.
A confermare il lavoro in corso è anche il Ministero della Salute. La direttrice del dipartimento della prevenzione, Maria Rosaria Campitiello, ha definito l’iniziativa un “grande atto di solidarietà che lo Stato fa per le coppie”, sottolineando che sono già attivi tavoli tecnici. Obiettivo dichiarato: offrire una possibilità concreta di genitorialità e un futuro agli embrioni oggi congelati e abbandonati.
Secondo i dati ufficiali più recenti, pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2016 e relativi al censimento del 2011, in Italia risultano crioconservati 3.862 embrioni formalmente abbandonati (con rinuncia esplicita da parte di 939 coppie) e altri 6.279 per i quali non è stato possibile rintracciare la donna o la coppia responsabile della crioconservazione. A questi si aggiunge un numero imprecisato di embrioni affetti da gravi patologie, per i quali la legge 40 vieta qualsiasi destinazione alla ricerca scientifica.
Campitiello ha inoltre ribadito che il fattore tempo non rappresenta un ostacolo biologico: gli embrioni crioconservati, immersi nell’azoto liquido a -197°C, possono teoricamente restare vitali per un periodo indefinito. Un caso emblematico è quello registrato nel 2010 in Gran Bretagna, dove un embrione congelato da 20 anni è stato impiantato con successo.
L’ambiguità normativa e il blocco della ricerca
La legge 40 del 2004 ha sancito, tra le altre cose, il divieto assoluto di sperimentazione sugli embrioni e l’impossibilità di destinarli a fini scientifici, anche in presenza di anomalie genetiche gravi. Questo ha prodotto una situazione paradossale: da un lato, la scienza italiana è esclusa da un’importante frontiera di ricerca; dall’altro, il legislatore ammette implicitamente la legittimità dell’utilizzo di risultati ottenuti all’estero attraverso le stesse pratiche che in Italia rimangono proibite.
Questo paradosso giuridico si traduce in un blocco culturale e scientifico. In molti Paesi, gli embrioni sovrannumerari – cioè quelli non destinati all’impianto originario – possono essere donati ad altre coppie o utilizzati per avanzamenti scientifici, con garanzie etiche e consenso informato. In Italia, invece, la crioconservazione indefinita rimane l’unica possibilità, senza che sia stata definita una scadenza temporale né un destino alternativo.
L’adozione embrionale
Nel contesto internazionale, l’adozione degli embrioni congelati è una realtà già regolamentata e operativa. In Paesi come la Spagna o gli Stati Uniti, gli embrioni non più utilizzati dai genitori biologici possono essere adottati da altre coppie che affrontano problemi di infertilità, offrendo così una duplice opportunità: permettere a un embrione di svilupparsi e a una coppia di realizzare il desiderio di genitorialità.
In Italia, invece, anche questa ipotesi è attualmente preclusa. La legge non prevede alcuna forma di adozione embrionale. Si riconosce la possibilità della donazione dei gameti (ovociti e spermatozoi) separatamente, ma non degli embrioni già formati. Si tratta di un divieto che non trova spiegazioni scientifiche, ma che si fonda su assunti etici rigidamente conservatori e spesso contraddittori rispetto alla stessa tutela della vita che si intende difendere.
Biologia, diritto e il peso del tabù
Dal punto di vista biologico, un embrione crioconservato può mantenere il proprio potenziale vitale per decenni. Non esiste, infatti, un limite temporale al mantenimento in azoto liquido. Tuttavia, il limbo giuridico in cui questi embrioni si trovano rende vana ogni possibilità di sviluppo o utilizzo, sia riproduttivo che scientifico.
È qui che emerge il vero nodo culturale: il trattamento degli embrioni congelati in Italia non risponde né a criteri razionali di tutela della salute né a principi giuridici di equilibrio tra i diritti. Piuttosto, riflette un’impostazione ideologica che trasforma l’embrione in un oggetto sacralizzato, ma allo stesso tempo abbandonato, intrappolato in una sorta di “congelamento morale” prima ancora che biologico.
Verso un cambiamento?
L’apertura di un confronto tecnico tra Ministero della Salute e Ministero della Famiglia segna un primo, timido passo nella direzione del cambiamento. Ma perché questo porti a un’effettiva revisione normativa, sarà necessario affrontare con onestà il cortocircuito tra diritto, etica e scienza che da troppo tempo paralizza il nostro sistema. Un sistema che oggi non protegge né gli embrioni, né le coppie infertili, né la ricerca scientifica.
Solo un dibattito realmente laico e informato potrà permettere all’Italia di uscire dall’attuale impasse normativa e culturale.
E restituire dignità, possibilità e futuro a ciò che oggi resta imprigionato nel freddo dell’azoto liquido.
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