Il nuovo decreto del premier Giuseppe Conte rischia di far discutere ancor prima di nascere. A parte qualche piccola riapertura, il punto focale del DPCM sulla fase 2 ha riguardato lo sport.
Quel che è certo è che, dal 4 maggio, verrà consentita l’attività motoria entro il proprio comune di residenza. Relativamente invece all’attività sportiva, viene autorizzata la ripresa degli allenamenti individuali mentre, per gli sport di squadra, si dovrà attendere almeno il 18 maggio. Nessuna risposta invece per le palestre e per le piscine.
Si potrà quindi andare a correre, senza creare assembramenti e mantenendo una distanza individuale di almeno 2 metri. La distanza si riduce ad un metro nel caso della passeggiata. Si anche alle uscite in bici, a patto che vengono condotte sempre in solitudine e rispettando l’isolamento sociale.
MA COSA SI INTENDE PER ATTIVITÀ MOTORIA?
Un allentamento della morsa, quindi, per gli sportivi italiani e siciliani. Ma quali pratiche si possono ritenere incluse nella dicitura “attività motoria”? Qual’è la sua nozione giuridica?
Anche il diritto sportivo è poco chiaro a riguardo. Se per l’attività sportiva vale il principio che è da considerarsi tale tutta la pratica svolta e disciplinata all’interno dell’alveo delle federazioni o delle discipline sportive associate, il concetto di attività motoria si pone in una posizione maggiormente astratta, richiamando il concetto di impegno fisico, così come avviene nel decreto Balduzzi sulle certificazioni mediche in ambito sportivo.
Secondo l’OMS, per attività motoria (o fisica che dir si voglia) si intende “qualunque movimento determinato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un dispendio energetico superiore a quello delle condizioni di riposo”.
Tanto per fare un esempio, la classica corsetta al parco che pratichiamo una volta a settimana rientra in questa categoria. Ma in questa cerchia rientrano molteplici azioni del vivere quotidiano quali il lavoro, le pulizie di casa o la semplice passeggiata. Un ambito molto vasto quindi, che rischia di complicare le cose nell’interpretazione del decreto.
SI POTRANNO PRATICARE NUOTO E TREKKING?
Forti dubbi ad esempio rimangono su attività quali il nuoto o il trekking. Già nei giorni precedenti, si era posto il dibattito sulla possibilità, per i residenti al mare o in montagna, di poter fare il bagno al mare o di farsi una passeggiata nei boschi. La risposta del Governo è arrivata attraverso le FAQ della sezione “Io Resto a Casa”.
Come chiarito sul sito dell’esecutivo infatti, “Sì. È sempre possibile svolgere l’attività motoria in prossimità della propria abitazione principale, o comunque di quella in cui si dimora dal 22 marzo 2020, con la conseguenza che è ammesso, per coloro che abitano in luoghi montani, collinari, lacustri, fluviali o marini – e sempre che non si tratti di soggetto per il quale è fatto divieto assoluto di mobilità in quanto sottoposto alla misura della quarantena o risulti positivo al virus – effettuare tale attività in detti luoghi (ivi compreso fare il bagno al mare/fiume/lago) purché individualmente e comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona“.
Un tema molto discusso, che già ha dato il via a diversi flame sui social network. Rimane da capire però se, per effetto dell’estensione effettuata dal nuovo decreto, tali attività siano ora consentite a tutti coloro i quali siano residenti in comuni che si affaccino sul mare o in montagna.
E’ chiaro però che esiste una forte differenza, sul fronte dell’impegno fisico, fra farsi il bagno al mare o farsi una nuotata. Qual’è quindi il metro per delimitare la distanza necessaria per rispettare il DPCM?
A tal proposito, servirà chiaramente una tipizzazione delle fattispecie consentite da parte del Governo nazionale. Anche perchè, altrimenti, qualche schizzo d’acqua in più o in meno potrebbe fare la differenza fra il prendere una multa o meno, aprendo così la strada a numerosi conteziosi giudiziari.