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Coronavirus in Sicilia: “Rischio enorme per gli operatori sanitari. 90% senza dispositivi di protezione a norma”

martedì 31 Marzo 2020
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Al di là della pandemia e della conseguente crisi economica che sta facendo montare la rabbia dei siciliani, a tenere banco è la carenza dei dispositivi di protezione all’interno dei presidi sanitari. Pochi, troppo pochi quelli disponibili per gli addetti ai lavori in queste ore di trincea per cercare di porre un freno all’emergenza coronavirus.

Numerosi sono stati i casi di coronavirus che hanno visti coinvolti medici e assistenti sanitari. Il rischio del contagio è alto e il ridotto numero dei dpi aumenta notevolmente il problema.

Per Giorgio (nome di fantasia per tutelare la privacy dell’intervistato) non ci sono dubbi: “Qualunque operatore mette a repentaglio la propria salute. Non mi stupirei di una infinità di cause legali perchè mancano i dispositivi di protezione in ospedale. E’ come se i medici al momento stessero scavando con le mani dopo un terremoto. Il 90% degli operatori sanitari se ha i dpi non sono nemmeno idonei.

IL RACCONTO

Giorgio da molti anni lavora nel settore sanitario. In particolare, presta servizio in una grossa azienda che fornisce macchinari ospedalieri in tutta Italia. Le sue parole purtroppo fanno evincere un quadro sconfortante di ciò che sta succedendo nei nosocomi isolani.

Giorgio rappresenta la situazione attraverso un esempio lampante: “Sino alla settimana scorsa i miei contatti locali hanno proposto dei ventilatori polmonari ad ospedali siciliani di primissimo livello. Ma snobbavano l’offerta per dettagli, come la mancanza del manuale in italiano piuttosto che in inglese. Hanno approciato l’emergenza con troppa superficialità”.

E sulle tanto ricercate mascherine (fpp3 e fpp2) dai prezzi esorbitanti, quale è ad oggi la situazione?

Le industrie hanno aumentato la produzione. Ma a chi le mandano? E’ tutto un problema di rapporti politici – Afferma Giorgio -. Se la produzione si trova negli USA i primi a trovarne beneficio saranno gli americani e i loro amici. Come la 3M che è tedesca, quindi la prima distribuzione arriverà in Germania. Il 90% del nostro mercato è tutto di importazione. Noi possiamo contare sui rapporti e relazioni che esistono tra gli imprenditori italiani con l’estero”.

E tiene a precisare: “La 3M che è un grosso marchio che fabbrica mascherine e quant’altro, non mi risulta che abbia dato comunicazione ufficiale sui dati della sua produzione e sul prezzo. Comunicazione che la farmaceutica Angelini ha fatto subito per l’Amuchina. Insomma: è’ tutto un gioco di forza. I prodotti si spostano in base a dove esiste maggiore ricavato”.

Infine, sottolinea Giorgio, “Molti imprenditori hanno paura di importare materiale ospedaliero in quanto la dogana possa requisirli. Questo è un grosso problema. Molti abbandonano questo business perchè lo Stato se ne potrebbe approfittare. Il rischio c’è ed è alto”.

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