“Con stupore ho ascoltato le parole di Giusy Nicolini durante la trasmissione di Lucia Annunziata “in mezz’ora”. Mi accusa di averla fatta perdere per avere erogato ai pescatori il contributo riconosciuto dalla Regione Siciliana con una delibera di giunta varata due anni prima del mio insediamento”.
Comincia così una dichiarazione scritta su Facebook dall’assessore all’Agricoltura e alla Pesca della Regione Siciliana, Antonello Cracolici, in merito alle affermazioni dell’ex sindaco di Lampedusa.
“Una calamità – aggiunge Cracolici – sorta a seguito del naufragio di diverse imbarcazioni che trasportavano esseri umani e spesso cadaveri. Mi risulta che la calamità sia stata chiesta a gran voce da tutti e in particolare dal Comune di Lampedusa e dal Sindaco. Quale è stato il mio torto? Ho soltanto recuperato risorse che non venivano utilizzate dal 1998 e ho fatto un bando nel marzo del 2016 per riconoscere ai pescatori quanto la giunta aveva garantito. Il Bando è stato istruito dagli uffici e le istanze sono passate al vaglio della capitaneria di porto. Dal marzo 2016 si sono dunque messi in moto gli atti amministrativi conseguenti che hanno consentito a ottobre 2016 di pubblicare i primi decreti di riconoscimento dei contributi. Solo problemi burocratici e in particolare l’esercizio provvisorio del 2017 hanno ritardato l’erogazione dei contributi”.
“Mi sembra una follia addebitare il riconoscimento di un diritto a favore dei pescatori – prosegue – come causa della propria sconfitta. Conosco la Nicolini da trent’anni non immaginavo questa sua involuzione seppur ne ho sempre apprezzato coraggio e passione. Delle mie iniziative era perfettamente informata l’amministrazione comunale e anche nell’incontro pubblico tenuto a Lampedusa agli inizi dell’ottobre scorso in presenza del vice sindaco”.
“Sono orgoglioso di aver improntato la mia attività al “fare” – conclude Cracolici – nel rispetto di regole e trasparenza. Non ammettere mai le proprie responsabilità sulle sconfitte e attribuirsi solo il merito delle vittorie è un vecchio vezzo di un settarismo che spesso fa litigare anche con se stessi”.