Protagonista della seduta di oggi a Sala d’Ercole, guidata da Gaetano Galvagno, è stata la relazione sull’attività svolta dalla Commissione Antimafia, presieduta da Antonello Cracolici, approvata all’unanimità nei giorni scorsi propri tra i banchi della stessa Commissione. Un quadro generale sullo stato dell’organizzazione mafiosa e sul fenomeno corruttivo nella Regione emerso dalle audizioni e dalle indagini svolte. Presenti anche il commissario dello Stato per la Regione Siciliana, i prefetti delle nove province dell’Isola e le associazioni antimafia.
“Un’antimafia del fare“: così l’esponente del Partito Democratico ha riassunto le tappe compiute e traguardi tagliati in questi anni, come la legge “Liberi di scegliere”, i 4 milioni di euro per le aziende confiscate o i 15 milioni di euro per i sistemi di videosorveglianza per i Comuni siciliani, dall’Istituto zooprofilattico agli ultimi fatti di cronaca, con l’inchiesta sugli appalti che tra i 18 indagati ha visto coinvolti anche il coordinatore politico di Noi Moderati Saverio Romano, Totò Cuffaro e Carmelo Pace, rispettivamente ex segretario nazionale e capogruppo all’Ars della Democrazia Cristiana.
“Un’idea di concretezza che coniuga l’ascolto dei territori, attraverso l’interlocuzione delle prefetture, dei comitati, dei cittadini, dei sindaci, della pubblica istruzione. Un ascolto avvenuto a Capaci, coinvolgendo anche altre Regioni. Allo Sperone e poi allo Zen. Fino alla seduta dell’Ordine dei giornalisti“. Ha così esordito Cracolici, che ha aggiunto: “La Commissione opera sul tema della corruzione. Il fatto che oggi ci troviamo a parlare proprio mentre è in corso una vicenda politica gravissima, che ha coinvolto la nostra Regione con un’iniziativa giudiziaria importante, mi obbliga a offrire una lettura di sistema a cui non possiamo sottrarci. Siamo il Parlamento della Sicilia e a noi spetta di offrire una lettura di sistema. Spetta al presidente assumere dei provvedimenti. La Commissione ha l’obbligo di offrire una lettura più sistemica della situazione in Sicilia. Il nostro è un lavoro che si è sempre soffermato sulla ricerca della verità, delle stragi e dei fatti di sangue che hanno segnato la nostra terra e tutto ciò ha contribuito a distrarci su come l’organizzazione mafiosa in questi anni ha cambiato pelle. Armi e droga sono il principale business di Cosa nostra. La tensione civile e morale della popolazione nei confronti di una mafia percepita come meno violenta si è abbassata, il sistema pubblico ha impiegato risorse mentre veniva indebolita la legislazione sugli appalti, consentendo alle famiglie mafiose di insediarsi nel sistema e ricostruire la reputazione che le ha rese in grado di accrescere il potere“.
Il deputato del PD ha così calcato la mano sul “caso DC” e sulla decisione del presidente della Regione Renato Schifani di escludere dalla giunta i due assessori in quota democristiana, Nuccia Albano e Andrea Messina, rispettivamente alla Famiglia e agli Enti locali: “Non sono stati rimossi solo gli assessori, ma l’intero partito. Se la magistratura parla di un sistema diffuso di condizionamento della vita pubblica cosa altro dobbiamo aspettarci? Siamo sicuri che la vicenda Cuffaro riguarda solo il “sistema Cuffaro”? La decisione di Schifani è la prima risposta a questi quesiti. Ma tutto questo basta?“.
Dalla relazione “è venuto fuori dai dati l’assoluta inesistenza di denunce su racket e usura. E’ impensabile che questi fenomeni siano scomparsi. L’assenza di questi ci indica un sintomo di sfiducia della Sicilia e dei siciliani nei confronti delle forme di legalità. Prevale così la convivenza con le azioni criminali, una situazione allarmante. Se passa il messaggio che alla fine a fare argine alla criminalità è rimasta solo la magistratura, ci troveremo sempre più di fronte a una politica debole e asservita alla esclusiva logica del favore, dove in nome del consenso tutto è possibile“.



