Totò Cuffaro attacca per difendersi. Questa la strategia che l’ex presidente della Regione Siciliana ha usato davanti la commissione antimafia, guidata da Claudio Fava che nell’ambito di un’inchiesta sul settore rifiuti sta portando avanti.
Il presidente Claudio Fava ha puntato i riflettori sul piano di ciclo dei rifiuti per la Sicilia a firma proprio del governo Cuffaro. Questo il nome del progetto firmato nel 2002 dall’allora governatore e commissario all’emergenza per la spazzatura Salvatore Cuffaro. La soluzione individuata dalla giunta regionale prevedeva la costruzione di quattro termovalorizzatori. Uno a Palermo (Bellolampo), uno ad Augusta, uno a Casteltermini-Castelfranco e un altro a Paternò. Per un giro d’affari complessivo di 6 miliardi di euro. Denaro pubblico, proveniente dai fondi europei. Per il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Roberto Scarpinato, il progetto si traduceva in “una cooperazione tra mafiosi, politici, professionisti e imprenditori anche non siciliani”. Ma Cuffaro afferma oggi in commissione: “Questa gara non fu mai contestata. Dentro le aggregazioni d’impresa che parteciparono alla gare c’erano le più grandi aziende del settore”.
La storia dei termovalorizzatori isolani parte da una ordinanza del 5 agosto 2002. Cuffaro, commissario delegato per l’emergenza rifiuti, aveva approvato un “avviso pubblico per la stipula di convenzioni per l’utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, prodotti dalla regione siciliana, al netto della raccolta differenziata”. Il documento viene pubblicato il 9 agosto 2002 sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana. Il 15 novembre dello stesso anno interviene la Commissione delle Comunità europee che trasmette alle autorità italiane una lettera di richiesta d’informazioni su quanto fatto dal governo regionale. Un patto denunciato dal successore di Cuffaro, Raffaele Lombardo, durante la seduta dell’assemblea regionale siciliana del 13 aprile 2010. Il governatore aveva da pochi giorni emanato la legge regionale n. 9 2010, che di fatto esclude la costruzione di inceneritori.
La prima cosa che fa Cuffaro durante l’audizione è di attaccare il governo Lombardo: “Il governo che ha bloccato il malaffare, come diceva, era composto da chi era nel mio governo e li ha approvati – continua l’ex governatore – il malaffare si insidia nelle discariche: non abbiamo fatto i termovalorizzatori e abbiamo fatto diventare la Sicilia una pattumiera, poi abbiamo fatto andare in dissesto i comuni che non riescono a pagare lo smaltimento, e poi alla data del 2008 il debito degli Ato era di 36 milioni, fino al 2011 era di 411 milioni di euro, oggi siamo oltre il miliardo e mezzo di euro. Tutto questo perché non si sono voluti fare i termovalorizzatori. Per fermare i termovalozzatori il governo che è venuto dopo di me disse che lì si annidava il malaffare. No, il malaffare e l’illegalità si annidano da un’altra parte, dove sono stati messi i soldi: nelle discariche. Hanno fatto diventare la Sicilia una pattumiera“.
Poi tiene a ribadire che:”alla fine degli anni novanta – ha spiegato – furono redatti due piani per i rifiuti, di cui uno da Aurelio Angelini, che era consulente di Capodicasa. Non esiste altro piano rifiuti, quello attuale è quello che abbiamo fatto noi ed e’ stato vidimato anche dall’Unione Europea. Oggi – ha aggiunto Cuffaro – costa più del triplo portare in discarica i rifiuti, escludendo il trasporto. 1,4 milioni di tonnellate senza termovalorizzatori sono stati smaltiti in discarica. Invece – ha sottolineato -, con i termovalorizzatori avremmo risolto il problema in cui si trova la Sicilia”.