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Cultura, Dionisiache 2019: In scena “Ecuba” di Euripide e “Il Piacere” di D’Annunzio

giovedì 1 Agosto 2019

Week-end di cultura e spettacolo al parco archeologico di Segesta con le Dionisiache 2019.

Debora Caprioglio interpreta Elena Muti ne “Il Piacere“, storica opera di Gabriele D’Annunzio. Lo spettacolo, che andrà in scena domenica 4 agosto, alle 5 del mattino, con la regia e versione teatrale di Fausto Costantini, sarà la prima delle quattro “albe” nel teatro del Parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta Fetival Dionisiache 2019, con la direzione artistica di Nicasio Anzelmo. Musiche di Davide Cavuti, Costumi e grafica: Rocre, Suggestioni di luci e ombre dal vivo Silviombre (Spettacolo consigliato ai maggiori di 18 anni).

Francesca Benedetti è invece straordinaria interprete nei panni della regina di Troia, Ecuba, che incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine. Lo spettacolo andrà in scena domenica 4 e lunedì 5 agosto, alle 19,45.

IL PIACERE

Il Piacere, pubblicato a Milano nel 1889, racconta le vicende di Andrea Sperelli, discendente da nobile famiglia, esteta raffinato e colto, tutto proteso a fare la propria vita come si fa un’opera d’arte. Il romanzo diviso in quattro parti, si apre con l’incontro fatale tra Andrea ed Elena Muti. Andrea ed Elena hanno una breve ma intensa storia d’amore, evidenziando come i due siano molto simili, al punto di affermare che Elena è il doppio femminile di Andrea.

Entrambi hanno caratteri molto simili. Andrea, egoista, spietato, cinico e approfittatore. Elena non è da meno perché illude il protagonista mostrandosi dolce, gentile e passionale, quando in realtà lo disprezza ed evita. Al momento opportuno lo allontana e non vuole più vederlo, come se fosse una sorta di divertimento nel farlo prima innamorare e poi lasciarlo con disdegno.

Tutto questo faceva anche Andrea prima di incontrare Elena: una storia dopo l’altra per puro gioco, senza preoccuparsi dei sentimenti altrui. Tutti e due hanno lo stesso gusto per il lusso, la ricercatezza, la rarità e la raffinatezza con forte interesse per arte e cultura. Andrea ama se stesso credendo di essere uomo particolare al di sopra della gente comune, alla ricerca di una donna che abbia la sua stessa ideologia.

Lo spettacolo è visto dagli occhi di Elena che rivive il rapporto con Andrea tra poesia e storia. Nell’attesa dopo anni dell’ennesimo incontro di passione, con descrizione di ambienti ed atmosfere minuziose come solo D’Annunzio riesce a fare, Elena si erge a figura di donna emancipata e seduttrice, priva di religiosità e pudore. Cosi come nella società odierna diviene sempre più coltivato l’erotismo unitamente all’arte della seduzione, Elena ritiene questa la via più semplice per ottenere ciò che si vuole. La sua capacità inebriante e carnale la rende unica artefice della perdizione dell’uomo, Andrea Sperelli. Nel nostro testo abbiamo inserito “La Passeggiata” di D’Annunzio, come elevazione poetica della donna in mezzo a tanta prosa. I versi collocati in punti strategici della riscrittura, rappresentano un’accelerazione continua di emozioni per lo spettatore ed energie nuove per la protagonista.

Per quanto riguarda al messa in scena, la lettura è ambientata sul luogo dove una volta si è consumato il rapporto sfrenato tra i due. Il piacere come ricordo metafora, nel tempo passato ha spento le emozioni del rapporto antico, trasformandosi in attesa e gioia continuamente soffocata dal nascente rancore prima dell’addio definitivo. Sulla scena un enorme lenzuolo bianco copre ogni cosa (compreso il mobilio del passato). Una sorta di doppio sogno raccontato ora dagli occhi di lei, ora dagli occhi di lui. Debora Caprioglio è la graffiante interprete dello spettacolo tra espressioni e memoria, mostrandosi complice vera della Elena romanzata. Di tutte le mescolanze carnali questa è la più completa, tanto appagante, da rendere la versione scritta il naturale completamento nella figura dell’attrice. Fausto Costantini è un Andrea Sperelli piegato e invecchiato dal tempo mentre Silvio Gioia e le sue suggestioni di ombre ne è la memoria giovanile. Le musiche del maestro Davide Cavuti scandiscono i ritmi e l’atmosfera della messa in scena. L’idea scenica di Ludovica Costantini.

ECUBA

Troia è caduta e in quel lembo di terra che separa il Chersoneso dalle macerie della città, le donne di Ilio attendono la sorte riservata ai vinti. Nella terra di Tracia i Greci aspettano venti propizi alla navigazione, che potrà essere ripresa solo dopo il sacrificio di Polissena, superstite principessa troiana. La vittima immolata dagli Achei costituirà l’estremo onore riservato ad Achille e favorirà il viaggio di ritorno. Ecuba, la regina di Troia, dovrà subire questa decisione, frutto dell’orrore del conflitto. La moglie di Priamo dovrà assistere a quest’ennesimo scempio in terra di Tracia, dove il più giovane dei suoi figli, Polidoro, è stato ucciso dal re Polimestore, al quale il ragazzo era stato affidato con un’ingente quantità d’oro nel tentativo di salvarlo. Questi i presupposti dell’azione drammatica che alimentano il dolore e i propositi di vendetta di Ecuba.

Protagonisti della tragedia sono i vinti: le donne troiane, testimoni di un eccidio etnico e culturale, simboleggiano la parte più vulnerabile della società, colpita senza pietà dalla guerra e da ogni forma di conflitto. Troia, infatti, potrebbe essere oggi qualsiasi città del Medio Oriente, devastata dalle orde barbariche del terrorismo islamico. L’analogia con la modernità è fin troppo evidente. La tragedia racconta da sempre l’olocausto dei popoli e l’insensatezza della violenza che diventa il principio disgregante dell’universo.

La protagonista di Euripide incarna una sofferenza senza fine, consumata in una disperata solitudine: Ecuba rappresenta il dolore assoluto, senza alcuna catarsi. In questo scenario bellico, lo spettro della guerra si svuota di ogni significato ideologico e declina la violenza in tutte le sue oscene varianti che si propagano come una malattia senza cura, dai vincitori ai vinti; vittime e carnefici vengono così accomunati dalla sopraffazione. Ecuba, custode della memoria della stirpe troiana, annientata dai Greci, non lascerà scampo al traditore Polimestore, infliggendogli un castigo tremendo. Una madre senza patria e senza figli mette in scena un dolore trasfigurante, irripetibile a qualsiasi latitudine scenica, come ci ricorda Amleto citando la complessità dell’arte teatrale, a proposito dell’irrappresentabile dolore dell’eroina euripidea.

Protagonista di quest’impresa è Francesca Benedetti, un’attrice multiforme ed emotivamente intelligente nel cogliere le peripezie dell’animo umano. Lo spettacolo ha un cast d’eccezione, con attori tra i più significativi della scena italiana. Viola Graziosi incarna Polissena, votata a un martirio consapevole ed eroico, Graziano Piazza è Taltibio, un messaggero dolente e composto, Ulisse, interpretato da Maurizio Palladino, si fa portatore dell’idea di una superiorità etnica, Agamennone, affidato a Sergio Basile, è un politico raffinato e destinato alla solitudine, Polimestore, uomo avido e senza scrupoli al limite del grottesco, viene impersonato da Gian Luigi Fogacci, Maria Cristina Fioretti ed Elisabetta Arosio completano il cast, raccontando con accenti lirici le donne troiane, vittime di guerra. In un momento di assenza di pace in cui i teatri di guerra sono molteplici, raccontare gli orrori della violenza è un dovere etico che valica l’aspetto estetico e ritrova le sue ragioni più profonde nel dibattito democratico, che solo il linguaggio scenico sa rendere evidente, nella sua necessità. La drammaturgia di Euripide raffigura l’ineluttabilità della storia umana e l’indifferenza degli dei, spettatori attoniti e crudeli di fronte allo stupefacente spettacolo del mondo.
La regia è di Giuseppe Argirò, con Francesca Benedetti, Graziano Piazza, Viola Graziosi, Sergio Basile, Maurizio Palladino, Elisabetta Arosio, Gianluca Fogacci, Maria Cristina Fioretti.

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