“Portare le cure palliative dentro la casa delle persone malate significa garantire una qualità di vita quanto più elevata possibile e soprattutto tutelare la dignità della vita umana fino all’ultimo minuto”. Così Tania Piccione, responsabile della centrale operativa di Samot Onlus e presidente della Federazione Cure palliative, sintetizza il valore di un’assistenza che va ben oltre l’atto sanitario.
“Le cure palliative sono un complesso di prestazioni sanitarie, ma non sono soltanto prestazioni. Sono una filosofia di intervento, un paradigma di cura fondato sulla centralità della persona malata – spiega -. Hanno una peculiarità sistemica e non si rivolgono soltanto al paziente, ma anche al nucleo familiare o alle persone che il malato desidera accanto nel percorso di malattia”.
L’alleanza terapeutica
Fondamentale, in questo contesto, è l’alleanza terapeutica tra l’équipe dei professionisti, il paziente e i familiari, una relazione che consente di raggiungere gli obiettivi assistenziali.
“Il caregiver è una figura centrale, ma non va data per scontata. Secondo il principio di autodeterminazione, è la persona malata a decidere se affrontare la malattia da sola o con chi ama – precisa Piccione -. I familiari diventano sia soggetto che oggetto di cura: da un lato supportano l’équipe a domicilio, dall’altro sono destinatari dell’attenzione degli operatori, soprattutto nell’accompagnamento verso l’accettazione della separazione e nella fase del lutto”.
Un lavoro emotivamente complesso
Lavorare nel campo delle cure palliative comporta un notevole coinvolgimento emotivo da parte dei professionisti.
“Quello delle cure palliative è un ambito in cui si investe moltissimo dal punto di vista emotivo – afferma –. Gli operatori lavorano a stretto contatto con la sofferenza e con la separazione, quindi l’impatto emotivo è inevitabile. Per sostenere chi opera ogni giorno a casa dei pazienti, esistono strumenti specifici: percorsi di supervisione, momenti di formazione e confronto, guidati da personale specializzato, in cui gli operatori possono discutere non solo gli aspetti tecnici dei casi, ma anche quelli relazionali ed emotivi. Le cure palliative sono erogate da équipe multidisciplinari, composte da figure professionali diverse, che devono lavorare in sinergia. I momenti di rielaborazione del vissuto servono anche a prevenire conflitti interni e a rafforzare l’efficacia del gruppo”.
Formazione e sensibilizzazione
“La formazione, anche sul piano emotivo, è un tassello fondamentale del nostro lavoro – sottolinea –. Non ci limitiamo solo all’assistenza, ma puntiamo a far crescere i nostri professionisti e a coinvolgere medici di base, specialisti e cittadini per diffondere una cultura più consapevole sulle cure palliative. L’obiettivo è duplice: migliorare la qualità dell’assistenza e far conoscere cosa sono le cure palliative, quando attivarle e perché sono un diritto”.
Fondamentale, secondo Piccione, è intercettare precocemente il bisogno:
“Solo se avviati per tempo, questi percorsi possono davvero migliorare la qualità della vita e preservare la dignità del paziente“.
Un impegno che non si ferma all’oggi, ma che guarda anche alle nuove generazioni.
“Con i ‘Life Project’ stiamo entrando nelle scuole per parlare di fine vita con studenti, insegnanti e famiglie. Vogliamo educare al rispetto della persona, anche nella malattia e fino all’ultimo minuto”, conclude.