Da settimane, fuori e all’interno del Pd siciliano, si sta discutendo animatamente sul regolamento congressuale per l’elezione del prossimo segretario regionale. Un vero e proprio scontro tra chi invoca a gran voce le primarie e chi, contrariamente, vorrebbe dare adito ai soli iscritti.
Le primarie, storicamente, sono l’elemento maggiormente caratterizzante del Partito Democratico, unicum nel panorama politico nazionale.
Lo statuto, modificato e approvato dall’assemblea nazionale il 16 dicembre 2023, prevede all’art.4 co.4 che tutti gli elettori e le elettrici del Partito Democratico hanno diritto di “partecipare alle elezioni primarie per la scelta dei candidati del partito alle principali cariche istituzionali”.
L’art. 12 specifica che “il procedimento congressuale ordinario è articolato in due fasi”. Nella prima, che si conclude con lo svolgimento dell’Assemblea nazionale, “si discutono le piattaforme politico-programmatiche” la seconda “consiste nel voto degli iscritti sulle candidature a Segretario e nel successivo svolgimento delle primarie – ‘aperte’ – per la scelta del Segretario nazionale”.
Per quanto concerne l’ambito regionale, lo statuto all’art. 21 commi 4 e 6, precisa: “L’elezione del Segretario e dell’Assemblea Regionale e provinciale, nonché quella del Segretario e del Direttivo di circolo, avviene con il voto personale, diretto e segreto degli iscritti”, aggiungendo che “in deroga al principio generale di elezione da parte dei soli iscritti, uno Statuto regionale può deliberare l’elezione del Segretario e dell’Assemblea da parte degli elettori del PD”.
Rientrando nell’Isola, lo statuto regionale del PD, approvato dall’Assemblea Costituente il 28 febbraio 2009, dedica alle primarie l’art.24, sottolineando all’art.1 che “il Partito Democratico Siciliano assume le primarie come elemento costitutivo della propria rappresentanza e della propria proposta politica, affinché le stesse traggono legittimazione dal rapporto diretto con gli elettori”.
Così è stato sino al 2018. I primi due congressi regionali, nel 2009 e nel 2014, si sono svolti tramite le primarie che hanno coinvolto migliaia di elettori.
Nello specifico, le elezioni primarie svolte nel 2009 hanno portato all’elezione di Giuseppe Lupo, all’epoca deputato regionale (oggi Eurodeputato), rappresentante della mozione Franceschini che prevalse su Beppe Lumia, candidato autonomo, e Bernardo Mattarella, mozione Bersani, rimanendo in carica sino al 2014.
Alle primarie del 2014, nel quale i votanti furono 73 mila, prevalse Fausto Raciti, in quel momento deputato alla Camera e segretario nazionale dei GD, con il 61,3% appoggiato da una coalizione che andava dall’area Cuperlo al “Megafono” di Crocetta battendo l’uscente Lupo, fermo al 33,2% e Antonella Monastra, della mozione Civati, con il 5,4%.
La tradizione delle primarie si interruppe nel 2018, con la discussa elezione di Davide Faraone al termine di un congresso segnato da numerose proteste, denunce di irregolarità e dal ritiro della sfidante Teresa Piccione, elezione in seguito annullata dalla commissione di garanzia nazionale del Pd nel 2019, e con l’elezione dell’attuale segretario Anthony Barbagallo eletto al congresso svolto nell’Eklesiastation di Morgantina come candidato unitario di tutto il partito, dopo il ritiro dei vari competitor, e proclamato il 19 luglio alla presenza dell’allora segretario nazionale Nicola Zingaretti.
Le polemiche non si placheranno facilmente, e trovare un punto d’incontro appare al momento difficile, e le parole di Giovanni Burtone appaiono emblematiche: “Tornare al tesseramento come strumento per scegliere la classe dirigente regionale è un salto all’indietro, vorrebbe dire tornare ai riti del Novecento. Non si capisce perché non si vogliano fare le primarie, per altro previste nello statuto, perché si devono togliere? In Sardegna spingono per le primarie, non si capisce perché non si debbano fare in Sicilia dove abbiamo bisogno della partecipazione del popolo“.