“L’emozione più grande: vedere la Terra da un’ altra prospettiva”.
E’ con queste parole che Maurizio Cheli racconta la sua esperienza da astronauta.
Il 22 febbraio 1996 Cheli, il primo specialista di missione non americano del programma Space Shuttle, salì sulla rampa di lancio 39B del Kennedy Space Center per la missione STS-75.
Ma prima di arrivare nello spazio?
“Un addestramento complesso perché i veicoli spaziali e le attività sono complesse- racconta -. E’ tutto basato su simulazioni e ripetizioni di cose o di scenari abbastanza conosciuti che, però, ti danno quelle competenze che ti permettono di affrontare anche situazioni di imprevisto che accadono abbastanza spesso”.
Inoltre vi è una rigida dieta, non solo per mantenere il peso, ma soprattutto perché un astronauta perde in media più dal 1% della massa ossea per ogni mese trascorso nello spazio.
Questo fenomeno si chiama osteopenia. E’ causato dalla eliminazione della forza gravitazionale che agisce sull’apparato osteo-muscolare. Infatti si alterano i meccanismi di equilibrio tra fisiologico riassorbimento osseo e neoformazione ossea, con conseguente perdita di osso, che si accompagna ad ipotrofia muscolare da mancata sollecitazione.
“Purtroppo non si è ancora trovato una cura definitiva – spiega -. Gli astronauti, anche quando ritornarono sulla terra, recupero in parte quanto perso, ma non tutto. Ci sono degli studi e delle diete ad alto contenuto di calcio e non solo. Ci sono missioni sempre più lunghe e sempre più lontane che ne necessitano“.
Difatti, alcuni studiosi stanno lavorando su una “lattuga transgenica” presentata all’American Chemical Society nel 2022.
Una lattuga modificata geneticamente in grado di nutrire, ma in grado di prevenire l’impoverimento osseo con l’introduzione di una proteina (Fc) che aumenti la biodisponibilità dell’ormone paratiroideo PTH, oltre a un gene specifico che ne aumenta la produzione, rendendola ideale come soluzione alternativa alla somministrazione di farmaci.