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Depistaggio via D’Amelio, parla Contrada: “Non sono una spia. Borsellino? Non eravamo amici”

mercoledì 9 Giugno 2021
Borsellino vs Contrada

All’indomani della strage di via D’Amelio “mi chiamò il genero del Capo della Polizia di allora, Vincenzo Parisi, e mi disse che mi sarei dovuto presentare il Procuratore di Caltanissetta Gianni Tinebra. Io non lo conoscevo e non sapevo neppure come si chiamasse. E il genero di Parisi, il dottor Sergio Costa, mi disse che se volevo mi avrebbe accompagnato lui. Quindi la sera del 20 luglio, intorno alle 20, andai al Palazzo di giustizia ed ebbi questo incontro con il dottor Tinebra”. Lo ha detto Bruno Contrada, l’ex dirigente della Squadra mobile, audito dalla Commissione regionale antimafia all’Ars che da settimane si occupa del depistaggio sulla strage di via D’Amelio.

Contrada ha anche raccontato di avere passato la giornata in barca con amici fino al momento della strage (nel pomeriggio alle 17). “Domenica 19 luglio del 1992 – ha aggiunto Contrada – mi trovavo a Palermo nonostante la mia sede di servizio fosse a Roma. Ero in città perché avevo preso 15 giorni di congedo ordinario. Non ero a Palermo né per servizio né per altri motivi avendo lasciato io la mia famiglia a Palermo quando nel 1985 fui trasferito a Roma”.

“NON SONO UNA SPIA”

“Sono stato e mi sento tutt’ora un dirigente generale della polizia di stato” – ha sottolineato Contrada (90 anni tra tre mesi, ndr) prima di rispondere alle domande della Commissione siciliana. “Sono entrato in polizia – ha continuato – oltre 60 anni fa vincendo un concorso da vicecommissario di pubblica sicurezza e percorrendo tutta la carriera con dieci gradi. Non sono né un funzionario dei servizi segreti, né uno 007, né una spia. Sono stato un funzionario di polizia che negli ultimi dieci anni di carriera è stato aggregato ai servizi di sicurezza”.

Bruno Contrada e Giovanni Tinebra
Contrada e Tinebra

“INCONTRAI TINEBRA DOPO LA STRAGE”

 “Dopo l’incontro del 20 luglio con il procuratore della repubblica di Caltanissetta, Tinebra, ho avuto un nuovo incontro con lo stesso il 24 dello stesso mese. Dissi al Procuratore della Repubblica – ha aggiunto Contrada – che in aderenza ai nostri compiti potevamo svolgere un ruolo informativo. Dissi che allo Stato era utile attingere quante più possibili informazioni sui gruppi di mafia ritenuti che possano avere avuto una parte in queste azioni come la strage Falcone e quella Borsellino ed espressi quella che è stata una mia opinione personale dal 1970: ovvero che laddove a Palermo accadevano fatti criminali o in provincia di Palermo legati all’uso di esplosivi, era implicata la famiglia Madonia”.

“All’incontro eravamo soli, io e Tinebra, che conobbi in quella occasione”, racconta Contrada. “Mi disse: ‘Mi trovo in grosse difficoltà, perché io di mafia palermitana non so niente. In questi pochi giorni che sono stato a Caltanissetta mi sono reso conto che si sta organizzando la Dia, ma sono persone che non credo abbiano competenza ed esperienza di mafia’ e mi chiese se ero disposto a dargli una mano. Non me la sentivo di dirgli in quel momento ‘Sono affari che non mi riguardano’. E ho detto che avrei informato sia il maggiore Obinu del Ros che il capo della Mobile Arnaldo La Barbera”.

Agnese Borsellino, Subranni è punciutu
Agnese Borsellino

“SUBRANNI MIO AMICO”

“Non volevo che il mio intervento potesse intralciare le indagini; invitai Arnaldo La Barbera a venire nei locali del Sisde e telefonai al generale Antonio Subranni, che era il comandante del Ros che conoscevo benissimo. Eravamo anche amici, e mi disse che della strage si stava occupando il maggiore Obinu del Ros”, ha detto ancora Contrada.

Arnaldo La Barbera [ANSA]
Arnaldo La Barbera

“LA BARBERA NON GRADIVA MIO INTERVENTO”

“Con La Barbera ho avuto un solo incontro, qualche giorno dopo il 24 luglio. Io capì che questo intervento, seppure particolare del Servizio, in un settore di sua esclusiva competenza non gli andasse troppo per il verso giusto”.

“MAI SAPUTO CHE LA BARBERA FOSSE UNO 007”

“Non ho mai sentito dire – ha aggiunto – che il capo della Mobile di Palermo, poi diventato questore, Arnaldo La Barbera, sia stato un collaboratore del Sisde, come non ho mai sentito dire una cosa simile per altri funzionari della polizia. Mi risulta, invece – ha sottolineato – che il Sisde veniva incontro a esigenze economiche di esponenti della polizia che erano impegnati in particolari settori come quello della criminalità organizzata. Non è ammissibile che un funzionario della polizia faccia parte nello stesso tempo dei Servizi segreti”.

“BORSELLINO? MAI DETTO DI ESSERE SUO AMICO”

“Rimasi particolarmente colpito dalla morte di Paolo Borsellino. Non ho mai detto di essere suo amico, ma ho detto che tra me e lui c’erano ottimi rapporti professionali. Lui da giudice istruttore e io da funzionario di polizia giudiziaria”. Così l’ex dirigente della squadra mobile di Palermo Bruno Contrada durante l’audizione davanti alla commissione regionale Antimafia dell’Ars sui depistaggi nella strage di via d’Amelio.

Vincenzo Scarantino

“SCARANTINO? UN CIALTRONE, SI CAPIVA DA SUBITO”

“Ho studiato la mafia, gli uomini di mafia e la loro mentalità, ho cercato di documentarmi. Se io avessi trattato Vincenzo Scarantino dopo 24 ore mi sarei accorto che era un cialtrone e che raccontava cose false. E questo non perché io sia più bravo di altri, ma per la mia conoscenza di quegli argomenti. Io però non ho mai indagato su di lui, sono solo venuto a sapere che, quando non era pentito, era parente di un mafioso”. 

Alla domanda del presidente della commissione Claudio Fava sul perché l’allora capo della Mobile di Palermo La Barbera non abbia capito che Scarantino, poi rivelatosi un falso collaboratore di giustizia, stesse mentendo, Contrada ha risposto: “Ci sono organismi di polizia giudiziaria che non possono essere affidati, specie in luoghi come Palermo, a funzionari pur dotati di acume ma privi di esperienza di anni di lavoro e ‘frequentazione’ con la criminalità organizzata. Quando lessi anni dopo – ha proseguito – i nomi dei componenti del gruppo investigativo che indagava sulle stragi del ’92, mi chiesi: ‘ma questi che esperienza hanno?’ Come si fa ad affidare una inchiesta come quella su Via d’Amelio a persone così? – ha spiegato – La Barbera sarà stato un ottimo poliziotto, ma ha fatto servizio al nord. Quando è arrivato a Palermo nemmeno sapeva cosa fosse la mafia”.

 

Fonte: Italpress / AdnKronos / Ansa

 

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