Sfatiamo un mito che da sempre va per la maggiore, non soltanto tra l’opinione pubblica ma anche tra molti esperti di economia, ovvero quello secondo il quale la Sicilia potrebbe vivere di turismo. È questo un mantra che sentiamo ripetere spesso e in ogni dove, a volte col sigillo di una certa letteratura accademica. Non parliamo poi dei discorsi politici e da televisione, qui a volte la retorica tocca vette inenarrabili. Diciamo, quindi, per una volta le cose come stanno: di solo turismo la Sicilia non può vivere, perché non può soddisfare la fame atavica di lavoro che imperversa in ogni provincia siciliana, da Trapani a Siracusa. Bisogna cominciare a smontare questo luogo comune fondato su argomentazioni tanto errate quanto pericolose.
Errate perché non prendono in considerazione i numeri. In Sicilia il turismo dà lavoro a circa 100 mila persone su un totale di occupati che si aggira attorno a 1 milione e 300 mila lavoratori. In termini relativi siamo sotto il 10%. Anche ipotizzando uno sfruttamento totale ed efficiente di tutte le risorse naturalistiche, paesistiche e culturali a fini turistici i posti di lavoro generati al massimo potrebbero soltanto raddoppiare. In definitiva non si riuscirebbe a colmare il gap occupazionale, di circa 1 milione di posti di lavoro, in cui versiamo.
La questione è generale. Non esiste regione al mondo che riesca ad alimentare la propria economia prevalentemente col turismo. Non ci riescono neanche le regioni con una spiccata vocazione in questo campo. Un esempio? Basta scorgere lo sguardo qualche centinaia di chilometri più in là, in Sardegna. Un’Isola che potremmo definire gemella della Sicilia, peraltro con un numero di abitanti nettamente inferiore, un patrimonio naturalistico e un’offerta turistica oggettivamente superiori. Qui la percentuale di persone occupate nel settore arriva al 15%.
Questo vuol dire che bisogna abbandonare l’idea di promuoverlo? Certo che no. Il turismo va sostenuto perché presenta grandi potenzialità di crescita, ma di certo non si può ricondurre il tema del sottosviluppo e della disoccupazione al suo mancato sviluppo. Così facendo si distoglie l’attenzione dai problemi reali. Il turismo non può essere considerato la panacea di tutti i mali dell’economia siciliana, così come l’agricoltura, altro comparto su cui abbondano analisi e previsioni troppo entusiaste.
La Sicilia ha bisogno di imprese, anche piccole e medie, ma innovative e ad alta specializzazione, capaci di stare sul mercato e di competere a livello internazionale. Sono loro quelle in grado di fare la differenza, creare ricchezza e molti posti di lavoro. Per farle nascere è indispensabile risolvere i problemi strutturali che si trascinano da tempo senza soluzione di continuità. Tra tutti la mancanza di infrastrutture, di vie di comunicazione materiali e immateriali, di una burocrazia veloce ed efficiente.
Sono questi i veri limiti strutturali dell’economia dell’Isola, troppo spesso ignorati in nome del miraggio turistico siciliano.