Dareste ai vostri figli o parenti un farmaco efficace “fra il 20 e l’80%” e la cui sicurezza è stata testata per 6 settimane invece che per almeno un anno?
Una ricerca “pro-vax” sui documenti ufficiali riguardanti i vaccini per il Covid-19.
L’emergenza sanitaria e sociale e l’enorme numero di morti in tutto il mondo sta spingendo, come è naturale che sia, alla ricerca di cure e vaccini contro il virus Sars-Cov-2 e per la prevenzione della malattia.
In queste ultime settimane si sono susseguiti annunci di risultati molto promettenti che hanno da un lato alimentato le giuste speranze che l’emergenza possa essere presto superata e dall’altro stimolato prese di posizione più o meno drastiche circa l’obbligatorietà della vaccinazione. Entrambe accompagnate da annunci da parte dei governi, compreso quello italiano, relativi ad imminenti piani di distribuzione dei vaccini con individuazione delle relative priorità.
Al momento però, oltre gli annunci e i comunicati stampa ufficiali rilasciati dalle case farmaceutiche direttamente interessate, non vi sono dati di alcun tipo relativi ai risultati effettivi. Questo non vuol dire certamente che gli annunci siano falsi o gonfiati, ma che vi è una generale assenza di informazioni o, in alcuni rilevanti casi, una contraddittorietà fra le dichiarazioni rilasciate alla stampa e i documenti ufficiali, sempre prodotti dalle case farmaceutiche, forniti alle autorità sanitarie.
Questa ricerca non è quindi “no-vax” né complottista, ma un invito a tutti, dai semplici cittadini ai governamenti chiamati a fare scelte difficili e delicate, ad adottare le necessarie cautele perché le giuste speranze riposte nei vaccini non si rivelino dannose per la salute dei cittadini nel medio-lungo periodo e, paradossalmente, non si finisca con alimentare il già vasto movimento no-vax che spesso per fede o pregiudizio fa lo stesso errore di screditare i vaccini senza robuste basi scientifiche.
Inutile dire che tutto quanto riportato in queste pagine è facilmente documentabile tramite i siti dei Governi indicati e i richiami ai documenti ufficiali.
Il quadro dei vaccini in fase di sperimentazione
Il punto di partenza è il documento dell’Organizzazione mondiale per la sanità denominato “DRAFT landscape of COVID-19 candidate vaccines” disponibile online sul sito dell’organizzazione i Il documento contiene l’elenco di 48 vaccini “candidati” in fase di valutazione clinica e 164 vaccini “candidati” in fase di valutazione preclinica. Le due liste, secondo quanto riportato sul file, sono aggiornate al 12 novembre, anche se i dettagli sullo stato di avanzamento dei vaccini sono anche successivi a tale data, fino al 28 novembre.
La sperimentazione in Europa
Sul sito della EMA (European Medicines Agency) si può verificare quali imprese hanno avuto contatti formali con la stessa agenzia.
Si riscontra che le società che dichiarano di stare lavorando alla realizzazione di vaccini sono 22, di cui 8 nella fase della sperimentazione clinica. Di queste 8, solo 3 hanno chiesto di accedere alla cosiddetta “Rolling review”, una sorta di “valutazione in corsa”. Sono la AstraZeneca/Oxford (data inizio valutazione 01 ottobre), la BioNTech/Pfizer (06 ottobre) e la Moderna Biotech (16 novembre). I comunicati stampa dell’EMA sulle tre procedure sono disponibili sul sito dell’Agenzia. Da notare che nel caso della AstraZeneca, che sta attualmente testando due diversi vaccini, non è specificato per quale dei due è stata approvata la procedura della Rolling Review. Secondo notizie di stampa si tratterebbe del AZD1222
Per comprendere in modo oggettivo lo stato di avanzamento della valutazione clinica, è stata fatta la verifica comparata di due siti istituzionali: il Registro UE delle sperimentazioni cliniche v e il Registro della Biblioteca Nazionale di Medicina degli USA . Altri registri ufficiali per le sperimentazioni in corso sono: Registro delle Risorse Sanitarie del Governo indonesiano, il Registro delle sperimentazioni cliniche della Cina, ISRCTN (sito indipendente di peer-review), prima di passare al dettaglio per ciascuna delle tre società/sperimentazioni, l’ultima importante nota.
Procedure per l’approvazione e l’immissione in commercio dei vaccini
Analogamente a quanto avvenuto negli USA ed in considerazione della gravità della pandemia, per i vaccini Covid-19, l’Unione Europea ha approvato una “corsia preferenziale” per accelerare la procedura di approvazione. La sintesi di tale documento, per la parte relativa alla riduzione dei tempi di verifica è disponibile sul sito dell’Agenzia.
Il documento sulla “corsia preferenziale” per la valutazione dei vaccini, va letto in parallelo con il documento sulla Farmacovigilanza sui vaccini Covid-19 ix e soprattutto con le più recenti “considerazioni” dell’EMA pubblicate il 19 novembre x, ove viene detto che per i vaccini Covid-19, in deroga alle procedure ordinarie, le società verranno considerate in grado di “fornire una convincente dimostrazione dell’efficacia del vaccino”, se questa sarà del 50% con una “forbice” statistica che abbia come punto più basso il 20% o “preferibilmente” il 30%. In tal caso e, “se accompagnato un accettabile profilo di sicurezza” il vaccino sarà sottoposto a decisione regolamentare.
In merito al profilo di sicurezza, nello stesso documento si legge che “la maggior parte delle reazioni avverse ai vaccini si verifica entro 4-6 settimane dalla vaccinazione. In linea di principio, l’autorizzazione condizionata all’immissione in commercio per un vaccino COVID-19 potrebbe essere basata sulla revisione di almeno 6 settimane di dati di sicurezza post-vaccinazione.” Gli stessi componenti dell’EMA, sottolineano comunque la necessità di monitorare coloro cui viene somministrato il vaccino per almeno un anno. E’ una “raccomandazione” rivolta alle società per acquisire dati sul lungo periodo “per documentare eventuali reazioni avverse tardive e per valutare se nel tempo la protezione contro la SARS-Cov-2 diminuisce.” Va detto che entrambi i parametri di efficacia e sicurezza indicati dall’EMA sono uguali a quelli indicati dalla FDA, la Food and Drug Administration degli USA, mentre la WHO continua a sottolineare la necessità di una efficacia minima del 70%.
I dati pubblici sullo stato della sperimentazione
Tramite i siti governativi prima citati, è possibile controllare in tempo reale quale sia lo stato di avanzamento delle sin-gole sperimentazioni, in base ai documenti che le stesse società o università coinvolte hanno già presentato. Il dato certamente più interessante è quello che riguarda la tempistica della sperimentazione, per cui vengono sempre indicati un tempo stimato di “completamento primario” ed un tempo finale di conclusione dello studio.
Il primo indica, secondo la definizione ufficiale riportata sul sito del Registro UE, “La data in cui l’ultimo partecipante a uno studio clinico è stato esaminato o ha ricevuto un intervento per raccogliere i dati finali per la misura di esito prima-rio; cioè per la misurazione del risultato pianificato per valutare l’effetto del trattamento”, mentre il secondo indica, sempre secondo lo stesso Registro “la data in cui l’ultimo partecipante a uno studio clinico è stato esaminato per raccogliere i dati finali per le misure di esito primario, le misure di esito secondario e gli eventi avversi”. Ovvero, spiegazione nostra, la data dell’ultima visita ricevuta dall’ultimo partecipante.
Va notato che al termine del “completamento primario” non è previsto che siano raccolti/forniti dati sul presentarsi di “eventi avversi”.
Come si può evincere dal registro USA, l’unico che permette di fare una verifica comparativa immediata fra tutti gli studi in corso, il tempo di completamento primario dichiarato dalle società che effettuano la sperimentazione non è mai antecedente a gennaio 2021 (fino a marzo 2023), ad eccezione di pochi casi:
–la cinese Sinovac che dichiara un primo completamento al 28 novembre 2020 su 1040 volontari (e fino ad oggi non ha rilasciato alcun comunicato stampa sull’efficacia del proprio vaccino)
– l’università peruviana Heredia che dichiara un primo completamento al 31 dicembre 2020 su 6000 volontari
– la società NPOPetrovax con primo completamento al 30 novembre 2020 su 500 volontari
– la AstraZeneca che dichiara un primo completamento al 22 dicembre 2020 su 40051 volontari, ma che già il 23 novembre ha annunciato con un proprio comunicato stampa che il proprio vaccino avrebbe raggiunto il 90% dell’efficacia. Da notare che nel comunicato stampa non è indicato su quanti volontari sia già stato testato il vaccino, che l’efficacia è stata rilevata “14 giorni dopo la somministrazione” e, soprattutto, che l’efficacia del 90% è stata raggiunta su un bacino di volontari cui è stata somministrata mezza dose di vaccino, mentre per quelli cui è stato somministrato il vaccino correttamente, l’efficacia è del 70%. Secondo quanto riportato dal New York Times e dall’Agenzia Reuters, per altro, il risultato migliore sarebbe stato raggiunto in un gruppo di volontari cui “per errore” è stata data una dose sbagliata del vaccino e per di più di età inferiore ai 55 anni, quindi nella fascia di popolazione che è già considerata a minor rischio
–la BioNTech, che ha in corso diverse sperimentazioni in vari paesi del mondo e che per una di queste svolta su appena 144 volontari dichiara la fine del primo completamento al 30 settembre 2020, senza aver però depositato alcun documento con i risultati della sperimentazione. La stessa società, in collaborazione con la Pfizer, ha in corso diverse sperimentazioni nel mondo, per un totale di 44878 volontari. Il 9 novembre è stato rilasciato un comunicato stampa, ancora una volta non accompagnato da documentazione ufficiale sulla ricerca, nel quale si afferma che il vaccino risulterebbe sicuro al 90% . Dal testo del comunicato emergono alcune discrepanze: il numero di persone infette dopo la vaccinazione sarebbe di appena 94, il che vuol dire che l’analisi è stata compiuta su appena 940 volontari, quindi appena il 2,09% del campione complessivo. Le due società non hanno per altro reso noto quale percentuale dei 940 volontari coinvolti comprenda persone anziane o con altre patologie quindi appartenenti alle categorie maggiormente esposte alle conseguenze del Covid-19. Non è stato inoltre chiarito quante delle persone testate abbiano contratto il virus rimanendo asintomatiche, poiché le verifiche sono state effettuate solo sui sintomatici; si tratta con tutta evidenza di un dato scientificamente di grande rilevanza, non essendo chiaro se un vaccinato/positivo, ancorché asintomatico, possa essere a sua volta contagioso.
Per altro, il sistema informatico della Pfizer, partner di BioNTech è stato di recente violato, esponendo a rischio di identificazione i nominativi e i dati di centinaia di persone.
Il caso “Moderna”. Il 16 novembre, una terza società dopo AstraZeneca e BioNTech/Pfizer ha annunciato che il proprio vaccino ha un’elevata efficacia. Nel caso di Moderna, che nei documenti ufficiali dichiara che il risultato primario sarà raggiunto a marzo del 2021, già a novembre 2020 viene dichiarata una efficacia del 94,5%
Come nel caso di Pfizer, già dallo stesso comunicato emergono parecchi dubbi, per altro alimentati dal fatto che il partner scientifico del progetto, lo statunitense National Institute for Allergy and Infectious Disease, si è rifiutato di commentare le dichiarazioni stampa della casa farmaceutica. Ancora una volta il numero di casi negativi, 95, lascia intendere che il numero totale di volontari su cui si banano le dichiarazioni sia molto basso: solo 1.727 sul totale di 30.600 volontari annunciati, appena il 5,6% del totale. E ancora una volta non è chiarito se siano stati condotti studi sulla eventuale positività asintomatica dei volontari.
Il numero esiguo di volontari su cui si basa l’annuncio, per altro ancora una volta non chiarisce quale sia l’effettiva effica-cia sui gruppi più vulnerabili.
Alcune considerazioni finali
L’annuncio di risultati di ricerche mediche e farmacologiche dovrebbe essere sempre accompagnato dalla presentazione, se non al pubblico quantomeno alla comunità scientifica e agli organi di vigilanza sanitaria, di report chiari ed esaustivi.
Così non sembra essere stato almeno per i tre casi più eclatanti di AstraZeneca, BioNTech/Pfizer e Moderna.
Assistiamo in modo abbastanza preoccupante alla fine della medicina e della ricerca basate sulle “evidences”, cioè sui fatti scientifici documentabili e ad una sostanziale abdicazione alle proprie funzioni di vigilanza da parte degli organismi competenti.
Se tali scelte possono essere comprensibili ancorché discutibili da parte delle aziende, non altrettanto comprensibili possono essere le reazioni di giubilo da parte delle autorità pubbliche ed in particolare di coloro che devono o dovrebbero sovrintendere alla salute dei cittadini, adoperando sempre principi di precauzione.
C’è stato e c’è inoltre un evidente percorso di “alterazione del mercato”, dovuto al fatto che questi annunci (con le conseguenti strabilianti performance finanziarie dei titoli azionari delle società coinvolte, solo in parte successivamente scalfite dall’emergere di dubbi e domande da parte del mondo scientifico) determinano continue promesse di acquisto da parte dei governi e la preparazione di piani di distribuzione particolarmente complessi, che potrebbero però rivelarsi del tutto errati in base al vaccino finale che sarà scelto in base alla sua efficacia ed alla sua sicurezza.
È esemplare il caso dell’annunciato vaccino BionNTech/Pfizer, che deve essere conservato ad una temperatura inferiore a -73° e la cui gestione logistica appare quindi particolarmente complessa con costi aggiuntivi a quelli già notevoli del prodotto in sé. Cosa accadrebbe se una valutazione finale e di medio-lungo termine avesse risultati diversi da quelli annunciati, determinando la necessità di cambiare del tutto la catena di conservazione/distribuzione del prodotto?
È evidente, l’abbiamo volutamente lasciata per ultima, la presenza di dubbi di natura scientifica ed etica su scelte nelle quali la fretta del risultato sembra giocare in modo estremamente pericoloso a danno della sua qualità. Nulla da eccepire infatti sull’adozione di procedure semplificate e veloci per lo studio e la valutazione dei vaccini, purché però non vengano meno i parametri di sicurezza, prima ancora che di efficacia. Un vaccino può infatti non essere del tutto efficace ma non per questo essere pericoloso. In queste ore, le autorità sanitarie chiedono infatti alle case farmaceutiche di attestare che il loro vaccino risulti scientificamente efficace per bloccare il Covid-19 in una percentuale “compresa fra il 20% e l’80%”. Una variante talmente ampia che sarebbe inaccettabile in qualsiasi contesto, soprattutto medico, ma che può ancora apparire accettabile se contemporaneamente venisse attestato che il vaccino è comunque sicuro; che, in altri termini, anche se non blocca il Covid-19 in modo particolarmente efficace, in ogni caso il vaccino non mette a rischio la salute delle persone vaccinate. Ad oggi purtroppo non vi sono ricerche attendibili su questo fronte, per il semplice fatto che, come attestato dalle autorità sanitarie, una valutazione efficace dovrebbe durare almeno un anno. Ciò vale ancora di più per due dei vaccini in studio, proprio quelli di BioNTech/Pfizer e Moderna, che si basano sulla tecnica mRNA (che ricorre all’utilizzo di materiale generico) che non è mai stata prima autorizzata per gli esseri umani.
Esempio dei dati contenuti nelle schede ufficiali sulle ricerche in corso
* La data in cui l’ultimo partecipante a uno studio clinico è stato esaminato o ha ricevuto un intervento per raccogliere i dati finali per la misura di esito primario; cioè per la misurazione del risultato pianificato per valutare l’effetto del trattamento.
** La data in cui l’ultimo partecipante a uno studio clinico è stato esaminato per raccogliere i dati finali per le misure di esito primario, le misure di esito secondario e gli eventi avversi (ovvero l’ultima visita dell’ultimo partecipante). *** SUSAR – Reazione avversa grave inattesa sospetta è il termine usato per riferirsi a un evento avverso che si verifica in un soggetto di uno studio clinico, valutato come inatteso, grave e avente una ragione-vole possibilità di una relazione causale con il farmaco in studio. Le segnalazioni di queste reazioni sono soggette a rapida comunicazione alle autorità sanitarie. Nell’Unione Europea, un SUSAR è definito tale se corrisponde ad almeno uno dei seguenti casi gravi: provoca la morte o mette in pericolo la vita, richiede il ricovero in ospedale o il prolungamento di un ricovero esistente, provoca disabilità o incapacità persi-stente o significativa, causa un’anomalia o difetto congenito. Le responsabilità e i requisiti relativi ai rapporti SUSAR sono determinati dalla direttiva 2001/20/CE
Ricerca condotta da Salvatore Corrao e Pietro Galluccio