Secondo Max Lüscher, i colori sono uno strumento in grado di rilevare la condizione psicofisiologica della persona, il suo modo di comportarsi, di emozionarsi, di pensare, di lavorare, etc. Ci sono contenuti psichici, cioè, che restano inconsci o latenti e vengono filtrati alla coscienza o all’esterno in modo da non rompere certi equilibri, anche se, spesso, non si tratta di equilibri.
Agendo al di là della consapevolezza, sono visibili attraverso disturbi di vario genere ed entità. Noi tutti percepiamo i colori in maniera oggettiva. I colori, infatti, sono lunghezze d’onda registrate nel sistema limbico, quella parte del cervello che controlla il comportamento emozionale. Lo stimolo cromatico produce a livello fisiologico vari effetti, ad esempio il rosso-arancio stimola e attiva il sistema limbico. Oltre a questa percezione oggettiva, c’è anche una valutazione soggettiva: emotivamente il colore non è uguale per tutti.
Di fronte allo stesso colore, una persona lo troverà gradevole, un’altra potrà trovarlo sgradevole. L’attrazione o la repulsione che ognuno di noi mostra soggettivamente di fronte ai colori, è una reazione fisiologica che avviene sulla base del proprio stato. Se in sintonia con il nostro stato psicofisiologico diremo che ci piace, se in discordanza diremo che non ci piace. La persona che preferisce il rosso (il colore dell’energia): a livello fisiologico, presenta uno stato di eccitazione; a livello psicologico, è una persona attiva, vitale, dinamica, coraggiosa, entusiasta. Il rosso sarà, quindi, rifiutato e ritenuto sgradevole da una persona che si trova in uno stato psicovegetativo che è in discordanza con la lunghezza d’onda del colore.
La persona che rifiuta il rosso: a livello fisiologico è sovraccaricata, con un esaurimento della propria forza vitale; a livello psicologico è inibito, esitante, dubita di se stesso. Dai colori, dunque, possiamo ottenere informazioni sulla situazione attuale, l’umore generale, il livello di stress del momento, come la persona vive nel mondo, quali sono gli atteggiamenti appresi che vengono riproposti nel comportamento generale e che sono distonici, qual è il carattere, il livello di stress rivelato dal comportamento abituale della persona, quanto e se è sovraffaticata, quali sono le intenzioni razionali della persona. Si possono, inoltre, evidenziare contraddizioni tra i bisogni emotivi e le situazioni intenzionali.
La scelta delle forme e dei colori permette, dunque, di sapere se ci sono delle maschere comportamentali ovvero se la persona cerca di mascherare un proprio vissuto emotivo attraverso un comportamento opposto al fine di tentare di superare quella che viene vissuta come un problematica oppure al fine di cercare di difendersi da bisogni ritenuti insoddisfatti. Tutto il fondo dell’occhio è ricoperto dai fotorecettori che rendono possibile la visione foveale ovvero la focalizzazione, la messa a fuoco della realtà. Esiste, però, un’area di 1,5 millimetri di diametro, dove convergono i nervi e i vasi sanguigni della retina, che è denominato “punto cieco”.
Questa parte della corteccia visiva non è sensibile alla luce, è una zona priva di informazioni o di input visivi. Ciò che non si “vede”, che manca, viene pertanto ricreato, ricostruito, “riempiendolo” attraverso un intricato processo di “deduzione”, chiamato di “filling in”, “riempimento”. La percezione è generata dal cervello sotto il controllo di differenti fattori. Innanzitutto, ciò che si vede intorno all’oggetto condiziona il processo di deduzione, poi, esistono altre determinanti: quella genetica, quella ambientale e quella cognitiva che è rappresentata dalle conoscenze ed esperienze acquisite e accumulate nel tempo.
L’osservatore cambia l’oggetto osservato, essendo condizionato da “come” lo percepisce, in un determinato momento o fase, in base alle cognizioni mentali (livello di attenzione, concentrazione), in base ai propri bisogni, desideri, motivazioni, intenzioni, standard, obiettivi. L’acqua prende la forma del contenitore. Vengono, cioè, messi in moto, dopo l’input visivo, una serie di processi cognitivi elevati che consentono di richiamare alla mente o assemblare tutte le informazioni che si sono raccolte e ricavate nel corso del tempo e, quindi, le rappresentazioni interne, le tracce mnestiche ed emotive che condizionano la visione di quell’oggetto.
La rappresentazione percettiva dell’oggetto è, dunque, guidata dalle sue caratteristiche (processo di bottom-up) e dalle esperienze passate dell’individuo, per esempio da tutto quello che si conosce sull’oggetto (processo di top-down). Gli oggetti non sono colorati, il colore è un’esperienza del tutto soggettiva. Parafrasando la frase, potremmo dire che anche la vita non è colorata, ma siamo noi a colorarla e più la coloriamo e più appare colorata.