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Le energie rinnovabili e la buona politica (e impresa)

giovedì 2 Marzo 2017
Paolo Angius
Paolo Angius

Qualche settimana fa a New York si sono riuniti – come d’abitudine una volta l’anno – tutti i cugini, nonchè eredi del magnate Rockefeller.

La riunione si è tenuta nel building principale del Rockefeller Center, nella consueta magica cornice invernale.

Neve, luci, colori, la pista di pattinaggio con skaters improvvisati. Di lato i led della CNBC che fanno scorrere le news del giorno.

Gli eredi della storica e ricchissima famiglia americana sono i nipoti di quel John D. Rockefeller che nel 1870 fondò la Standard Oil poi diventata S.O. (si pronuncia Es-O) e successivamente Exxon ed ora Exxon Mobile.

Quella che da noi si chiama, ancora, Esso.

Exxon Mobile è sicuramente una delle principali compagnie petrolifere al mondo, per la precisione la quarta.

I Rockefeller pare abbiano deciso il disimpegno – almeno parziale, ma in misura molto importante – dal business dell’oro nero.

Sembra, invece, che vogliano investire massicciamente sulle energie pulite.

La notizia non è priva di significato e va al di là delle intuizioni speculativo – imprenditoriali dei cugini Rockefeller.

In primo luogo perchè l’America e le politiche di Donald Trump non sembrerebbero essere le più orientate verso il risparmio energetico ovvero verso lo sviluppo e la fruizione di energie rinnovabili.

Basti pensare all’espressa volontà di superamento del blocco della Dakota Access Pipeline, voluta dal Presidente nativo delle Hawaii, che mira a tutelare le sacre terre degli indiani ed addirittura la purezza del fiume Missouri, fonte d’acqua per milioni di americani.

In secondo luogo perché il business dei combustibili fossili ha avuto sicuramente la vita allungata dall’affinarsi di nuove tecnologie, quali il fracking idraulico, che hanno dato nuove prospettive di vita ai giacimenti già sfruttati.

È presumibile che la scelta dei ricchi cugini non sia avventata e che la stessa non sia da considerarsi, esclusivamente, frutto di una scelta etica (la famiglia è da tempo impegnata nel sostegno a Greenpeace ed a combattere le tesi negazioniste dei cambiamenti climatici).

In America le scelte di politica industriale precedono spesso le nostre e comunque quelle europee.

Sarebbe probabilmente il caso che anche in casa nostra si riprendesse a considerare – come prima priorità – la ricerca e l’investimento, essenzialmente privato e senza oneri per il pubblico, nel settore.

Cercando, ovviamente, di evitare tanto le avventure alla Sorgenia con le perdite ultramilionarie – circa due miliardi – a carico delle banche (solo per MPS oltre 600 milioni) e quindi dello Stato (leggi i cittadini) e gli affari sporchi alla Nicastri come avvenuto in Sicilia.

Ma il Belpaese quando vuole sa essere leader.

Una società di Milano, Infrastrutture S.p.A, è stata la prima società europea autorizzata ad investire in energie rinnovabili in Giappone.

Nel Sol Levante dove la tecnologia è all’avanguardia assoluta, i nostri hanno dato lezioni di elevatissima professionalità, sono rispettati come grandi professionisti e vengono incentivati a lavorare.

Lo stesso imprenditore – patron di Infrastrutture – ha tentato di realizzare analogo impegno in Sicilia, isola che ama e dove investe – con successo – da anni nell’altra grande miniera d’oro siciliana…il turismo.

Anche in questo caso – come in altri – la burocrazia regionale ha di fatto respinto ogni tentativo teso ad investire, creare ricchezza e se non altro occupazione.

Recentemente la Regione ha corrisposto ad un’altra azienda del nord un’ acconto pari a circa due milioni e mezzo di euro su un complessivo di quindici a cui è stata condannata in seguito ad una sentenza  prima del TAR e poi del Consiglio di Giustizia Amministrativa.

Il tutto a causa degli ingiustificati ritardi di due noti burocrati regionali che a loro volta sono stati denunciati alla Corte dei Conti dalla precedente Giunta regionale.

Risultato…la Regione sta pagando il risarcimento dei danni subiti dall’impresa per gli abnormi ritardi accumulati nell’iter concessorio.

E quello che doveva essere l’investimento produttivo con le relative e positive ricadute?

Fuggito.

Sparito, ma con un ottimo risarcimento danni a favore dell’impresa.

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