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I dati

Etna: fase eruttiva tra alti e bassi, suo ‘tremore’ riscende

martedì 25 Febbraio 2025
Continua tra alti e bassi l’attività eruttiva dell’Etna. Ieri è stata registrato un aumento delle esplosioni ai crateri sommitali e un aumento del flusso lavico che dall’8 febbraio scorso emerge dalla base della frattura che si è creata alla base della Bocca Nuova a quota 3.050 metri.
Oggi il tremore del vulcano, che era su valori alti, è ripreso a scendere, attestandosi su livelli medio-alti, confermando l’imprevedibilità del vulcano attivo più alto d’Europa. Nessun impatto c’è stato sull’operatività dell’aeroporto di Catania.
Il vecchio fronte avanzato, a quota 1.800 metri, si è solidificato, diventando roccia. Quello delle nuove calate, che si muovano lentamente su ‘bracci’ preesistenti che si sono raffreddati, sono sopra quota 2.500 metri. Lungo la colata la lava presenta delle ‘bocche effimere’, finti crateri da cui emerge incandescente dopo essersi ‘ingrottata’, ovvero dopo avere percorso un tratto del suo ‘cammino’ all’interno di ‘bracci’ esternamente raffreddati.
Il fenomeno è stato ripreso da droni dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, osservatorio etneo, di Catania e postato su Youtube a velocità aumentata. Il video è stato realizzato con il supporto delle guide vulcanologiche etnee e la Funivia dell’Etna.
Il sito IngvVulcani ha pubblicato ieri una ricerca su ‘la pericolosità delle colate laviche dell’Etna durante l’eruzione di febbraio 2025’ con cui ricercatori dell’Ingv di Catania hanno realizzato dei modelli sull’avanzamento di una colata e sulla stima della pericolosità, tramite mappe che possono essere “interrogate” ogni volta che si apre una bocca eruttiva. Dati che servono non soltanto per monitorare l’attività eruttiva ed effusiva del vulcano, ma anche per esplorare gli scenari futuri e per scopi di protezione civile. I dati mostrano che le zone con la più alta probabilità di invasione da colata di lava, oltre il 40%, coincidono con l’area realmente invasa, la cui mappatura è stata resa possibile grazie all’elaborazione delle immagini satellitari SkySat del 17 febbraio.  Secondo le simulazioni se l’eruzione, invece di diminuire di intensità, fosse continuata con il tasso eruttivo iniziale avrebbe avuto una scarsa probabilità, circa il 5%, di raggiungere quote più basse fino ad arrivare a 1.600 metri, senza costituire una minaccia per le zone antropizzate.
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