Di termini tecnici e definizioni sono pieni gli scaffali di un clinico “a balaustra” e “a gogo” per consentirci di approcciarci al paziente con cognizione di causa. Oggi voglio provare a esporvi brevemente un caso clinico, che chiamerò Hans.
Cosa dire e come trattare un ragazzo che, per quanto sembra possedere tutti i requisiti minimi, come l’aspetto fisico, un lavoro, una famiglia, degli amici, una ragazza, soffre un profondo senso di inadeguatezza nella vita di relazione, con un enorme timore delle critiche e della disapprovazione altrui? Questo disturbo di personalità conduce a una esistenza priva di stimoli, triste, con un visibile senso di vuoto e, spesso, senza alcun senso logico, porta a evitare di vivere onde dribblare il malessere conseguente al senso di inferiorità e di inadeguatezza che attanaglia. Hans ha la convinzione radicata di valere poco e io mi chiedo: quali standard ha questo ragazzo? Cosa vuole da se stesso? Standard socialmente (o da suo padre) accettabili oppure essere adeguato a chi? A suo padre.
Ho avuto sempre la cosa di compiacere i miei genitori, se arrivavo a casa con un sei per me era un fallimento. Giocavo a pallone ma non venivo mai portato in alto da nessuno, anzi, mi buttavano giù, mi prendevano in giro, mi davano dello scarso e sfottò di vario tipo. Mi sono sentito sempre bersagliato. Mio padre sa fare le cose bene, ha esperienza e, spesso, mi sono sentito inadeguato rispetto a lui… Lui è sempre stato costretto ad attivarsi da quando era piccolo, a 18 anni già lavorava.
Nelle parole di questo ragazzo c’è la chiave per aiutarlo a combattere i MOI (Modelli operativi interni acquisiti) e per una variazione armonica della personalità. Ecco, io ritengo che la chiave stia nell’atteggiamento troppo critico che ha avuto, involontariamente, il padre nei suoi confronti e/o in generale e che, in determinate circostanze del passato dimenticato, ha causato un trauma in lui e la necessità di evitare di essere giudicato da altre ragazze, perché si riaprono vecchie cicatrici mai chiuse del tutto e che lo fanno stare male inconsciamente. D’altronde, è ovvio: ho paura di essere ferito perché conosco già la sensazione che ne consegue, perché sono stato già ferito. Il pensiero inconscio è anche: A mio padre non sarebbe mai accaduto di essere bersagliato. Uomini come mio padre non vengono presi in giro. Tuttavia desidera fortemente istaurare delle relazioni, poter avere una fidanzata, condividere esperienze e interessi con gli altri e non avere più paura di essere ferito. È, però, convinto inconsapevolmente che non sia “come suo padre”. Riporto le sue parole, che ritengo abbastanza esaustive:
È una condizione in cui praticamente hai la sensazione che qualsiasi cosa che gli altri facciano sia fatta sempre meglio della tua performance, vale per il lavoro, vale per tutto, nonostante ci sia una condizione di lavoro normale, una condizione economica stabile, una famiglia alle spalle e anche una ragazza, scrive . Non hai nulla che non va, per certi versi, altri vorrebbero quello che hai tu ma tu non lo capisci e le tue paturnie, i tuoi patemi ti portano a vedere quello che hai come inferiore rispetto agli altri. Ci si sente insicuri verso le ragazze, verso gli amici, perché si è convinti che fai sempre un torto a qualcuno, di fare sempre danno, che ogni tua azione possa essere pensata male, possa essere interpretata male. E per quanto riguarda la sfera sentimentale, quindi, di rapporti con altre ragazze hai la paura di viverti il momento, di lasciare andare le cose per come vanno, perché hai paura che quello che di sbagliato puoi fare nel presente un giorno lo pagherai, potrebbe fare del male alla persona che hai davanti, perché tendi a mettere l’altro in primo piano e non te stesso. La cosa migliore, cioè che si sappia come finirà prima ancora che cominci.
Hans si è convinto di non fare mai abbastanza. I coetanei e le esperienze che ha accumulato nel corso del tempo, compresa l’ultima ragazza avuta, gli hanno confermato che la performance degli altri è sempre meglio della sua e lo hanno destabilizzato. Le paturnie e i pensieri ossessivi sono alimentati dagli oggetti interiorizzati, dalla rappresentazione interna che ha dei suoi genitori, specialmente di suo padre, idealizzato come uomo superiore, contro lui che è, invece, l’uomo inferiore. Sapere come finisce una storia è più un’esigenza degli adulti, i giovani sono più incoscienti, in genere, e portati a vivere senza pensare alle conseguenze. Tuttavia, nella crisi che sta vivendo c’è la sua grande opportunità esistenziale di rinascita e di rinnovamento e io mi pregio di essere stata scelta per condurlo al di là dei MOI verso i SUOI.