L’ordine di uccidere Enzo Fragalà sarebbe arrivato per tappargli la bocca e dare un messaggio ai penalisti palermitani. Il contributo fondamentale all’indagine sull’omicidio del penalista palermitano è venuto dal collaboratore di giustizia Francesco Chiarello.
Le indagini hanno fatto emergere una linea professionale intrapresa “con convinzione” dal penalista, che invitava i suoi assistiti, soprattutto quelli coinvolti in procedimenti di mafia, ad assumere un atteggiamento di sostanziale apertura verso la magistratura. Ed è proprio per questo che l’avvocato Fragalà sarebbe stato eliminato, non solo per punirlo ma anche per rivolgere un messaggio intimidatorio all’intera Avvocatura palermitana. Lo stesso Francesco Chiarello ha dichiarato che l’ordine di aggredire Fragalà era stato impartito perché “… chistu era ‘un curnutu e sbirru” e “doveva parlare più poco”, “non ci toccate se, ne’ soldi e se ha oggetti, perché lui deve capire che non e’ una rapina, deve capire che deve parlare poco”.
Le dichiarazioni di Chiarello che era a conoscenza di molti particolari sulla programmazione e sull’esecuzione del delitto, sono state sottoposte a verifiche. Durante il primo interrogatorio, il neo pentito dichiarava di essere a conoscenza delle modalità esecutive dell’omicidio, confermando che gli autori dell’agguato sarebbero stati Arcuri, Abbate, Siragusa e Ingrassia. In aggiunta, specificava che all’esecuzione del delitto avevano partecipato due ulteriori soggetti mai emersi nella precedente attività di indagine: Paolo Cocco, genero di Ingrassia, e Francesco Castronovo.
In particolare, Francesco Arcuri avrebbe pianificato la spedizione punitiva, senza tuttavia parteciparvi di persona. Ed Antonino Abbate avrebbe partecipato sia alla fase organizzativa sia alla fase esecutiva dell’aggressione e, nell’ambito di quest’ultima, con funzioni di individuazione della vittima e di copertura degli aggressori. Mentre, Salvatore Ingrassia e Antonino Siragusa avrebbero partecipato sia alla fase organizzativa sia alla fase esecutiva dell’aggressione e, nell’ambito di quest’ultima, con funzioni di copertura degli aggressori. Anche, Paolo Cocco avrebbe partecipato alla fase esecutiva, trasportando sul luogo del delitto la mazza utilizzata per l’esecuzione, aiutando Francesco Castronovo nell’aggressione. Chiarello, poi, ha raccontato che uno degli esecutori materiali, dopo l’omicidio, si era presentato a casa sua coperto di sangue.
Numerosi i riscontri raccolti dagli investigatori. In particolare, Paolo Cocco è stato intercettato mentre confessava alla moglie di avere partecipato al delitto. E dopo avere trovato una microspia installata all’interno della sua abitazione, rassicurava Domenico Tantillo, in quel momento rappresentante della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, di non avere mai parlato in casa sua di un omicidio in cui erano coinvolti sia lui che il suocero Ingrassia. Invece, Castronovo è stato intercettato mentre, parlando dell’omicidio, riferiva alla cugina che fino a quel momento se l’era “scansata”.
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