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Gela, colpito il clan dei Rinzivillo. Arresti tra Italia e Germania

mercoledì 4 Ottobre 2017

Dalle prime luci dell’alba di stamane è in corso una maxi operazione, tra l’Italia e la Germania, contro il clan mafioso Rinzivillo.

Uomini della Guardia di Finanza, della Polizia e dei Carabinieri stanno eseguendo 37 provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di altrettanti presunti appartenenti al clan egemone a Gela. Gli arresti sono scattati in Sicilia, Lazio, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna in Italia, e in Germania.

Sequestrati anche beni e società per 11 milioni.

L’indagine delle Dda di Roma e Caltanissetta è stata coordinata dalla procura nazionale antimafia e antiterrorismo e ha visto la partecipazione della Polizia criminale tedesca che, a Colonia, ha eseguito due ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari.

I 35 provvedimenti eseguiti in Italia hanno invece visto impegnati oltre 600 tra finanzieri e carabinieri del comando provinciale di Roma e poliziotti della questura di Caltanissetta. I dettagli dell’operazione saranno resi noti in una conferenza stampa in programma alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo a Roma alle 11.15 alla quale parteciperanno il procuratore nazionale Franco Roberti, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il procuratore di Caltanissetta Amedeo Bertone.

Ci sono anche un avvocato romano e due carabinieri tra i 37 arrestati nell’operazione contro il clan gelese.

Nei confronti dei due militari l’accusa è di accesso abusivo alle banche dati delle forze dell’ordine: in sostanza avrebbero passato notizie riservate ai membri del clan, da sempre alleato dei Madonia e con i corleonesi. L’avvocato sarebbe invece il trait d’union tra i mafiosi e i professionisti.

Già nel 2006 un’operazione dei carabinieri, denominata “tagli pregiati“, portò in carcere 79 persone e il sequestro di beni per 20 milioni di euro, tra la Sicilia, il Lazio e la Lombardia, appartenenti al clan dei Rinzivillo.

In manette finirono anche sei donne, accusate di avere garantito i collegamenti tra i boss detenuti e i luogotenenti che operavano all’esterno. L’inchiesta antimafia scattò dalla denuncia di un commerciante che denunciò un caso di estorsione. Con le successive indagini i carabinieri riuscirono ad accertare l’esistenza di un racket delle carni controllato dai Rinzivillo che riciclavano, in aziende del settore alimentare e nell’edilizia, i proventi degli affari illeciti come estorsioni, traffico di droga, usura, caporalato, furti e rapine.

La loro organizzazione aveva stretto alleanze con il clan Santapaola, a Catania, e con le famiglie della ‘ndrangheta calabrese in varie regioni d’Italia e perfino all’estero. Anche allora, tra gli indagati, fu fermato un maresciallo dei carabinieri, accusato di avere passato ai clan informazioni riservate.

La corruzione, come la mafia, può e deve essere combattuta e sconfitta“: lo ha detto il procuratore
di Roma Giuseppe Pignatone nel corso della conferenza stampa. “C’e’ una frase del capo clan Salvatore Rinzivillo sulla ineluttabilità della corruzione. Questo – ha detto Pignatone – e’ un principio che noi rigettiamo
in toto. Oggi ci siamo noi a combattere le une e le altre, domani ci saranno altri”.

La complessa e articolata attivita’ investigativa ha permesso agli investigatori di acquisire molteplici elementi che consentono di affermare come al vertice dell’associazione mafiosa continuino ad esservi, nonostante la detenzione al regime del 41 bis, i personaggi storici della cosca: i fratelli Antonio e Crocifisso Rinzivillo, assumendo Salvatore Rinzivillo, qualche tempo dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel 2013, il ruolo di reggente.

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