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Giacomo Galante: attualità di un impegno

venerdì 3 Settembre 2021

Il 3 settembre del 1989 periva nel disastro aereo di Cuba Giacomo Galante insieme alla sua famiglia, la moglie Gigliola Lo Cascio, apprezzata psicologa e parlamentare del PCI e i due bambini Lavinia e Giuliano.

Giornalista dell’Ora, attento e acuto osservatore della realtà siciliana e palermitana, iniziò giovanissimo il suo impegno civile e politico nella sua Trapani aggregando in un circolo intitolato a Gaetano Salvemini giovani socialisti, comunisti e senza partito con una serie di iniziative contro la mafia. Era una novità per quella realtà difficile che un gruppo di giovani denunciassero le attività criminali della mafia e grande scalpore destò un manifesto che rappresentava un morto ammazzato e un cerchio rosso con la scritta Basta!

In seguito approdò alla professione di giornalista dopo una dura gavetta, prima da giovane corrispondente da Trapani, poi cronista a Palermo fino a ruoli sempre più importanti. Nel giornale L’Ora maturò la crescita professionale e la sua formazione
politica e culturale tanto che il grande direttore Vittorio Nisticò lo considerava “come pochi figlio del giornale, nel senso di avere assorbito i tratti essenziali e di esservi rimasto sempre coerente”.

Dal giornale, infatti, mutuò l’orgoglio della sicilianità, l’ideale autonomistico, il coraggio delle proprie idee e di difenderle, essere uomo di parte in senso gramsciano e il rifiuto fermo e deciso della Mafia e la lotta decisa per eliminarla come prima condizione per lo sviluppo della Sicilia.

Un impegno costante che rifuggiva dalla sterile propaganda e che era sostenuto dalla analisi attenta del fenomeno, della sua evoluzione e dei suoi obbiettivi. Storico fu lo scoop che realizzò assistendo ad una frugale cena fra molti capi e gregari di Cosa Nostra in una povera casa di pescatori di Linosa, dove erano stati inviati al soggiorno obbligato nella lontana isoletta come primo atto di reazione dello Stato all’indomani dell’assassinio del procuratore della repubblica Pietro Scaglione.

Giacomo tra decine di giornalisti giunti da tutta Italia fu l’unico che fu testimone diretto, un privilegio- diceva- che forse gli era stato accordato “per la comune anagrafe castellammarese “con il potente Diego Plaja e con l’impegno a limitare la conversazione su temi della normale vita quotidiana e sulle dure condizioni in cui vivevano da confinati. Osservando quella tavolata per Giacomo si potevano cogliere i termini essenziali del momento di transizione che la mafia allora viveva.

La voglia di cimentarsi su nuovi terreni di impegno, la curiosa intelligenza che lo caratterizzava lo portarono successivamente a lasciare l’originaria professione di giornalista per trasfondere nel nuovo ruolo di manager delle partecipazioni statali un impegno più diretto e concreto al servizio dello sviluppo e della modernizzazione della Sicilia.

Una scelta che era stata preceduta da un importantissimo convegno che promosse come Giornale l’Ora da caporedattore, nel febbraio del 1985, a Villa Igea, con la partecipazione delle maggiori personalità del mondo politico, economico e istituzionale e con al centro il tema dello sviluppo delle aree metropolitane. Nella sua relazione si indicava, in una visione lungimirante, la via di un nuovo modello di sviluppo, di un progetto integrato in alternativa al sistema mafioso con la definizione di precisi obbiettivi e delle alleanze sociali che avrebbero dovuto sostenerlo. La prima idea di “un patto tra i produttori” per la rinascita della Sicilia.

In una città, in una terra che tutto dimentica, ricordare la figura di Giacomo Galante non è solo un dovere morale di quanti lo hanno conosciuto e apprezzato ma anche chi non condivideva le sue idee non poteva non riconoscergli l’onestà intellettuale, la tenacia e la passione civile. Recuperare la sua memoria e i contenuti del suo impegno sarebbe molto utile in un’epoca di regressione civile politica e culturale.

(FOTO: ARCHIVIO L’ORA)

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