A partire dal 1996, anno in cui venne celebrata in Campidoglio a Roma la prima edizione, il 21 marzo di ogni anno ricade la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, ricorrenza volta alla sensibilizzazione e alla mobilitazione in ricordo delle vittime delle mafie in Italia e nel mondo organizzata dalla rete di associazioni antimafia Libera.
La data della manifestazione è il primo giorno di primavera, scelto in quanto simboleggia sia la rinascita che la vita, ma anche l’inizio di un percorso di impegno e di speranza di lungo periodo, perché “è a primavera che si gettano i semi, anche i semi di speranza, sapendo che andranno poi coltivati, con fatica, perizia e passione, perché diano frutto” come spiega il fondatore di Libera don Luigi Ciotti.
L’iniziativa nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage di Capaci, Carmela Montinaro madre dell’agente Antonio Montinaro che viaggiava sulla “Quarto Savona 15” insieme ai colleghi Vito Schifani e Rocco Dicillo colpita in pieno dall’esplosione, che non sente pronunciare mai il suo nome. Un dolore che diventa insopportabile se alla vittima viene negato anche il diritto di essere ricordata con il proprio nome.
“Quella donna aveva il diritto di pronunciare il nome di suo figlio, che invece nei vari interventi era invariabilmente ricordato solo come uno dei ragazzi della scorta“, spiega ancora don Ciotti che ebbe modo di incontrarla e starle accanto durante una commemorazione ufficiale della strage di Capaci.
Oltre Carmela Montinaro, un’altra figura chiave per la realizzazione della ricorrenza fu Saveria Antiochia, madre di Roberto Antiochia ucciso insieme al vice questore Ninni Cassarà. Saveria Antiochia contribuì in maniera decisiva a realizzare concretamente la prima edizione della giornata, a motivare e organizzare il primo gruppo dei familiari, a implementare e verificare il primo elenco dei nomi delle vittime.
Il 1° marzo 2017, con voto unanime alla Camera dei Deputati, è stata approvata la proposta di legge che istituisce e riconosce il 21 marzo quale “Giornata Nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”.
Ne parliamo con Andrea Mattarella, avvocato e dottore di ricerca in diritto penale, nipote del presidente delle Regione Siciliana Piersanti Mattarella, ucciso da Cosa Nostra il 6 gennaio del 1980.
Avvocato Andrea Mattarella, queste giornate, come le commemorazioni, servono a rafforzare la cultura dell’antimafia, soprattutto nei più giovani?
“Assolutamente sì, ricordare l’esempio delle persone che si sono opposte alla mafia è essenziale per la maturazione di una società civile più forte. Ma per far questo è necessario andare oltre una sterile e stanca retorica, riflettendo sulle cause profonde del radicarsi del fenomeno mafioso nella nostra società.
In questo senso, è indispensabile rafforzare la comprensione di quanto deleteria sia la presenza delle organizzazioni criminali e dei sistemi di collusione politica e imprenditoriale che ruotano attorno ad essa per la crescita economica, lavorativa e culturale del paese. Occorre evidenziare, su un piano concreto, che dove c’è mafia non c’è futuro: perché non c’è lavoro, ma sottosviluppo, perché dove c’è corruzione nelle pubbliche amministrazioni non c’è il merito e non ci sono investimenti in infrastrutture pubbliche né incentivi ai giovani che vogliono avviare attività economiche lecite.
Questo richiede uno sforzo collettivo, che oggi è possibile anche grazie al sacrificio di uomini e donne delle istituzioni e della società civile“.
Quanto è ancora forte la mafia in Sicilia e secondo lei quanto ancora c’è da fare per sconfiggerla o almeno per andarci vicino?
“Come è dimostrato dalle inchieste più recenti, Cosa Nostra ha subito dei colpi molto duri, grazie al lavoro delle forze dell’ordine e dei magistrati. Tuttavia, essa tenta sistematicamente di riorganizzarsi per riacquistare un proprio vertice e comunque persegue una strategia di infiltrazione nel tessuto economico ed amministrativo, certamente ben diversa e più silente rispetto all’aggressione violenta allo Stato condotta negli anni ’80 e ’90, ma non per questo meno temibile.
Fermi i grandi passi in avanti raggiunti sul piano investigativo, resta l’urgenza di contrastare in ogni modo gli effetti perversi delle mafie sul sistema economico, salvaguardando la libera concorrenza e le aziende sane, e investendo sulla crescita delle periferie, in modo da espandere l’economia sana e offrire una prospettiva di sviluppo a tutte le fasce sociali“.
La politica si sta muovendo nella giusta direzione?
“È d’obbligo sottolineare un dato di partenza. La legislazione italiana in materia di contrasto alla criminalità organizzata è una delle più avanzate ed efficaci. Basti pensare al confronto con altri paesi europei, che non conoscono nemmeno il reato di associazione mafiosa come tale, né un sistema di coordinamento tra procure per le indagini riguardanti fatti di criminalità organizzata. Deve quindi essere ribadito che, dopo il periodo delle stragi, vi è stata una reazione dello Stato, tradottasi in disposizioni specifiche, finalizzate anche a colpire uno dei maggiori punti di forza delle mafie, ossia i patrimoni illecitamente accumulati.
Detto questo, restano due punti fondamentali. Il primo è che non bisogna abbassare la guardia, e che dunque il tema non deve scomparire dall’agenda politica. In un momento in cui le organizzazioni assumono carattere delocalizzato, è anzi necessario che il contrasto alle mafie diventi un tema centrale delle politiche europee, aspetto sul quale certamente l’Italia ha a buon diritto un ruolo trainante.
Il secondo è più complesso, perché riguarda in profondità il rapporto che la nostra comunità ha con la propria storia. Perché si possa guardare del tutto con fiducia al futuro, è indispensabile raggiungere una piena verità sul periodo delle stragi avvenute dagli anni 70 fino agli anni 90. Sarebbe cruciale in questo senso maturare una piena consapevolezza delle dinamiche e delle responsabilità, anche di pezzi deviati delle istituzioni, che hanno spezzato la volontà di cambiamento portata avanti da magistrati, uomini politici, rappresentanti delle forze dell’ordine e della società civile“.
Infine, come passerà questa giornata della memoria?
“A studiare e a lavorare, credo sia uno dei modi migliori per onorare l’impegno di chi si è battuto con tutte le proprie forze per la legalità e le giovani generazioni“.