Il primo caso è stato quello dell’untore di Aids, in Corte d’Assise a Messina. Condanna annullata, processo da rifare e imputato scarcerato e ad agli arresti domiciliari. Il secondo in Corte d’Assise a Palermo (un omicidio correlato a fatti di mafia), condanna annullata. Il terzo, anche questo a Messina dove la Corte d’Assise non si è ancora pronunciata su analoga richiesta di annullamento della condanna per un imputato di femminicidio. In tutti e tre i casi le difese degli imputati hanno contestato la presenza nella giuria popolare, al momento del verdetto, di giurati over 65.
Le famiglie delle vittime stanno vivendo giorni di angoscia, di fronte al fatto che una sentenza è stata annullata e i processi dovranno ricominciare dal principio. Nel caso dell’untore condannato in Assise a 22 anni, per aver contagiato volontariamente la compagna che poi è morta di Aids, la battaglia per avere giustizia è stata portata avanti dalla sorella della vittima che oggi, oltre al fatto di dover ricominciare il calvario ha visto tornare a Messina l’imputato al quale, proprio perché non c’è più la sentenza (annullata) è stato scarcerato ed è ai domiciliari.
Nel caso del femminicidio, quello della studentessa di medicina Lorena Quaranta, uccisa dal fidanzato durante il lockdown, i familiari sono in attesa della decisione della Corte d’Assise in merito all’annullamento.
Il rischio è che si crei un effetto a catena.
Adesso la senatrice messinese di Sud chiama Nord Dafne Musolino ha presentato un’interrogazione urgente, firmata dai colleghi autonomisti Unterberg e Spagnoli al ministro della Giustizia Nordio.
Secondo i senatori si tratta di un’ errata interpretazione della normativa, che i giudici messinesi hanno applicato rifacendosi ad una sentenza del 1998, basata su una interpretazione errata. La normativa in questione, che risale al 1951 indica gli obblighi di sostituzione dei giudici popolari in caso di assenza. Nulla dice in merito alla sostituzione qualora abbiano superato, nel corso del processo, i 65 anni di età. La soglia dei 65 anni infatti, secondo la senatrice Musolino costituisce un impedimento all’assunzione dell’incarico e non all’iscrizione nell’elenco dei giudici popolari.
La Musolino cita infatti i lavori parlamentari che hanno portato all’adozione della normativa sui requisiti per la composizione della giuria popolare nelle Corti d’assise.
“Il requisito- dichiarava nel 1950 il deputato Riccio- dell’età si riferisce al momento in cui deve essere costituito il collegio, pertanto se in quel momento una persona ha superato il 65esimo anno di età non può far parte del collegio”.
Le dichiarazioni dei parlamentari nel 1950, si spiega nell’interrogazione, fanno propendere per una interpretazione che “salva” la pronuncia dei giudici, anche a 65 anni compiuti, se intervengono in una fase diversa dalla formazione della giuria, prima o dopo che sia.
Le Corti d’Assise di Messina e di Palermo in queste settimane hanno invece applicato un’interpretazione, secondo i proponenti dell’interrogazione, che è errata e che è stata applicata nel 1998.
Il rischio, paventano i senatori, è che se l’interpretazione diventasse stabile e uniforme, esporrebbe numerosi processi all’annullamento minando la fiducia dei cittadini verso la giustizia.
“Fermo restando il diritto di tutti, anche imputati e condannati, ad un giusto processo- conclude Musolino- ed a utilizzare tutti gli strumenti messi a disposizione dal nostro ordinamento per esercitare il diritto di difesa è urgente un intervento del Ministro, anche mediante un’interpretazione autentica per evitare che casi come quello messinese di oggi si verifichino un’altra volta”.