È di qualche settimana fa la pubblicazione di un numero speciale della rivista scientifica “Frontiers in Human Neuroscience” dedicato all’argomento oggetto della puntata odierna, ossia il ruolo del tempo nell’attività cerebrale, i cui articoli sono accessibili gratuitamente attraverso questo link: https://www.frontiersin.org/research-topics/12765/timing-the-brain-from-basic-sciences-to-clinical-implications#articles.
Questa raccolta offre un’interessante prospettiva su come il tempo rappresenti una chiave comune per l’attività di elaborazione alla base delle funzioni neurali considerate nel loro complesso, dalle componenti elementari (come le funzioni sensoriali e motorie) ai processi più complessi che supportano la cognizione e il comportamento.
Abbiamo quindi chiesto a uno dei principali editori di questo volume, Giuseppe Giglia, professore di Fisiologia presso l’Università degli Studi di Palermo, di spiegarci brevemente il significato e l’importanza delle ricerche in questo campo.
(Il Prof. Giuseppe Giglia)
“In questo volume abbiamo affrontato diversi aspetti del complesso ruolo del tempo nelle funzioni cerebrali, spaziando da modelli computazionali a evidenze comportamentali e neurofisiologiche. In particolare, hanno contribuito al volume autori internazionali di varia estrazione culturale che hanno esplorato il tema del “tempo nel cervello” in tutte le sue sfaccettature, dalle basi computazionali della finestra di integrazione temporale sia in contesti sensitivo-motori che multisensoriali, all’affascinante prospettiva dei modelli di inferenza causale bayesiana, sottolineando il ruolo che la precisione gioca nella attribuzione della affidabilità agli stimoli sensoriali.
Per fare degli esempi più pratici e concreti, uno dei lavori si sofferma sul fatto che l’integrazione degli stimoli visivi e tattili contribuisce alla percezione della proprietà del proprio corpo in modo tempo-dipendente. Inoltre, il tempo gioca un ruolo cruciale anche nell’induzione della plasticità neurale, e la stimolazione magnetica transcranica – una tecnica di stimolazione cerebrale non invasiva – può essere efficacemente utilizzata per modulare la plasticità neurale nelle reti frontali e fronto-parietali, sfruttando connessioni sia periferico-corticali sia cortico-corticali, ma comunque sempre in modo dipendente dal tempo”.
Alcuni di questi studi sono stati condotte a Palermo da gruppi di ricerca che afferiscono al Dottorato internazionale in Biomedicina, Neuroscienze e Diagnostica avanzata, uno dei migliori corsi di dottorato dell’Ateneo palermitano e che vede tra i suoi iscritti giovani ricercatori provenienti da varie aree geografiche del mondo, dagli Stati Uniti alla Russia, dall’Iran al Libano, etc., realizzando presso il Dipartimento sede del Dottorato un vero e proprio “melting pot” di culture e scienza.
Tornando alla raccolta, questa evidenzia il ruolo del tempo in sé come fattore ubiquitario in grado di modulare virtualmente tutti i processi cerebrali. Il concetto di tempo è stato per secoli oggetto di dibattito nel campo della fisica, della matematica e della filosofia. Aggiunge e conclude Giglia: “La fisiologia umana presenta un numero enorme di sistemi oscillanti, quali ad esempio le espressioni geniche circadiane, i segnali elettrici ritmici nel sistema nervoso, il rilascio pulsatile di ormoni. Da una prospettiva neurobiologica, il tempo è un quadro di riferimento cruciale per tutte le elaborazioni percettive, motorie e cognitive nei soggetti sani e in particolare per l’interazione con ambienti dinamici e sociali. Basti pensare al fenomeno del cosiddetto “orizzonte della simultaneità”: gli stimoli visivi e uditivi viaggiano a velocità differenti nell’aria; tuttavia una delle abilità di base più sorprendenti del cervello è la capacità di integrare i segnali provenienti da diverse modalità sensoriali in un unico percetto, nonostante i ritardi esistenti dovuti alla natura fisica degli stimoli o alla diversa velocità delle vie nervose coinvolte e della trasduzione recettoriale”.