Il precariato storico degli Enti locali siciliani torna all’Ars.
Una delegazione di circa 40 sindaci, in rappresentanza di tutte e nove le province dell’Isola, nella tarda mattinata di ieri, martedì 25 novembre, si è riunita a Palazzo dei Normanni per riaccendere i riflettori su una tematica da decenni al centro delle polemiche.
A guidare a Palermo personale e amministratori è stato il sindacato Csa-Cisal, che vede tra gli organizzatori dell’incontro Giuseppe Cardenia. Un confronto con il presidente dell’Assemblea Gaetano Galvagno e che ha visto la partecipazione anche di diversi deputati regionali, sia di centrodestra sia di centrosinistra, per far sì che il grido di allarme arrivi fino al governo regionale e che si possa intervenire già adesso con la Finanziaria, il cui testo in questi giorni è al vaglio della II Commissione Bilancio.
La richiesta è quella di una risposta esaustiva e immediata per potenziare gli Uffici, per garantire una corretta e funzionale erogazione dei servizi al cittadino, penalizzati dal numero sempre più esiguo di dipendenti, a causa della cessazione dal servizio di personale per raggiunti limiti di età, o altra causa, e la presenza in servizio di un buon 90% di dipendenti con contratti part time che si configurano in prestazioni settimanali tra le 18 e 24 ore, con inevitabili ripercussioni sul personale chiamato a prestare nella maggioranza dei casi ore in eccedenza compensate a riposo settimanale o mensile. Gli argomenti non sono nuovi, anzi. Già lo scorso 4 giugno le forze politiche avevano assunto l’impegno a trattare con al legge di Stabilità la contrattualizzazione del monte ore settimanale a full time, rimuovendo tutte quelle limitazioni che hanno fortemente condizionato l’autonomia degli Enti locali ad intervenire in proprio.
Due le principali criticità: le difficoltà economiche ad assumere a carico dei bilanci degli Enti la spesa necessaria per dare copertura all’elevazione delle ore settimanali e le limitazioni introdotte con l’entrata in vigore dell’art. 33 del c.d. Decreto Crescita (decreto-legge n.34/2019), basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale, finalizzata all’individuazione dei “valori soglia” differenziati per fascia demografica e delle percentuali di incremento, ancora più restrittive dall’anno 2025.
Come potrebbe intervenire la Finanziaria? Tre sono i punti esposti: in primo luogo assegnando risorse economiche agli Enti locali a copertura dei costi necessari che concorrono all’elevazione del monte ore contrattualizzato alla data del 31 dicembre 2025 alle 36 ore settimanali; secondo punto, sottraendo il costo complessivo di compartecipazione ai contratti imputato a carico del bilancio regionale, alla spesa personale dell’ente locale ritenendo questa etero-finanziata a seguito della ricontrattualizzazione operata, ritenuta “nuova assunzione”; l’ultima richiesta prevede che le economie annualmente maturate all’interno del relativo fondo storicizzato per la compartecipazione ai costi dei contratti, a motivo di cessazione dal servizio, a decorrere dall’esercizio finanziario 2025 restano a carico del relativo fondo, a copertura della spesa di ricontratualizzazione del monte ore settimanali a 36.
La proposta si muove nel solco della percorribilità sia sotto il profilo giuridico sia della sostenibilità finanziaria stante che si rivolge ad una platea ben definita dei soggetti destinatari della norma, circa 15mila lavoratori, tra ex contrattisti ed ex Asu, di età media fra 56- 65 anni, che favorisce e agevola una decrescita della spesa a decorrere dall’anno 2026 ed in modo significativo dall’anno 20218, per raggiunti limiti di età pensionabile del personale interessato



