In uno scenario che avremmo ritenuto, fino a qualche tempo fa, fantascientifico e apocalittico, in cui si muovono i nostri fantasmi interiori, se non veri e propri cadaveri, in cui le emozioni prendono il sopravvento a discapito di una corretta e immediata risposta ai fini della sopravvivenza, ho pensato utile provare a favorire un decorso temporale di queste excitement che porti all’evoluzione e non alla auto-distruzione.
Perché certe persone affrontano e superano lutti o stress da catastrofi e in altre, al contrario, il sistema va in tilt, sviluppando sintomi negativi, ossessivi o depressivi, paralizzanti e depauperanti? Chi ha pochi interessi e chi non è creativo corre maggiori rischi di cadere nel buco nero delle patologie più svariate anche se scampasse al coronavirus. La risposta al quesito sta, dunque, nel passato e non nel presente. Ognuno segue, dalla nascita, un training cognitivo, comportamentale e affettivo diverso. Lo stile educativo che forma i vincenti e “resilienti” è quello che possiede connotati emotivi e razionali, al tempo stesso, non ansiogeni e deprimenti. Il termine usato deriva dal latino “resiliens” che significa “rimbalzare, saltare indietro”. Viene utilizzato in fisica e in ingegneria per indicare “la capacità di un materiale di resistere a un urto, assorbendo l’energia che può essere rilasciata in misura variabile dopo la deformazione, rimanendo, praticamente, nella condizione iniziale e antecedente al colpo”. Mutuandone il significato, un individuo resiliente è in grado di sostenere gli urti senza spezzarsi. Queste doti non si possono acquisire da un momento all’altro ma si devono “potenziare” sin da bambini e prima ancora che ci si trovi in situazioni di stress acuto.
Esiste un substrato biochimico che esprime questo stato dell’Io, nel senso che gli individui equilibrati, creativi, energici, positivi possiedono un determinato bagaglio genetico, secernono spontaneamente ormoni e proteine del benessere, in grado di produrre “forza d’animo”, e hanno accumulato esperienze talmente ubertevoli che non solo hanno la tendenza a trovare subito delle soluzioni alla questione, organizzandosi per adattarsi a essa ma riescono pure a trasformare in bene e a godere dei vantaggi che derivano da qualunque vicenda. Anche chi non è resiliente e creativo può e deve sapere cosa fare e come comportarsi per non lasciarsi prendere dal panico. Tutto parte dall’ipotalamo e dalle strutture del sistema limbico alle quali è connesso che mantengono costante l’ambiente interno regolando la secrezione endocrina, il sistema nervoso autonomo, le emozioni e gli impulsi. La nostra vita è regolata da fluttuazioni giornaliere di numerose attività fisiologiche (Irving Kupfermann). Quando si ha paura e si mette l’organismo in allerta si produce un segnale di stress che arriva a tutte le parti del corpo, viene secreto l’ormone corticotropo che provoca una cascata chimica che può tradursi in questo urgente e ripetuto messaggio: “lotta o muori!”. Così c’è chi sceglie di reagire e chi si arrende e deprime, subendo gli eventi. La presa di coscienza del pericolo innesca una serie di risposte. I sensi si acuiscono e i pensieri si concatenano alla ricerca di soluzioni o, al contrario, portano a una totale perdita di lucidità. Tra i cosiddetti ormoni dello stress si indica il cortisolo che verrebbe disattivato più facilmente nelle persone resilienti (Serena Zoli). Mi auspico che le mie parole fungano da leva, in ciascuno di voi, per una forte e positiva reattività. La motivazione è, infatti, una condizione dell’organismo che direziona diversi comportamenti complessi, come l’assunzione di cibo e di bevande alcoliche (di cui fate abuso, soprattutto, in questo periodo), etc. Proprio adesso non si dovrebbe variare il ritmo sonno-veglia ma si dovrebbero incrementare tutte le attività (compresa quella sessuale, per chi ha la fortuna di avere un partner vicino) che apportano benefici all’intero sistema.
Pensiamo bene al fatto che i ricordi traumatici formano una traccia indelebile nella memoria e nel bagaglio genetico che trasmetteremo ai nostri discendenti. In qualunque momento della vita, anche un ricordo del passato remoto può essere riesumato e condizionare la quotidianità. Rievocare un’esperienza drammatica riporta alla memoria impressioni vivide di quei momenti, come se fossero appena accaduti. Si pensa che i ricordi traumatici siano una sorta di risposta condizionata al pericolo ma, in realtà, dipende dal modo in cui il cervello codifica quelle esperienze, e da come il corpo reagisce all’evento. I ricordi legati a incidenti, violenze, grandi spaventi, lutti o separazioni possono perseguitarci come fantasmi. È col tempo che si vedono gli effetti peggiori di un trauma, proprio perché quel ricordo criptato e in incubazione non ci ha mai lasciati e viene attivato più volte in situazioni “simili” (anche se inconsapevolmente) fino a sfociare in sintomi molto fastidiosi e pericolosi, come gli attacchi di panico, etc. (FOCUS.it, Mondadori Scienza S.p.A.). Certo, è vero che l’essere umano ha un limite di traumi che può sopportare, proprio per questo occorre immediatamente dare un senso “sublime” ai fenomeni.
La paura non deve bloccare il sistema, siamo chiusi a casa ma possiamo reinventarci. Il male che sta attraversando le nostre vite può renderci persone migliori. Non esiste nessuna sconfitta, Dod, senza rinascita e rinnovamento. Ho sempre detto che essere ossessivi è un’arma a doppio taglio: può portare alla vittoria o trafiggerci. È il momento di essere valenti. Buona fortuna a tutti noi, miei divini e amati. Contate su di me (anche via web e telefonica) per affrontare nel modo migliore possibile questa situazione e per disvelare i vostri potenziali nascosti, inibiti dalle emozioni.