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I dati

Il futuro dei bambini siciliani è a rischio: spalancata la ferita della povertà minorile

martedì 25 Novembre 2025
Bambini
Bambini

La Sicilia non è soltanto turismo, coste mozzafiato e borghi antichi. È anche, e purtroppo sempre più, un luogo dove crescere comporta un rischio concreto, quello di cadere nella povertà o nell’esclusione sociale già da piccoli. I dati Istat più recenti parlano chiaro, la crisi sociale dell’Isola si misura soprattutto sui corpi e sulle vite dei minori, e le conseguenze potrebbero essere pesanti e durature.

Nel 2024, in Italia il 26,7% dei minori è risultato a rischio di povertà o di esclusione sociale. Ma il dato assume contorni drammatici se guardiamo il Sud e le Isole, qui la quota sale fino al 43,6%, ovvero quasi la metà dei bambini e adolescenti. È una cifra che non deve essere letta come mera statistica, indica famiglie che faticano ad arrivare a fine mese, abitazioni sovraffollate o mal riscaldate, difficoltà nell’accesso a servizi essenziali come asili nido, cure e opportunità formative.

La fotografia ufficiale: disuguaglianze che mordono

Il quadro che emerge dai report istituzionali è a doppia velocità. Da una parte esistono segnali economici parziali di ripresa, dall’altra si allarga la forbice sociale che mangia le fondamenta dell’infanzia.

La Regione Siciliana, nel suo Defr 2025-2027, certifica che il 5,2% della popolazione vive in condizioni di “grave deprivazione materiale e sociale”, una misura che raggruppa chi presenta sette o più delle tredici privazioni considerate dall’indicatore. Questo valore è superiore alla media nazionale e si accompagna a tassi elevati di famiglie a bassa intensità lavorativa e a un rischio di povertà che rimane strutturalmente alto.

Un ulteriore campanello d’allarme arriva dall’analisi regionale, alcune note tecniche registrano una quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale in Sicilia che supera il 40%, ben lontana dalla media italiana, ovvero intorno al 23,1%. Sarebbe riduttivo parlare di emergenza passeggera, i dati fotografano problemi radicati, mercato del lavoro debole, bassa occupazione femminile e elevata precarietà che incidono direttamente sulle condizioni di vita dei più piccoli.

Le diseguaglianze che restano

A livello locale, possiamo sintetizzano così il fenomeno: “In Sicilia un bambino su sei cresce in povertà“. È la dimensione che si coglie nelle strade, nelle scuole con classi multiformi per bisogno sociale, nei centri che cercano di tamponare la fragilità con servizi spesso insufficienti. Secondo alcune rilevazioni, oltre il 16% delle famiglie siciliane sarebbe in povertà assoluta, quasi il doppio della media nazionale, e le famiglie numerose e monoreddito sono particolarmente a rischio.

Le immagini più drammatiche si concentrano sui più piccoli, ovvero i bambini under 6, coloro che stanno pagando il prezzo più alto. L’indicatore europeo relativo ai minori con meno di sei anni segnala un peggioramento, il tasso di rischio si attesta intorno al 27,7% per questa fascia, valore che evidenzia come la prima infanzia sia un terreno di fragilità particolarmente esposto. La perdita di opportunità educative e di salute nei primi anni di vita si traduce oggi in svantaggi permanenti per il domani.

Cause intrecciate: lavoro, reddito e fragilità familiare

Per comprendere il perché di questi numeri bisogna guardare alle radici, il cuore del problema è il mercato del lavoro e la sua qualità. In Sicilia convivono tassi di occupazione bassi, elevata precarietà, stagionalità diffusa soprattutto nel turismo e in agricoltura, e una partecipazione femminile al lavoro molto sotto la media nazionale. Le famiglie con bassa intensità di lavoro,  cioè dove poco o nessuno dei componenti adulti è occupato in modo consistente, sono quelle maggiormente esposte al rischio di povertà.

La composizione familiare incide in modo differenziato, le famiglie monogenitoriali con due o più figli mostrano livelli di rischio molto più alti rispetto a famiglie con entrambi i genitori. Anche la cittadinanza pesa, i minori stranieri presentano tassi di rischio nettamente superiori rispetto ai coetanei italiani, un problema che nel Sud raggiunge valori estremi.

Le conseguenze: istruzione, salute e futuro economico

La povertà minorile non è un dato a sé, è predittore di conseguenze a cascata. A livello scolastico, i bambini che crescono in condizioni di disagio hanno maggiori probabilità di abbandono, voti più bassi e meno accesso a percorsi formativi di qualità. Questo si traduce poi in minore occupabilità e stipendi più bassi in età adulta, alimentando un circolo vizioso di svantaggio intergenerazionale.

Sul fronte sanitario, la povertà incide su alimentazione, accesso alle cure e condizioni abitative. Si segnala, infatti, che una fetta significativa di minori non ha accesso regolare alla quantità e alla qualità di cibo necessario, o vive in abitazioni con problemi di isolamento o rischi per la salute. Organizzazioni umanitarie locali e nazionali hanno già richiamato l’attenzione su questi rischi, invocando piani strutturali di contrasto.

Cosa fa (e non fa) il sistema di welfare

Il sistema di protezione sociale in Sicilia sconta limiti di capacità e risorse. I segnali positivi, progetti di welfare locale, esperienze di sussidiarietà, potenziamento di servizi di prossimità in alcune città, non bastano a compensare una domanda molto ampia e crescente. Il Welfare Italia Index e altri monitoraggi sottolineano come la regione abbia margini di miglioramento sul fronte dell’efficienza e della capillarità dei servizi.

Esistono programmi di contrasto alla povertà, sostegni economici come l’Assegno di Inclusione e iniziative del terzo settore, ma la criticità è legata alla portata. La platea potenzialmente beneficiaria è vasta e, spesso, le misure non raggiungono chi è più isolato o non sa come accedervi. Inoltre, la burocrazia e i tempi di erogazione rendono fragili gli effetti delle politiche.

Buone pratiche e proposte: dove concentrare gli sforzi

Contrastare la povertà minorile richiede interventi stratificati e mirati. Alcune linee d’azione emergono, quali per sempio investire sulla prima infanzia, quindi in asili nido, servizi educativi e sostegni alle famiglie nei primi anni, hanno il rendimento sociale più alto. Ridurre il divario di accesso significa interrompere il ciclo di svantaggio.
Politiche per la conciliazione e occupazione femminile. aumentare l’occupazione delle donne è tra le leve più efficaci per innalzare il reddito familiare e la stabilità. Sostegno mirato alle famiglie monogenitoriali e numerose, quindi bonus, servizi di cura e percorsi di inclusione lavorativa possono ridurre la vulnerabilità. Rafforzamento del terzo settore e dell’occupazione locale, cooperative sociali, servizi di prossimità e contratti stabili nei settori strategici possono creare corridoi di crescita sociale. E infine, semplificazione dei percorsi di accesso al sostegno. Meno burocrazia, più sportelli territoriali, maggiore capacità di intercettare situazioni gravi in tempo reale.

L’urgenza di un piano che faccia sistema

I numeri dicono che è il tempo dell’urgenza sistemica. Non si tratta più di interventi spot o progetti temporanei, servono strategie a lungo termine che intreccino politiche del lavoro, welfare familiare, infrastrutture sociali ed educazione. La Sicilia deve decidere se trasformare gli impulsi di crescita economica in investimenti veri sul capitale umano.
La posta in gioco è alta, il modo in cui risponderemo alla povertà minorile determinerà non solo il destino dei bambini di oggi, ma la competitività e la coesione sociale dell’Isola nei prossimi decenni.
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