La storia delle infrastrutture siciliane ha sempre oscillato tra mito, sogni e leggende metropolitane.
Se le incompiute sono davvero tante, diventa incalcolabile il numero delle opere solo idealizzate e stilizzate sulla carta. Per esempio: che fine ha fatto l’interporto di Termini Imerese che avrebbe dovuto colmare il grave deficit logistico dell’Isola?
Dopo aver conquistato Catania, il vento australiano è pronto a soffiare anche a Termini Imerese. Dopo anni di stallo l’ex area Blutec potrebbe ben presto tornare a vivere per mano di Ross Pelligra. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso non ha solo autorizzato il perfezionamento dell’atto di cessione ma ha deciso di proiettarsi oltre, proponendo una visione ampia di rilancio che riguarda il Comune e tutta la Sicilia. L’esponente del Governo Meloni, presentando il nuovo piano, aveva messo in luce tre asset di sviluppo, uno dei quali “perfettamente integrato, che sarà l’interporto di Termini Imerese, che mi auguro sia a breve rifinanziato in modo che insieme il porto logistico e commerciale, l’area industriale ex Fiat con tutte le attività produttive e l’interporto a fianco rappresentino davvero un significativo modello di sviluppo per Termini Imerese, per la Sicilia e per l’Italia meridionale“.
Ma questo è soltanto l’epilogo di una storia lunga ormai quattro decenni, iniziata poco dopo la metà degli anni ottanta, che deriva da un insieme di documenti di pianificazione redatti a livello europeo, nazionale e regionale, e ancora senza una data di scadenza.
Per la prima volta previsto nel Piano generale dei trasporti del 1986, la sua importanza strategica a livello nazionale fu nuovamente ribadita e individuata dalla Legge Obiettivo del 2001, al cui interno era stato previsto anche l’interporto di Catania. Approvato nel 2009 dal Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, solo nel 2013 il progetto vide per la prima volta la luce. L’aggiudicazione degli appalti, l’anno seguente, aveva certamente fatto sperare a un lieto fine ma la revoca alla Tecnis nel 2017 mandò tutto all’aria. Stazione appaltante è la Sis. La Società interporti siciliani è partecipata per l’89,7% dalla Regione, per il 10% dall’Ast e fu costituita nel 1995 proprio per la realizzazione delle infrastrutture interportuali nell’Isola.
Mentre il “cugino” catanese è già operativo dal 2010, seppur “monco” del solo impianto ferroviario e nonostante le difficoltà e i rallentamenti incontrati nel corso della sua realizzazione, l’interporto di Termini Imerese a oggi resta un miraggio, senza contare l’insieme di documenti di pianificazione redatti a livello europeo, nazionale e regionale
Ma cosa prevedeva il progetto?
La più grande infrastruttura della Sicilia Occidentale, così come presentata, avrebbe avuto un costo totale di 75 milioni di euro. L’opera sarebbe stata dotata di un terminal ferroviario e avrebbe dovuto mettere in collegamento lo scalo ferroviario, l’autostrada, il porto, formando un unico snodo logistico, abbattendo le distanze da coprire su gomma, in nave, su rotaia e in aereo. Secondo il progetto, l’interporto si sarebbe esteso tra il porto e il fiume Himera.
Sia a livello nazionale sia regionale, negli anni, gli appelli sono stati numerosi, tutti conclusosi con un nulla di fatto. In estate, per esempio, l’assessore regionale alle Infrastrutture e alla mobilità Alessandro Aricò aveva svolto un incontro con il management della Sis con l’obiettivo di istituire un tavolo tecnico per discutere di un intervento che aveva definito “strategico per intercettare le linee di traffico merci e commerciali che dall’Africa e dall’Asia orientale vanno verso il nord Europa, utilizzando anche le cosiddette autostrade del mare“.
L’ultimo monito è di fine febbraio con un ordine del giorno alla Camera dei Deputati sotto la firma dei deputati Dem Anthony Barbagallo e Giuseppe Provenzano, per sollecitare un’infrastruttura già inserita negli atti di programmazione nazionali e regionali di settore e negli Accordi di programma quadro stipulati con la Regione Siciliana, un progetto che si trova in avanzata fase di definizione e che ha già incassato l’esito positivo sull’impatto ambientale.
Tanti posti di lavoro e un impulso notevole a un sistema infrastrutturale che in Sicilia fa acqua da tutte la parti. L’interporto sarebbe l’eccezione ma anche piccolo trampolino di lancio per lo sviluppo della logistica e di un polo container al porto di Termini Imerese ma anche uno snodo trasportistico importante per la confluenza delle autostrade Palermo-Messina e Palermo-Catania.
L’idea, seppur accarezzata ormai dieci anni fa, rischia però di non vedere mai luce. Tutti sono d’accordo nel definirla “strategica” ma nessuno sembra volerci mettere mano, mentre i costi di realizzazione continuano a lievitare a dismisura.