Sono stati più i palermitani che, piuttosto di andare a votare, hanno preferito rimanere a casa, andare al mare o sono andati allo stadio per la tanto attesa finale Palermo -Padova. Vince pertanto il partito degli astenuti, in linea con quanto avviene negli altri paesi europei e nelle altre regioni e comuni d’ Italia. Un dato ormai strutturale delle democrazie occidentali che segnala la crisi e perfino, secondo alcuni, il declino della democrazia come sistema politico. Su questo si interrogano da tempo studiosi, analisti e politologi e hanno materia per continuare a farlo. E così anche a Palermo avremo un sindaco votato dalla minoranza di una minoranza degli elettori che la dice lunga sulla sua rappresentatività e ancor di più di quella dei suoi contendenti, senza togliere nulla alla legittimità di una vittoria che è pur sempre conquistata sul campo e in una libera competizione.
La maggioranza dei palermitani, dunque, non solo non si sente rappresentata ma non vuole essere rappresentata. È la crisi in primo luogo dei partiti non più luoghi di partecipazione, di elaborazione, portatori di un progetto di società, ma piccole oligarchie che utilizzano le istituzioni come strumenti di consenso per rafforzare il proprio potere dando vita alla formazione di un ceto politico che la gente avverte come estraneo e spesso ostile ai propri bisogni, più interessato al bene proprio che al bene comune.
Sarebbe interessante capire, e potrà essere possibile quando si avranno i dati completi, quali sono le aree sociali dove questo sentimento è più presente, se nelle periferie tra i vecchi e nuovi poveri o tra gli ambienti di una borghesia, per lo più parassitaria, che vive e ha vissuto sotto
l’ombrello della spesa pubblica reginale da cui ha tratto privilegi, benessere e promozione sociale. In ogni caso auguri al nuovo sindaco e ai candidati sindaci che entreranno in consiglio comunale e che gli elettori hanno avuto modo di apprezzare riconoscendo loro a chi capacità amministrativa, a chi valide competenze tecniche a chi un ancoraggio generoso alla realtà della città. Le sfide che attendono la città sono molto serie e impegnative e richiederanno un impegno anche dalle opposizioni. Solo così si potrà coniugare l’emergenza che attualmente si vive con la prospettiva di un futuro di crescita della città. Un’ultima considerazione riguarda la questione morale che come spesso accade a Palermo e in Sicilia coincide con la questione mafiosa che è scoppiata nel corso della campagna elettorale con degli arresi di candidati al consiglio comunale. Ancora una volta la magistratura ha svolto un’opera di supplenza in un compito che in primo luogo spetterebbe alla politica, ai partiti, di vigilare sulla composizione delle liste per tutelare oltre che se stessi la comunità in cui si opera. Da tempo, però, sono state archiviate misure come l’adozione di codici etici per aderire al partito o alla lista elettorale e quando scoppia un caso di inquinamento o di collusione ci si limita alla frase ormai rituale, ci affidiamo, abbiamo fiducia nella magistratura. Vi è stato perfino chi si è anche lamentato questo intervento, si poteva aspettare la fine della campagna elettorale, è stato detto, e quindi, secondo costoro, magistrati dovevano chiudere un occhio, lasciare consumare il reato e inquinare così il voto. Sarebbe un bel segnale che da parte del nuovo consiglio comunale e del nuovo sindaco dedicare una seduta straordinaria con all’ordine del giorno il ruolo del Comune nella lotta alla mafia. Su questo punto sarebbe importante che la politica ritrovi una unità di intenti e di impegno. Ci si può dividere su tutto ma Palermo deve avere la garanzia che su questo terreno non si torna indietro, anche perché la città di Falcone e Borsellino, di Piersanti Mattarella e Pio La Torre e di quanti hanno dato la vita per il trionfo sella libertà sull’oppressione, del diritto sulla prepotenza non lo permetterà.