Quando si parla di Sanità si guarda spesso alle grandi infrastrutture o alle tecnologie più avanzate. Il cuore del sistema resta però la persona assistita, insieme alla sua famiglia e alla comunità. In questa prospettiva si inserisce l’infermiere di famiglia e di comunità, figura introdotta a livello nazionale con il decreto-legge 34/2020 e poi valorizzata dal PNRR, chiamata a diventare il simbolo di una Sanità vicina ai cittadini e capace di rispondere ai bisogni reali.
Anche in Sicilia il tema è entrato nell’agenda politica. All’Assemblea Regionale è stato depositato un disegno di legge, nel 2023, che punta a consolidare questa figura nei distretti sanitari e nelle strutture territoriali, con l’obiettivo di rafforzare l’assistenza domiciliare e garantire continuità nelle cure.
Sfida demografica e bisogno di assistenza territoriale
L’esigenza di rafforzare l’assistenza territoriale nasce da un dato demografico preciso. Entro il 2030 oltre quattro milioni e mezzo di ultra 65enni in Italia vivranno da soli e più di 1,2 milioni avranno superato gli 85 anni. A questa sfida si sommano le malattie croniche e le condizioni di fragilità che gravano su famiglie e ospedali.
In Sicilia la pressione è ancora più evidente: il 22,6% della popolazione ha più di 65 anni, con un indice di vecchiaia pari a 167,7 anziani ogni cento giovani, mentre le malattie cardiovascolari e il diabete restano tra le principali cause di morte. In questo contesto la domanda di cure domiciliari cresce costantemente e il sistema attuale fatica a garantire risposte rapide ed efficaci.
Al 31 marzo 2025, a fronte dei 767 infermieri di famiglia e di comunità previsti nelle piante organiche delle Asp, ne risultavano in servizio solo 207. Per colmare il fabbisogno di circa 560 unità, l’assessorato della Salute ha invitato le aziende a bandire rapidamente nuove selezioni, mentre il Cefpas ha già avviato percorsi formativi che entro fine anno porteranno circa seicento professionisti a specializzarsi in questo ruolo.
Sanità territoriale ed efficienza
“Il ddl è fondamentale perché consente di garantire un’assistenza sanitaria più vicina alle esigenze reali dei cittadini, riducendo i ricoveri inutili e rendendo la Sanità siciliana più efficiente”, spiega Riccardo Gennuso, deputato di Forza Italia all’ARS e primo firmatario della proposta insieme a Gaspare Vitrano.
“Dal 2023 ad oggi ci sono state solo piccole difficoltà legate all’organizzazione dei servizi, superate grazie al PNRR, che ha messo a disposizione risorse importanti”, prosegue.
Il cuore del dibattito politico riguarda il rapporto tra professioni sanitarie: l’infermiere di famiglia come care manager accanto al medico di base clinical manager, un modello già sperimentato in altre regioni.
“Non vedo resistenze da parte dei medici né dei sindacati. L’infermiere di comunità può diventare un punto di riferimento tra ospedale e territorio, garantendo continuità assistenziale – sottolinea -. Sono convinto che, lavorando insieme, si possa trovare la soluzione migliore, definendo con chiarezza ruoli, responsabilità e competenze”.
Sul fronte delle risorse economiche, Gennuso sgombra il campo da dubbi: “Nel bilancio della Regione sono già previsti i fondi necessari e gran parte arriva dal PNRR. Non ci sono rischi per l’equilibrio finanziario né dubbi sulla sostenibilità di questa figura”.
Gestione e prospettive
Il nodo resta l’organizzazione del personale, aggravata dalla forte carenza di infermieri in Sicilia. Secondo le più recenti stime della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche mancano oltre 3.000 unità, ma altre analisi parlano di un fabbisogno che supera le 6.000, collocando l’Isola tra le regioni più in difficoltà a livello nazionale.
“Mi auguro che il personale venga gestito direttamente dalle Asp e non affidato a cooperative o enti privati, perché solo in questo modo è possibile affrontare con serietà la carenza di infermieri e garantire un servizio realmente efficiente alla collettività – evidenzia -. Ritengo importante che il percorso resti in mano al pubblico e che non si disperdano risorse ed energie in logiche che non mettono al centro i cittadini. Il mio appello ai colleghi, di qualunque colore politico, è semplice e chiaro. Parliamo di un ddl che sarà discusso prima in Commissione Sanità e poi in Aula, e ognuno avrà la possibilità di proporre modifiche per migliorarlo – conclude –. Quello che conta davvero è arrivare all’approvazione di una legge sicura, efficace e con il cittadino al centro”.