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La leggenda della batteria Tullio De Piscopo si racconta: “Sono mezzo siciliano”

mercoledì 4 Agosto 2021
Tullio De Piscopo

Non ha di certo bisogno di presentazioni il grande batterista e cantante Tullio De Piscopo.

Nato nel 1946 a Napoli, in una famiglia di musicisti, iniziando a suonare nei club, ha fatto la storia della musica italiana e mondiale, ma pochi sanno che, in lui, scorre anche sangue siciliano.

Sì! Mia madre era di Palermo e mi parlava spesso in siciliano. Mi raccontava a volte delle sue disavventure poiché, purtroppo, era orfana di entrambi i genitori e stava in orfanotrofio. È una donna che non ha mai potuto dire “papà e mammà” poiché li ha persi da neonata e non li ha mai conosciuti. A parte questo, mi raccontava delle cose culinarie, della Cattedrale di Palermo, delle navi e, spesso, venivano a trovarci dei parenti che ci portavano arance e mandarini. Ho questi odori e ricordi incredibili della Sicilia”, racconta commosso Tullio De Piscopo.

Lei viene da una famiglia di musicisti, e sembrerebbe che il suo percorso musicale fosse già segnato, ma quando ha capito che la batteria, che era la sua passione, sarebbe stata la sua vita?

L’ho capito da subito. Quando ho aperto gli occhi, appena nato, io ho visto tamburi, tamburelli, piatti, piattini… perché mio padre era batterista percussionista, ma anche mio fratello Romeo, quindi io ho sempre suonato. Non c’è stato un inizio. Però ho capito che dovevo fare questo a tutti i costi quando Romeo, mio fratello maggiore, il primo dei tre, morì. Era un grande batterista e, un giorno, a 21 anni, morì mentre suonava… io ne avevo 11 e dissi “Io devo fare quello avrebbe dovuto fare lui”.  Difatti, scrissi di mio pugno, in una fotografia che mi ritrae vestito da prima comunione: “Costui è Tullio De Piscopo, batterista chiamato Romeo”. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per Romeo, ma lui l’avrebbe fatto meglio”.

Nella sua carriera ha conosciuto e ha suonato con grandi musicisti come Gerry Mulligan, Chet Baker, Astor Piazzolla, Kai Winding, Mina, Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, New Trolls, Pino Daniele, Franco Battiato e tanti altri. Chi ha inciso maggiormente, sia in senso umano che professionale, nel suo percorso di ricerca musicale?

Astor Piazzolla, Gerry Mulligan superband e Tullio De Piscopo

Con ogni artista grandioso, con il quale ho avuto la fortuna di collaborare, ho imparato qualcosa, ma soprattutto con Pino Daniele, Franco Battiato e Astor Piazzolla. Con Piazzolla, ho inventato il tango con la batteria che, sino ad allora, non era mai esistito. Nel tango, originariamente, non c’era la batteria ma delle piccole percussioni e quindi io, sin da subito in “Libertango”, d’istinto ho messo quel ritmo che tutto il mondo conosce”.

Com’è cambiato l’uso della batteria in tutti questi anni?

La batteria è sempre in evoluzione, dai Beatles si è passati al prog rock, al jazz funky, al funky e poi alla tecnica. Oggi però c’è troppa tecnica e poco cuore. Io sono rimasto quello che ero “Uh feeling”. Io devo dare un solo colpo e far saltare la gente dalle sedie. E se non dovesse succedere più questo, vuol dire che devo smettere “.

Battiato ci ha lasciato quest’anno. Un episodio che vorrebbe raccontarci con lui?

Franco Battiato

Quando ero giovanissimo, a Milano, abitavo presso una famiglia che mi dava un letto, in via Gustavo Modena 25 – racconta ridendo – E quando scendevo vedevo un pulmino, un po’ anche malandato,  con scritto sopra Franco Battiato. Ecco, la prima volta che ho conosciuto questo nome è stato così, perché anche lui abitava in quella via. Poi, passato un po’ di tempo, abbiamo fatto un capolavoro assoluto per la Emi, “La voce del padrone” (1981) in cui c’è “L’era del cinghiale bianco”, brano che ha dato il “la” al nostro Franco Battiato. Da lì sono partiti i suoi straordinari successi”.

Lei è in Sicilia per “FestiValle”, un festival internazionale di musica e arti digitali della Valle dei Templi che, nonostante la pandemia Covid, ha raggiunto la quinta edizione ad Agrigento. Pensando a quello che stiamo vivendo, cosa rappresenta per lei la musica dal vivo ora?

“Non vedo l’ora di suonare ad “Akragas”. Il live per me è la vita… come la musica. L’energia che può dare il palcoscenico non me la può dare nessuno… è vita. Questo festival è realizzato da giovani che, con determinazione, desistono alle incertezze del periodo unendo buona musica, cultura e archeologia, valorizzando il territorio. Ringrazio per questo Fausto Savatteri perché si fa in quattro per la musica, per il festival e per la sua terra“.

Che cosa vorrebbe che arrivasse al pubblico dalla sua performance?

Tullio De Piscopo e Pino Daniele

L’amore! Farò infatti un concerto all’insegna dell’amore per la vita, per la musica e per la terra della mia mamma. Il concerto sarà perniato sulla mia storia, partendo dalle note del nostro fratello in blues Pino Daniele fino ad arrivare ai miei assoli di batteria e i grandi successi come “Stop Bajon”.

 

Un consiglio che vorrebbe dare ai giovani musicisti che vogliono intraprendere questo sogno e tramutarlo in carriera?

Tullio De Piscopo

Ai tempi era più difficile entrare nel grande giro perché dovevi essere preparato. Si suonava in diretta tutti insieme, anche con tutta una grande orchestra e quindi dovevi seguire bene la musica.  Ora ognuno registra per conto suo e poi si uniscono le parti. Però, quello che dico sempre ai giovani, è di trovare una propria personalità sullo strumento. Si può trovare attraverso le origini, come feci io promozionando i suoni e le armonie di Napoli. Ognuno deve suonare la propria personalità, qualsiasi sia lo strumento, e non copiare artisti oltreoceano perché sarai sempre un piccolo “Pasquale”… per non fare nomi “, dice ridendo. 

“Devi trovare la tua personalità sullo strumento, basta una nota ma è importante come farla quella nota. Questo è lo studio che bisogna fare oltre alla tecnica. Chi l’ha dentro, sa che deve seguire la stella e cercarla, ma devi sentirla “forte” dentro“.

 

 

 

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