C’è qualcuno che dell’attentatore di Berlino parla bene anzi benissimo, qualcuno che quasi con amore descrive quel viso, ormai noto alle cronache globali, come un viso in grado di spandere luce all’interno di una galera. Lei si chiama Ida Ardica ed è insegnante proprio li, dove le sbarre separano i cattivi dalle loro intenzioni. “Il suo volto era di una bellezza straordinaria e aveva un sorriso che riusciva ad illuminare tutto il buio che un posto come il carcere emana“.
Il ricordo della maestra si fa melenso nelle ore che precedono l’uccisione dell’uomo, per mano di un poliziotto diventato “l’eroe siciliano”, avvenuta dopo l’intervista che l’Ardica ha rilasciato a un quotidiano locale. “Era un ragazzo schivo ma nulla faceva pensare che fosse un estremista anzi sembrava un moderato come i suoi concittadini tunisini – racconta – Ho conosciuto la sua vulnerabilità e la sua debolezza, aveva appena vent’anni quell’Anis Amri, oggi su tutti i giornali, e ho cercato di coinvolgerlo, con scarsi risultati, in un progetto teatrale: si dice che il recitare è catartico”.
L’insegnante ricorda di avergli proposto di partecipare al progetto pon “Attori dentro”, realizzato con la regista Tilde Di Dio e l’attore Franz Cantalupo. E Amri aveva accettato: nello spettacolo avrebbe suonato strumenti a percussione. Ma alla fine lo spettacolo “Rinaldo in campo” andò in scena senza di lui, perché nel frattempo venne trasferito. E poi il suo unico hobby in carcere, come ricorda la maestra, era il calcio e passava la sua ora d’aria in cortile tra una partita e l’altra. Quando era detenuto nel penitenziario ‘Bodenza’ di Enna, dove era giunto dopo essere stato detenuto a Palermo, frequentava anche il Corso di Alfabetizzazione nell’anno scolastico 2012/13 gestito dalla direzione didattica De Amicis, anche se in realtà lui l’italiano lo parlava già bene. “Era molto intelligente – sottolinea Ida Ardica – di quell’intelligenza viva e pronta, ma molto chiuso e introverso. Non si apriva molto però un giorno mi disse che mi voleva bene, Io ci sto male – conclude – perché i miei insegnamenti, il mio esempio seppur per un breve periodo sono stati un fallimento e oggi mi chiedo se ci siano sfuggiti dei segnali che quel ragazzo ci mandava, segnali che noi non siamo stati in grado di cogliere e mi rendo conto di non aver fatto abbastanza”.
A volte l’amore non basta.