Gli stati d’animo e le dichiarazioni da parte del mondo politico, delle istituzioni e della società civile alla morte del boss Matteo Messina Denaro.
“La preghiera non si nega a nessuno. Ma non riesco a dire che mi dispiace”. Così, su Instagram, il vice premier e ministro Matteo Salvini, commentando la morte del boss Messina Denaro.
“Ora si scrive la parole fine su colui che per 30 anni ha provocato ferite profondissime e mortali non soltanto nella nostra provincia. La morte, comunque, rappresentando la conclusione della vita terrena, pone ogni uomo davanti la giustizia divina”. Così il sindaco di Campobello di Mazara Giuseppe Castiglione appresa la notizia della morte di Matteo Messina Denaro. A Campobello il boss ha trascorso gli ultimi anni della sua latitanza in diversi covi, fino a quando è stato arrestato. “Lo Stato ha rispettato la costituzione garantendo le massime cure al boss per salvargli la vita, nonostante l’indignazione del popolo italiano per la discriminazione rispetto alla qualità di trattamento con altri malati dello stesso tipo”, ha aggiunto il primo cittadino di Campobello di Mazara.
“Muore un uomo che ha fatto tanto male alla sua terra. Ci vorranno decenni ancora, prima che culturalmente si ponga fine a una mentalità, a una cultura, talvolta dilagante, di illegalità, di impunità, che lui e i suoi accoliti e altri prima di loro, hanno coltivato per troppo tempo”. Lo dice il sindaco di Castelvetrano Enzo Alfano, appresa la notizia della morte di Matteo Messina Denaro. Castelvetrano è la città dove Messina Denaro e nato e ha vissuto prima di darsi alla latitanza e dove vivono ancora i suoi familiari.
“Ci attende un percorso inequivoco, di sana ed oggettiva consapevolezza che dovrà coinvolgere tutta la stragrande maggioranza di donne ed uomini perbene di cui il nostro territorio è abitato , che dovrà negare ogni consenso a quanti, pochissimi invero, continuano ad avere ancora ‘annacamenti’ disdicevoli”. Il primo cittadino aggiunge: “Avrebbe potuto redimersi, non solo cristianamente, e fare nomi e raccontare fatti di cui è stato autore , artefice e mandante. Non l’ha fatto. Ed è un vero peccato per la giustizia. Un pensiero di vicinanza umana voglio esprimerlo alla figlia Lorenza, riconosciuta nelle ultime settimane, che reputo vittima innocente della situazione. Auspico che si chiuda definitivamente un capitolo e un libro tristissimo per questo straordinario territorio, pieno di grande storia e potenzialità mai dispiegate fino in fondo, perché avvolto da una cappa soffocante che ha tenuto ben lontano tanti imprenditori seri e investimenti puliti”, ha concluso Alfano.
“Mi dispiace che abbia vissuto così tanto tempo da uomo libero nel suo paese e così poco da uomo in prigione e in mano alla legge”. Lo dice il regista e titolare di un maneggio dove alleva cavalli per il circo equestre Giuseppe Cimarosa, appresa la morte di Matteo Messina Denaro. Cimarosa è parente del boss: la mamma Rosa Filardo è cugina di primo grado di Messina Denaro, ma da quando il marito Lorenzo (morto nel 2017) iniziò a collaborare con la giustizia ha interrotto qualsiasi rapporto con la famiglia Messina Denaro. Più volte Giuseppe Cimarosa, che insieme ai suoi familiari è rimasto coraggiosamente a Castelvetrano rifiutando il programma di protezione, ha avuto parole di disprezzo nei confronti di Matteo Messina Denaro quando il boss era ancora latitante. E ora, dopo la sua morte, aggiunge: “Doveva vivere di più stando in carcere, per riflettere su ciò che ha fatto, sperando che un briciolo di umanità lo accarezzasse facendolo collaborare con la giustizia – ha aggiunto -. Io vivo da uomo onesto e libero nella mia città, Castelvetrano, lui invece è morto da criminale in carcere. Per una volta la giustizia umana e quella divina si sovrappongono”, ha concluso Cimarosa.
“Con la morte di Matteo Messina Denaro finisce una vita piena di violenza, trame, misteri. Finisce anche un’era di Cosa nostra, ma non Cosa nostra. E’ stata una figura importante nella stagione più feroce della mafia siciliana: ha avuto un ruolo fondamentale in ogni fase delle stragi, dalla decisione all’organizzazione e all’esecuzione materiale, sia al fianco di Riina che dopo il suo arresto, quando si schierò, con Bagarella e Graviano, tra quelli che determinarono di proseguire con le bombe e avviarono l’anno delle stragi “in continente”. Per il ruolo che ha svolto e le decisioni che ha contribuito a prendere di certo era a conoscenza di nomi, dettagli, complicità che avrebbero potuto far chiarezza su una stagione, quella tra gli anni 80 e gli anni 90, su cui ancora abbiamo bisogno di sapere tutta la verità. Nemmeno negli ultimi mesi, pur consapevole di quanto grave fosse la sua condizione clinica, ha voluto dare un minimo ristoro a tutte le sue vittime e ai loro familiari fornendo elementi di verità. Cosa nostra non è finita con la morte di Riina, né con quella di Provenzano, e non finisce oggi. Cosa nostra cambia, evolve, si trasforma, ma resta il principale ostacolo per una Sicilia e per una Italia libera dal giogo della violenza, del ricatto, della povertà” Così Pietro Grasso, presidente della Fondazione Scintille di futuro, già procuratore nazionale antimafia, in una nota.
“La morte del boss Matteo Messina Denaro, avvenuta nell’ospedale dell’Aquila, a seguito dell’aggravarsi della sua malattia, mette il punto su una vicenda che racconta di violenza e sangue, sofferenze ed eroismi”, lo dichiara il primo cittadino del capoluogo d’Abruzzo, Pierluigi Biondi. “L’epilogo di una esistenza vissuta senza rimorsi né pentimenti, un capitolo doloroso della storia recente della nostra Nazione che non possiamo cancellare ma di cui oggi possiamo narrare la fine grazie al lavoro delle donne e degli uomini che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la criminalità mafiosa. Il 1992 per me, e tanti come me, ha segnato un nuovo inizio dell’impegno politico: non avremmo ceduto al ricatto, ci saremmo battuti per un’Italia forte, orgogliosa, libera e coraggiosa. Oggi continuiamo su quella strada e consapevoli dell’importanza di trasmettere principi sani, anche grazie a iniziative, come il premio intitolato a Paolo Borsellino, utili a far sì che i nostri giovani abbiano memoria di chi ha reso l’Italia un luogo migliore. Di cosa è male e di cosa è bene. Ringrazio il personale del carcere Le Costarelle, le nostre forze dell’ordine, il nostro personale sanitario, per non aver mai fatto mancare professione e umanità”, conclude Biondi.
“Presenteremo una proposta di legge per chiedere che venga fatta una autopsia a chi muore durante la detenzione. L’esame disposto per il boss Messina Denaro deve diventare una prassi perché molti ‘poveri cristi’ finiscono i loro giorni in carcere e le loro famiglie non sanno come sia successo”. Lo afferma Francesca Ghirra, deputata di Alleanza Verdi e Sinistra, proponente il testo di legge.