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Mafia, sequestrato patrimonio milionario a due imprenditori trapanesi vicini a Messina Denaro

sabato 17 Novembre 2018
polizia
Foto Ansa

La polizia e la Guardia di Finanza di Trapani hanno confiscato 52 appartamenti, 9 villini, 11 magazzini, 8 terreni, 19 garage, autovetture, conti correnti e società, per un valore stimato di circa 21 milioni di euro, a carico di due imprenditori. Francesco e Vincenzo Morici, padre e figlio, ritenuti essere stati collusi con esponenti delle “famiglie mafiose” della provincia, attivi nell’edilizia, che hanno operato nel settore dei lavori appaltati da enti pubblici in Sicilia su mandato del boss latitante Matteo Messina Denaro.

Il provvedimento è stato emesso a conclusione di analisi condotte dai poliziotti della Divisione Anticrimine svolte congiuntamente dalla Divisione Anticrimine e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani.

Le indagini hanno evidenziato l’appartenenza dei due ad un gruppo di imprenditori che “Cosa nostra” ha utilizzato, su mandato del “rappresentante provinciale” Matteo Messina Denaro per esercitare, per oltre un decennio, il condizionamento nelle fasi di aggiudicazione di appalti, nell’esecuzione delle opere e nelle forniture. In particolare, il vertice mafioso, gestiva tramite gli imprenditori, i meccanismi di controllo illecito sull’aggiudicazione dei lavori pubblici e sulla esecuzione dei lavori, prevedendo che l’impresa aggiudicataria versasse una percentuale ai funzionari pubblici corrotti ed alla famiglia mafiosa di Trapani.

“Lo scopo – sottolineano gli inquierenti – è stato, in ultima analisi, il perseguimento di una strategia di fagocitazione occulta degli appalti, di infiltrazione in interi settori produttivi, nonché del sistema politico ed amministrativo di questo territorio”. 

In passato, per Francesco Morici era stata proposta l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale ma nel frattempo è deceduto mentre, per il figlio Vincenzo, il Tribunale ha respinto un’analoga proposta ritenendo che non vi fosse attualità’ della pericolosità sociale dell’indagato.

 

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