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La qualità per rigirare la Sicilia

lunedì 20 Febbraio 2017

Ieri, a Roma un noto industriale mi ha detto ” con un Pil che cresce solo dello 0,9 per cento, l’Italia si colloca in fondo all’eurozona…poco sopra la Grecia…peggio di tanti paesi dell’est europeo!” Purtroppo o per fortuna non è vero. O almeno non lo è del tutto.

La Lombardia, regione dove ha sede l’azienda dello sconsolato e paradossalmente ingenuo amico, cresce invece del 2.8 per cento.

Quanto la Germania, paese più ricco ed industrializzato d’Europa.

Non solo, metà del Belpaese registra un tasso complessivo di crescita del pil pari a quasi un otto per cento complessivo.

Quindi come si arriva allo 0,9 denunciato dall’industriale? Mediando con i dati di crescita del sud.

Il recentissimo studio della Fondazione Res fotografa una realtà impietosa fatta di crescita lenta, di disoccupazione a doppia cifra, di carenza di investimenti, di export ancora drammaticamente deficitario.

Abbiamo quindi un Paese a doppia velocità.

E come sempre è la solita storiella del pollo arrosto….se io non lo avessi mangiato e tu ne avessi mangiato uno….per la media ne avremmo mangiato mezzo a testa.

Lasciando le statistiche a chi ama i numeri, ma denudando dalla demagogia gli impietosi dati rilevati dalla Fondazione Res, è necessario immaginare come il sud possa ripartire.

Senza facili attenuanti, ma anche senza ingiustificate aggravanti.

Il sud ha bisogno di aiuti più che strutturali…infrastrutturali. Le due ore di auto siciliane sono ben diverse da quelle lombarde o piemontesi. Sotto Napoli non c’è la A4 e neanche la Brebemi. Non esiste il Freccia Rossa nè tantomeno suo cugino Italo. Le banche non aiutano come dovrebbero le imprese – sopratutto le start up – del meridione.

Il sud porta depositi alle banche del nord raccogliendo  allo 0,80. Gli stessi Istituti al nord fanno raccolta spesso ben oltre il due per cento.

E gli impieghi in gran parte sono da Roma in su, laddove il rapporto bancario di raccolta/impieghi è assolutamente sbilanciato a favore dei secondi.

L’esatto contrario di quanto succede nel sud Italia. I danari raccolti a basso costo dal signor Carmelo e dalla Signora Rosaria vengono più facilmente impiegati in favore dell’azienda del figlio del signor Walter e della Signora Ivana.

Ci vuole attenzione nella concessione del credito, vero motore di supporto allo sviluppo, ma bisogna recuperare capacità di visione e prospettiva.

Il Sud deve ripartire dai suoi punti di forza: turismo, beni culturali, sport all’aria aperta, wine and food ed agricoltura di pregio. A chilometro zero per il territorio ed i suoi ospiti.

Il vino siciliano, vera eccellenza, testimonial dell’isola in Italia e nel mondo contribuisce al totale dell’export del comparto ad un cinque per cento scarso del totale.

Numeri, quindi, ancora piccoli, solo per citare – ad esempio per tutti – un comparto di eccellenza che vede un ottimo imprenditore come Antonio Rallo alla guida della Unione Italiana Vini (la confindustria nazionale del vino).

Piccoli ma di qualità e con enormi capacita di crescita.

Cura della qualità e capacità di fare sistema sono in grado di favorire una ripartenza strutturale, non drogata e stabile per un Isola che deve ancora decidere su quale progetto debba basare la propria economia dei prossimi trenta anni.

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