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La salute dell’editoria italiana: intervista a Cristina Del Torchio

lunedì 10 Settembre 2018

Cristina Del Torchio, scrittrice ed editore della prestigiosa Rupe Mutevole edizioni, ci parla della salute dell’editoria italiana dalla sua prospettiva.

 

Sei una scrittrice e soprattutto un editore importante nel panorama nazionale. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Cristina del Torchio nella sua professione e nella sua passione per l’arte dello scrivere?

Dire ‘chi siamo’ è un’indagine entro sé stessi, prima di tutto. È perlustrare l’Anima e rifletterla allo specchio per confrontarsi senza che l’immagine mostri aspetti illusori. Ma bisogna abbandonare l’ego dello specchio per trovare la vera risposta. Perché questa è nell’Anima.

Scrivo per esigenze interiori. Pubblico, come editore, esigenze dell’Anima di altre scrittrici e scrittori. Non è forse questo lo scopo, alla fonte, di fare editoria? La differenza fra chi fa editoria per divulgare o per informare e chi la fa per condividere significati sta nella considerazione dei contenuti dell’opera. Per me sono vitali il significato e il messaggio, la parola come lemma, come intensità, come riverbero di libertà, come storia.

Nel 2004 hai fondato la casa editrice “Rupe Mutevole” che come sede operativa ha scelto un villaggio sui monti dell’Appennino ligure-emiliano. Quella che hai fatto è stata una scelta controcorrente e innovativa, caratterizzata dalla necessità di sbarazzarti dell’abusato luogo comune che impone la città, Milano o Torino in particolare, come unici centri produttivi di prestigio di una casa editrice. Lo scopo principale della tua casa editrice è quello di pubblicare libri che lascino un’impronta nuova e duratura nel mercato italiano, e soprattutto nella cultura narrativa del nostro Paese. Dopo quasi 15 anni di attività, qual è il tuo bilancio in proposito? E quali i nuovi obiettivi che ti poni come editore?

Fu una ‘rupe mutevole’, una montagna che dall’alba al tramonto si rivestiva di ‘mutevoli’ colori che approvò. Fra me e la Natura c’è complicità, c’è sempre stata. E quel villaggio, che scelsi come sede professionale, non era un semplice ‘villaggio’, era un mondo di autentica bellezza, di semplice intensità, di pace, di abbandono. Se si vuole creare qualcosa di grande bisogna affidarsi all’Abbandono e poi alla Sobrietà, e poi alla Determinatezza e poi all’Impeccabilità. Allora si è oltre ogni inganno, oltre ogni compromesso con la storia.

Rupe MutevoleE così, in quel villaggio cominciai a pubblicare libri diversi, libri nuovi per il loro messaggio alternativo. Non cercavo libri che parlavano dell’uomo com’è, ma di come potrebbe essere. Non cercavo il ‘dover essere’, ma l’essere’. E piano piano i lettori accolsero il mio messaggio e arrivarono in molti, e non furono più solo lettori, ma amici.

Il vero prestigio di un editore non è solo nel successo di vendite, ma anche nel successo di condivisione dei libri pubblicati, perché un successo trova spesso più voce in un condiviso ‘passaparola’ che non in una classica distribuzione. Ma questo ha a fare con la scelta dei libri da pubblicare: se sono libri di un nuovo Pensiero sono anche libri di un nuovo mercato, un mercato che non fa il verso al già visto, ma a qualcosa che ancora non c’è. Io credo che conoscere l’Arte di ‘guardare oltre’ sia il vero successo imprenditoriale, a tutti i livelli. E la vera libertà di creare qualcosa che prima non c’era.

E ora che Rupe Mutevole non è più in quel villaggio ma in una cittadina sugli Appennini, niente è cambiato: lo spirito del mio impegno editoriale è quello di allora, con qualcosa in più.

Quanto ai nuovi obiettivi, la risposta è nel vento della consapevolezza di una nuova intensità, di una nuova sfida. Perché non si è mai sazi di mettersi in gioco, vada come vada. Vincere la partita a tutti i costi non è importante, l’importante è mettercela tutta per uscirne vincenti con sé stessi.

E che siano nuovi libri e nuovi film, saranno nuove ed esaltanti sfide.

Quali sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle?

Cristina Del Torchio
Cristina Del Torchio

Un vero scrittore, una vera scrittrice, lavorano sulla pagina, sul paragrafo, non sulla trama in sé stessa. La trama di un romanzo è solo l’input iniziale, l’involucro; poi è lo stile che fa il resto e la differenza. Chi sa descrivere un mondo, un sentimento ‘senza descriverlo apertamente’, senza entrare nell’ovvio, è un vero scrittore, una vera scrittrice. Ci vuole Vita per conoscere la Vita, come ci vuole Audacia per trovare un nuovo mondo.

Gino de Dominicis, grandissimo genio artistico del secolo scorso, dei critici diceva … «…che hanno dei complessi di inferiorità rispetto agli artisti. Sono sempre invidiosi. È una cosa che è sempre successa. C’è poco da fare». Intervista a Canale 5 del 1994-95. Tu cosa ne pensi?

Se mi chiedi di essere implacabile, ti dirò che il ‘mestiere’ di critico letterario è una forzatura incongrua. Perché se uno sa scrivere e ha qualcosa da dire lo scrive e basta. Accanirsi sui retroscena dello scrivere degli altri, sui retroscena del Pensiero, è blaterare guardandosi allo specchio.

Come è nata la tua passione per il mondo dell’editoria e dello scrivere, e qual è il tuo proposito, il tuo scopo principale nella tua attività imprenditoriale?

Come nasce una passione? Nasce da un sogno e da un impegno, se quella passione è vera resisterà a ogni impennata della storia. Sono un’editrice, una produttrice di film e di musiche, una sognatrice. Che altro?

Perché secondo te oggi è importante scrivere, raccontare con la scrittura?

In ogni epoca si è scritto e raccontato. Oggi, per me, scrivere e raccontare ha un obiettivo: essere testimoni di un’inquietudine che è l’avventura incontrollata della quiete. Ed entrambe sono il riflesso dell’Essere che cerca risposte nella propria Anima.

Secondo te, quanto è importante vincere un premio letterario per la carriera di uno scrittore? E perché occorre partecipare ai premi letterari? E quali sono i più importanti e seri nel panorama nazionale?

Vincere non significa niente se non si conosce la sconfitta. L’Ego di uno scrittore, di una scrittrice, è solo il riflesso dello specchio se non smette di ammirarsi. Carriera di uno scrittore? Parliamo di Arte o di ascesa mediatica? Di verità o di illusione? Di consapevolezza o di compromesso sociale? Cosa significa ‘vincere?’ Essere un nome o essere sé stessi? Vincere un premio letterario è poca cosa, ma vincere la battaglia con il proprio stile è la quintessenza di ogni autentico scrittore. Non ci sono premi letterari più o meno importanti. Ci sono premi letterari per vera letteratura o no.

Quanto sono importanti le fiere del libro invece? A quali hai partecipato come editore e perché proprio quelle? Che benefici letterari portano secondo te?

Le Fiere del Libro sono una vetrina e un’opportunità. A volte sono una grandissima chance per conoscere il lettore, per discutere con lui o con lei dei libri che si propone e per andare oltre, filtrare il libro e farne un prototipo di condivisione.

Charles Bukowski, grandissimo poeta e scrittore del Novecento, artista tanto geniale quanto dissacratore, a proposito del ruolo dei poeti viventi della società e della cultura del suo tempo, diceva che… «il ruolo del poeta è pressoché nullo … tristemente nullo … il poeta, per definizione, è un mezzo uomo – un mollaccione, non è una persona reale, e non ha la forza di guidare uomini veri in questioni di sangue e coraggio» (Intervista ad Arnold Kaye, Charles Bukowski Speaks Out, “Literary Times”, Chicaco, vol 2, n. 4, March 1963, pp. 1-7).

Qual è la tua idea in proposito? Cosa pensi del ruolo del poeta nella società contemporanea?

Che la Poesia sta al mondo come il mondo sta all’Ignoto: non si comprenderanno mai se non si condivideranno. Ho letto molti poeti e li ho amati tantissimo, mi hanno accompagnata negli anni, nelle mie sfide, nelle mie scelte e nelle mie sconfitte. A volte c’è più coraggio e più onore della sfida nel silenzio rivoluzionario di un verso scritto in piena consapevolezza che nelle battaglie di sangue e tristezza.

Sempre Buk, come veniva chiamato a New York, a proposito dell’Arte diceva… «A cosa serve l’Arte se non ad aiutare gli uomini a vivere?» (Intervista a Michael Perkins, Charles Bukowski: the Angry Poet, “In New York”, New York, vol 1, n. 17, 1967, pp. 15-18).

Tu cosa ne pensi in proposito. Secondo te a cosa serve l’Arte della scrittura, della narrazione, del raccontare, dello scrivere?

A essere consapevoli. Senza la Consapevolezza non c’è niente.

In Italia si pubblicano ogni anno circa 60-65 mila nuovi titoli, la media ponderata di vendita di ogni nuovo titolo è di circa 50 copie, mentre chi legge effettivamente l’opera letteraria acquistata non supera il 10%, il che vuol dire che delle 50 copia vendute solo 5 copie vengono effettivamente lette da chi acquista in libreria o nei distributori online. Partendo da questo dato numerico, che per certi versi fa impressione e ci dice chiaramente che in Italia non si legge o si legge pochissimo, secondo te cosa si dovrebbe fare per migliorare questa situazione? Cosa dovrebbero fare gli editori importanti come te per far aumentare il numero dei lettori e degli appassionati ai racconti e alle storie da leggere?

Dovrebbe cambiare il mondo, la società, il senso della Vita. Allora leggere non sarebbe più un passatempo, ma un ruolo, un impegno dell’anima.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi prossimi appuntamenti? A cosa stai lavorando? Dove potranno seguirti i tuoi lettori e i tuoi fan?

Pubblicare veri libri e produrre nuovi film. Quanto ai miei fans, li vedrei partecipi di un nuovo modo di vedere la ‘realtà’. Perché solo chi sa andare oltre il conosciuto può immaginare una nuova Vita.

Un’ultima domanda Cristina. Immaginiamo che tu sia stata inviata in una scuola media superiore a tenere una conferenza sulla scrittura e sulla narrativa in generale, alla quale partecipano tutti gli alunni di quella scuola. Lo scopo è quello di interessare e intrigare quegli adolescenti all’arte dello scrivere e alla lettura. Cosa diresti loro per appassionarli a quest’arte e catturare la loro attenzione? E quali le tre cose più importanti che secondo te andrebbero dette ai ragazzi di oggi sulla lettura e sulla scrittura?

Così difficile dare insegnamenti, così difficile non cadere nella retorica…

Non bisognerebbe dare nulla per scontato, osare un’intuizione può aprire degli squarci illuminati nella nostra vita. Ogni cosa potrebbe essere banale e insignificante ma se la guardassimo sempre con stupore darebbe vita a pagine indimenticabili, per noi stessi, da regalare al mondo. Non accontentarsi: scavare per andare oltre la superficie, nella profondità di ciò che siamo e di quello che osserviamo. 

E soprattutto non guardare senza vedere, o peggio ancora guardare con occhi altrui.

 

Cristina Del Torchio

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Andrea Giostra

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