Nel cuore del Mediterraneo, oggi la Sicilia assume il ruolo di crocevia storico e strategico. L’Isola negli ultimi anni si trova al centro di tensioni geopolitiche che riflettono le trasformazioni globali. L’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti nel gennaio 2025 ha innescato ulteriormente una serie di cambiamenti nelle dinamiche internazionali, influenzando direttamente il ruolo della nostra terra nel contesto mediterraneo.
Non è più solo la porta d’Europa o il confine dell’Africa: è un osservatorio mobile sul Mediterraneo che cambia. Uno specchio d’acqua e di fuoco, attraversato da civiltà, guerre, migrazioni e flussi di potere.
Il Nord e il Sud del mondo si toccano in Sicilia
Nell’ultimo anno, da quando Donald Trump ha riconquistato la Casa Bianca riportando una visione più assertiva, isolazionista ma muscolare degli equilibri globali, il Mediterraneo è tornato a essere uno spazio di contesa tra le potenze.
Un mare diventato “caldo” non solo per le temperature in aumento, ma per le crisi che vi si affacciano e gli interessi che vi convergono.
E la Sicilia, cuore geografico del Mediterraneo, si ritrova oggi, più che mai, a essere teatro e attore – anche se spesso invisibile – di queste dinamiche.
La posizione dell’isola è sempre stata centrale, ma mai come oggi appare strategica. All’incrocio tra Nord e Sud globale, e sull’asse Ovest-Est che collega gli Stati Uniti all’Eurasia, la Sicilia si configura come una vera e propria “cerniera geopolitica”.
Lo testimoniano i traffici navali e aerei, la militarizzazione dei suoi spazi, le rotte delle migrazioni e le crisi che la lambiscono.
Nei flussi migratori, l’isola è diventata non solo il primo approdo fisico, ma anche il primo approccio giuridico e politico all’Europa.
Trump e la ridefinizione degli equilibri globali
L’inizio del secondo mandato di Trump ha segnato una svolta significativa nella politica estera americana. Tra le prime mosse, il ritiro dagli accordi di Parigi e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre all’imposizione di nuovi dazi commerciali, hanno evidenziato un ritorno a politiche isolazioniste e un distacco dalle alleanze tradizionali .

In particolare, la sospensione degli aiuti militari all’Ucraina e la proposta di una “Riviera del Medio Oriente” nella Striscia di Gaza hanno sollevato preoccupazioni tra gli alleati europei, spingendo l’Unione Europea a considerare una maggiore autonomia strategica .
In questo contesto, la Sicilia cambia profondamente il suo ruolo, diventando sempre più centrale nelle dinamiche geopolitiche. La sua posizione geografica la rende un punto di snodo tra Europa, Africa e Medio Oriente.

Le basi militari presenti sull’isola, come Sigonella e Niscemi, diventano fondamentali per le operazioni Nato e per il monitoraggio delle rotte migratorie e delle attività nel Mediterraneo.

La nuova amministrazione americana ha sollevato interrogativi sulla solidità delle alleanze transatlantiche. In risposta, l’Europa sta valutando la possibilità di rafforzare la propria autonomia strategica, con l’Italia che potrebbe giocare un ruolo di ponte tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, grazie anche alla leadership di Giorgia Meloni .
La Sicilia, in questo scenario, diventa anche un laboratorio per nuove politiche di cooperazione e sviluppo nel Mediterraneo, affrontando questioni cruciali come la gestione dei flussi migratori, la sicurezza energetica e la stabilità regionale. Oggi le decisioni prese a Washington, Bruxelles e Roma avranno un impatto diretto sull’isola con dinamiche complesse e interconnesse.
Energia e infrastrutture in Sicilia: progetti per diventare un hub strategico nel Mediterraneo
La Sicilia è al centro di progetti energetici e infrastrutturali che la collegano ai paesi del Nord Africa, rafforzando il suo ruolo di hub energetico e logistico nel Mediterraneo.
Nel nuovo Piano di sviluppo 2025 della rete elettrica nazionale, presentato da Terna a marzo 2025, la Sicilia emerge come una delle aree centrali nella strategia energetica del Paese. L’isola è al centro di numerosi interventi infrastrutturali che mirano a potenziarne il ruolo di hub energetico del Mediterraneo, in linea con le direttrici europee sulla transizione ecologica e l’autonomia energetica.
Il piano, che prevede investimenti complessivi per 23 miliardi di euro in dieci anni, dedica particolare attenzione al Mezzogiorno e alla Sicilia, considerata un punto nevralgico per gli scambi energetici tra Europa e Nordafrica.
Tra le opere più significative spicca il collegamento sottomarino Tunisia-Italia, denominato Elmed, un’infrastruttura strategica che unirà la Sicilia alla costa tunisina attraverso un cavo lungo 200 km e con una capacità di trasmissione fino a 600 MW.
Questo progetto, già autorizzato e cofinanziato dall’Unione Europea, permetterà all’Italia di rafforzare la propria sicurezza energetica diversificando le fonti di approvvigionamento e integrando il mercato elettrico europeo con quello nordafricano.
Energia, accordo Regione-Terna per la realizzazione del collegamento elettrico Italia-Tunisia
Un altro asse strategico è rappresentato dai collegamenti interni tra la Sicilia e il resto d’Italia, in particolare l’elettrodotto Tyrrhenian Link, che collegherà la Campania, la Sicilia e la Sardegna attraverso un doppio cavo sottomarino. Per la Sicilia, ciò significa un notevole miglioramento nella stabilità e affidabilità del sistema elettrico, oltre a una maggiore capacità di scambio e integrazione delle fonti rinnovabili, soprattutto eoliche e solari, di cui l’isola è ricca.
In Sicilia sono previsti anche numerosi interventi di potenziamento e ammodernamento della rete interna: sono oltre 100 i progetti che riguardano l’isola, molti dei quali finalizzati a eliminare le congestioni di rete, favorire l’inserimento di nuova energia rinnovabile e aumentare la resilienza infrastrutturale. Si tratta, in diversi casi, di sostituzioni o adeguamenti di linee esistenti, costruzione di nuove stazioni elettriche e ampliamento delle infrastrutture già operative.
Particolare attenzione è rivolta anche alla sostenibilità ambientale delle opere: Terna intende ridurre del 70% le linee aeree obsolete entro il 2035, anche in Sicilia, puntando su cavi interrati e tecnologie meno impattanti sul paesaggio e sulla biodiversità. Inoltre, il nuovo piano adotta criteri di trasparenza e partecipazione, con una forte sinergia tra Stato, Regioni e territori coinvolti.
Le potenze in gioco nel Mediterraneo
Sigonella, base strategica della Nato e dell’US Navy, si è trasformata in una delle più importanti piattaforme operative del Mediterraneo. Qui transitano i droni americani impiegati nelle operazioni in Libia, Medio Oriente e Sahel.
Anche la stazione di telecomunicazioni Muos a Niscemi continua a essere un nodo cruciale per le comunicazioni militari statunitensi.
Ma gli Stati Uniti non sono gli unici ad aver rafforzato la loro presenza.
L’Italia, tramite i fondi del Pnrr, ha rilanciato investimenti in infrastrutture portuali e logistiche, puntando su Augusta, Palermo e Trapani.
L’Unione Europea guarda alla Sicilia come baluardo di sicurezza energetica, soprattutto dopo la crisi del gas russo e la necessità di diversificare le fonti attraverso i rigassificatori del Sud e l’importazione dall’Africa.
Intanto, i paesi del Nord Africa – Tunisia, Libia, Algeria, Egitto – oscillano tra instabilità, cooperazione e crisi economiche. La Sicilia è la prima a riceverne gli effetti: arrivi di migranti, scambi energetici, accordi diplomatici, traffici illegali.
Il dialogo italo-tunisino degli ultimi mesi, promosso anche dalla Commissione Europea, ha visto proprio Lampedusa al centro di un piano per la gestione congiunta dei flussi migratori.
Crisi convergenti: migranti, clima, guerre
Nel Mediterraneo si intrecciano oggi crisi che sembravano distinte. L’aumento delle temperature ha reso il mare più salato e meno pescoso, con impatti diretti sui pescatori siciliani. La guerra in Ucraina ha rialzato i prezzi dei cereali e delle materie prime. Il conflitto in Medio Oriente ha scatenato nuove tensioni sulle rotte marittime, specialmente dopo gli attacchi Houthi nel Mar Rosso.
La Sicilia, in tutto questo, è un termometro. A Lampedusa gli sbarchi hanno superato le 120.000 persone nel solo 2024 e negli ultimi giorni vedono un incremento preoccupante. La Regione ha chiesto più volte lo stato di emergenza umanitaria, mentre il governo Meloni ha firmato accordi con Tunisia ed Egitto per contenere le partenze. Il sindaco di Lampedusa ha espresso chiaramente più volte negli anni la situazione dell’isola e dei suoi abitanti alle autorità politiche italiane ed europee: “non possiamo essere lasciati soli: siamo la frontiera umana dell’Europa”.
Anche il cambiamento climatico avanza: l’isola ha vissuto un’estate con picchi record sopra i 47 gradi, incendi devastanti e siccità prolungata.
Tutto ciò colpisce l’agricoltura, la sicurezza alimentare e la tenuta delle comunità interne, con una costante spinta allo spopolamento.
E sul fronte della guerra, i porti siciliani sono sempre più usati per i movimenti logistici delle forze Nato.
La presenza della marina militare italiana si è rafforzata anche per esercitazioni congiunte con partner europei, segno di un allineamento crescente tra la sicurezza interna e quella del quadrante mediorientale.
Il ruolo invisibile della Sicilia: una nuova lettura geopolitica dell’Isola?
Tuttavia, in tutto questo, la Sicilia resta spesso invisibile nel discorso politico nazionale. È uno spazio strategico senza una narrazione strategica. Come ha scritto l’analista geopolitico Dario Fabbri, “le isole servono sempre alle potenze, ma raramente partecipano ai processi decisionali”. Un’osservazione che ben si adatta all’Isola.
Se l’Italia vuole davvero diventare un ponte strategico tra l’Europa e l’Africa, come auspicato dal governo Meloni, allora la Sicilia deve essere al centro di questa visione. Non solo come base o approdo, ma come piattaforma di dialogo, ricerca, innovazione e cooperazione.
Deve essere presente in alcuni dei grandi temi geopolitici del nostro tempo: la transizione energetica, la sicurezza militare, il cambiamento climatico, le nuove infrastrutture (come i cavi sottomarini per la trasmissione dati o l’idrogeno verde), la diplomazia scientifica e la governance dei flussi migratori. La Sicilia può diventare il primo laboratorio di una nuova mediterraneità, capace di trasformare le crisi in alleanze.
Perché se è vero che la geopolitica è fatta di geografia e potere, allora è giunto il momento che la Sicilia esca dalla sua invisibilità e diventi protagonista del proprio destino.