“Voi, giovani siciliani, siete l’energia nascosta di quest’isola e la sua bellezza più profonda. Siete voi a renderla “Sicilia bedda”.
Le parole che scivolavano via il più possibile dai toni istituzionali di Ursula von der Leyen a febbraio di quest’anno, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Palermo, sembrarono all’epoca dover dare il via libera, quasi un segnale convenuto tra amici o complici, a un innesco di iniziative, associazioni tra imprese, corsa ai brevetti e forte rivalutazione delle alternative “green” e di energia pulita, concorsi di bellezza all’insegna del poco inquinante. Nulla di tutto questo è avvenuto.
Dopo il “flop” della casa dell’idrogeno a cui la Sicilia poco meno di due anni fa sembrava dovere essere la naturale candidata, era più o meno la fine della scorsa legislatura le trovate colorite del “post Fiat” in cerca d’autore si sono circoscritte per poi fermarsi del tutto. CLICCA QUI
Alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella a Villa Pajno, quella sera sembrava aver preso forma il meno subliminale e il più esplicito e autorevole degli atti di indirizzo.
La presidente della commissione Europea non era proprio un passante con la sindrome del cazzeggio creativo e la Sicilia “deve trovare altre strade” a tutti è parso a lungo nelle prime settimane dopo quella giornata il mantra da cui non si poteva uscire. Vero è che a Catania si sta costruendo la gigafactory più grande d’Europa e che il sogno di hub energetici mette in vetrina la Sicilia ambiziosa molto più di quella “povera e superba”, ma è altrettanto certo che non saranno gli auspici ad “autolanciarsi” come nel bel mezzo di una telecronaca di Fabio Caressa
La Sicilia porta d’Europa, tanto per cambiare, attende ancora l’imbeccata giusta, spera di poter capire quanto Pnrr e quanta misericordia in termini di rendicontazione saranno necessari, per poi piangersi un altro poco addosso, tra un treno di opportunità e un altro, gli unici che non passano in ritardo, e ricominciare daccapo.