“La vita è a moriri“: si sa che nascendo il fine ultimo è la morte e in alcuni Paesi dello Stivale il pensiero di una “sicura e bella sepoltura” può essere lo scopo di un’intera vita, almeno per le vecchie generazioni.
“456”, lo spettacolo scritto e diretto da Mattia Torre, in scena al Teatro Biondo di Palermo (Sala Grande), attinge con acume e apparente leggerezza a questo tema avendo come protagonista un esempio standard di famiglia del Sud. 4,5 e 6 sono infatti i numeri dei loculi che, fieramente, il capo famiglia dopo travagliate vicissitudini riesce ad acquistare.
Salgono dalla platea gli attori, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino e Giordano Agrusta, che, grazie ad una regia che vorremo definire geometrica, fatta di rimbalzi verbali sottolineati da precisi movimenti scenici (curati da Alberto Bellandi), rendono lo spaccato della famiglia come “nucleo in cui nascono i germi di un più ampio conflitto“. La famiglia è, secondo Torre, l’avamposto della nostra arretratezza culturale.
E in effetti non si può non essere d’accordo assistendo allo spettacolo: se marito e moglie si sentono “suli e indifesi” nella valle in cui vivono, tormentata da tutti i tipi di vento possibili, rabboccando un “sugo perpetuo” in onore della nonna morta quattro anni prima, Ginesio, “il figlio misterioso“, aspira ad attingere al gruzzoletto messo da parta per lasciare la casa natia e andare a scoprire la vita a Roma.
Efficaci i dialoghi che usano un linguaggio, tra latino, dialetto e pura invenzione, che rende ritmo e musicalità ad un racconto che, pur facendo ridere molto, non obnubila la radice amara della sostanza, nient’altro se non una “tragedeide” moderna.
Tutti bravi gli attori nel rendere l’intreccio, complicato e fittissimo, di desideri continuamente repressi e perciò pronti a scoppiare in qualunque momento, mentre là fuori le vite degli altri, bene o male, continuano a scorrere. Repliche fino al 7 aprile.