“Sono trascorsi 25 anni” da quel 23 maggio 1992. Allora “avevo 45 anni, oggi ne ho 70. Prima che i miei occhi si chiudano, spero di sapere altre verità“ su quanto accaduto quel giorno “e di guardare in faccia chi ha fatto questo: non merita niente”. “A qualcuno ha fatto paura la nomina di Falcone a procuratore nazionale antimafia”. Giuseppe Costanza, autista di Giovanni Falcone e sopravvissuto alla strage di Capaci, parla agli studenti a bordo della Nave della legalità. Quando prende la parola, anche il più piccolo chiacchiericcio tra i ragazzi in sala si ferma.
“Ero in quella macchina quando siamo saltati in aria – spiega Costanza – e sono vivo solo perché guidava Falcone. Se fossi stato io al volante nessuno ora sarebbe in vita. Perché noi avremmo coperto tutte le carreggiate, tallonandoci, e saremmo andati a finire tutti e tre sulla linea di fuoco” della bomba.
“Ero seduto dietro – ricorda ancora Costanza – stavamo parlando del più e del meno. Tra noi c’era un rapporto di fiducia. Mi chiese se la macchina da portare a Roma era pronta e io gli dissi di sì. Poi mi disse che arrivato a casa avrebbe avuto un altro appuntamento. Siccome nel quadro comandi erano rimaste inserite le mie chiavi, gli chiesi se, arrivato a casa, potevo prenderle. Lui era soprappensiero, pensava a ben altro, sfilò le chiavi e così spense la macchina. Gli dissi: ‘così ci andiamo ad ammazzare’. Ma questo gesto invece mi ha salvato la vita perché ha rallentato la velocità, la marcia era rimasta inserita e invece di finire sul punto dell’esplosione ci siamo andati a scontrare contro questo muro che si sollevava”.
L’ultimo ricordo che ha con Falcone, confessa ai giovani, “è il gesto con cui mi passa le chiavi e mi chiede scusa” per l’errore. “Poi mi sono svegliato in ospedale, mi hanno informato di un incidente, successivamente mi hanno detto quel che era successo. Sono andato subito sul posto perché altrimenti non ci sarei mai più andato. È assurdo quello che può fare l’uomo: nemmeno le bestie possono, perché loro uccidono solo per fame. Questi invece hanno ucciso per potere, soldi, interesse. Sono trascorsi 25 anni – conclude – sono stati presi gli uomini esecutori, ma oggi per quello che so e per come la vedo la matrice di quelle stragi è una sola: le indagini su cui Falcone voleva procedere dopo la sua nomina a procuratore nazionale antimafia. Borsellino mi venne a trovare in ospedale e mi disse che stava continuando le indagini. A qualcuno ha fatto paura la sua nuova nomina”.