A Palermo si trova, quella che viene considerata, una delle mummie più belle del mondo. Si tratta di una bambina, Rosalia Lombardo, morta nel 1920, all’età di due anni, a causa di una polmonite. Su richiesta del padre di Rosalia, il corpo della bimba venne mummificato grazie al palermitano Alfredo Salafia, esperto in imbalsamazione. Il lavoro fu, evidentemente, ben fatto visto che dopo cento anni, la mummia della piccola Rosalia si trova ancora in ottimo stato, collocata nelle Catacombe del Convento dei Cappuccini di Palermo, struttura collegata alla Chiesa di Santa Maria della Pace.
Prima di soffermarci sui fenomeni, apparentemente soprannaturali, legati alla “Bella Addormentata”, così viene soprannominata Rosalia, cerchiamo di ricostruire in linee generali la storia delle Catacombe dei Cappuccini per comprendere meglio la vicenda di Rosalia Lombardo.
Nel 1534 i Cappuccini presero possesso della chiesa di Santa Maria della Pace, nelle cui viscere i frati diedero vita ad una fossa comune per seppellire i propri confratelli defunti. Alla fine del ‘500, per questioni di spazio, si decise di costruire un cimitero sotterraneo, “le Catacombe”. A lavori ultimati, i frati spostarono le salme di coloro che erano stati seppelliti nella fossa comune, rendendosi conto che i 45 corpi riportati alla luce non avevano subito dei processi di decomposizione ma che, al contrario, si erano conservati in buone condizioni, come se si fossero mummificati naturalmente. Un fenomeno che colpì molto la coscienza dei religiosi, che lo considerarono un vero e proprio miracolo. Per cui i Cappuccini di Santa Maria della Pace, da quel momento in poi, avrebbero esposto lungo le pareti delle catacombe i corpi dei propri confratelli, non seppellendoli più.
Nel corso del Seicento, le cose iniziarono a cambiare. Infatti, sempre più spesso, venivano esposti nelle catacombe, non soltanto prelati e frati ma anche nobili e ricchi borghesi in grado di far fronte alle ingenti spese legate ai processi di mummificazione. Di fatto, poter collocare un proprio caro o un proprio parente nelle Catacombe dei Cappuccini era un modo per manifestare il prestigio e la rilevanza sociale del casato di appartenenza. I corpi venivano ubicati in ambienti differenti in base al sesso e allo status sociale e pure gli abiti, che adornavano le mummie, mutavano in base all’importanza sociale della salma: per gli uomini di chiesa si usavano vesti ecclesiastiche, uniformi per gli appartenenti dell’esercito e abiti eleganti per i nobili e l’alta borghesia.
Ma qual era la procedura di mummificazione in uso? Innanzitutto, ai defunti venivano estratti tutti gli organi interni e nei 12 mesi successivi i corpi venivano posti su dei colatoi dove avveniva il drenaggio dei liquidi, una sorta di essiccazione, processo fondamentale per scongiurare la decomposizione corporea. Successivamente, la salma veniva pulita con acqua e aceto, riempita di paglia e infine vestita. Col tempo, queste tecniche vennero migliorate e se ne aggiunsero delle altre: ad esempio, il corpo poteva essere immerso in vasche di arsenico o di latte e calce, per avere maggiori garanzie igieniche.
E arriviamo al nostro Alfredo Salafia, il quale, a fine Ottocento, mise a punto un nuovo metodo di mummificazione, fondato sull’utilizzo di sostanze chimiche, attraverso cui i corpi riuscivano a conservarsi perfettamente. Il successo di questa nuova tecnica fu incredibile, a tal punto che Salafia fu chiamato negli Stati Uniti per delle dimostrazioni. Ma l’imbalsamatore palermitano non divulgò la composizione della miscela di sostanze chimiche da lui utilizzate e iniettate nelle salme. Solo in tempi recenti, è stato possibile, grazie ad alcuni fogli manoscritti, ricostruire la composizione della miscela, nella quale vi era formalina, alcol, acido salicilico, sali di zinco e glicerina, a cui bisogna aggiungere l’uso della paraffina liquida, un processo che permetteva di conferire lucentezza e vitalità ai volti.
Inoltre, Salafia, che eliminò l’uso del mercurio e dell’arsenico nei processi di mummificazione, sostanze altamente nocive per la salute degli operatori, mummificò circa 100 salme, anche di alti prelati e importanti nobili, compresa la piccola Rosalia Lombardo.
La “Bella Addormentata” di Palermo è sicuramente il capolavoro di Salafia. La bimba, infatti, sembra ancora in vita, dà la percezione che da un momento all’altro possa muoversi. E addirittura, è stato documentato che la piccola Rosalia avesse mosso le palpebre. Il fenomeno, essendo stato documentato con foto e telecamere, ha attirato l’attenzione di molti e in tanti hanno pensato al soprannaturale, al miracolo. Ma gli studiosi hanno spento tali entusiasmi, sostenendo che l’evento è legato ad un’illusione ottica provocata dalla luce solare e che in realtà Rosalia non ha mai avuto gli occhi completamente chiusi.
Le Catacombe del convento dei Cappuccini di Palermo, con le sue circa 8000 salme, è stato nel corso dei secoli ed è tutt’ora un luogo di grande interesse turistico e storico-scientifico. Già nel XVIII secolo era una tappa fondamentale del “Gran Tour” e fu visitato, ad esempio, da Guy de Maupassant. Si tratta di un luogo, per certi aspetti, inquietante ma allo stesso tempo molto particolare, dove il visitatore entra in stretto contatto con la dimensione della morte, come poche volte capita nella vita. E per tale ragione si tratta di un luogo che è generatore di riflessioni e interrogativi sull’esistenza umana e sulla precarietà della vita.