Nell’epoca della velocità e dell’effimero, affidato al materiale ma che scompare inevitabilmente nell’oblio, c’è ancora chi nutre e si sostiene della forma creativa più fragile, forse, che è la poesia.
Rita Saccone, docente di Lettere al Liceo Galileo Galilei di Palermo, è una di queste persone che, a discapito dei dettami della società e delle difficoltà oggettive legate all’editoria, soprattutto quella poetica, crede nel potere salvifico dei versi, consapevole che non sia necessario, sempre, alzare la voce per farsi sentire.
Ed è così, possiamo dire in punta di penna, che Rita si è classificata quarta alla selezione del Premio Mario Luzi, principale riconoscimento internazionale istituito in memoria del poeta e senatore – considerato il padre dell’ermetismo e tra i maggiori autori del Novecento – Mario Luzi.
Il Premio Luzi, ricordiamo, si avvale, proprio per la sua importanza, del patrocinio del Senato della Repubblica e della massime istituzioni della cultura italiana – Accademie della Crusca e dei Lincei e Società Dante Alighieri – Tra i vincitori, negli anni, ci sono stati tra gli altri Alberto Bevilacqua, Paola Mastrocola, Vincenzo Ricciardi, Antonino Reitano e Maurizio Cucchi.
Chi scrive racconta la vita, sempre: nelle sue difficoltà, imperfezioni, complicanze e incomprensioni. Chi cerca di raccontare la vita con la forma della poesia ammanta, ancor di più, ogni parola con quell’indefinito sentimento che, quasi sempre, è precursore della necessità di apporre nero su bianco, con uno sforzo interno significativo, la propria voce interiore.
“Le parole del mio sangue” – seconda pubblicazione della Saccone, edito dalla Casa Editrice Antipodès – ha conquistato non solo la giuria del Premio ma anche quella popolare proprio per la potenza di quei versi che, leggendoli, appaiono “rari” per la comunicabilità e forza.
Si legge nella prefazione: “È poesia dell’interiorità, dell’esistenza: le immagini della quotidianità sono spesso ridotte a pochi cenni, viste in una luce straniante, in una dimensione interiore, più astratta, che ha spesso la forza di monologhi teatrali. È poesia della bellezza, della musicalità e della suggestione, della preziosità della parola“.
Sono parole semplici quelle usate dalla poetessa Rita Saccone ma penetranti perché cariche di vita vissuta e decodificata in versi per farne messaggio comune, condivisone salvifica di un passaggio di esistenza che, se fatto uscire da sé, diventa strumento di evoluzione e conoscenza dell’umano.