L’inchiesta del Ros dei carabinieri, che ha portato a 23 fermi, suggerisce che contro la mafia disponiamo di armi spuntate, che consentono sistemi di complicità che garantiscono ai boss di continuare a operare anche quando dovrebbero essere tecnicamente fuori gioco perché in carcere. Non può bastare la meritoria azione repressiva di magistratura e forze dell’ordine ma bisogna adeguare l’intero sistema di contrasto sul piano legislativo, amministrativo, dei controlli”.
Lo sostiene il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, che da un lato plaude all’azione della magistratura e delle forze dell’ordine per l’operazione condotta nei giorni scorsi in Sicilia portando all’arresto 23 persone, dall’altro si dice “inquietato” dall’emergere di “una rete che coinvolge anche soggetti deputati ai controlli nelle carceri e che operano nell’ambito del sistema della giustizia come l’avvocata di Canicattì”.
“E’ noto che la mafia – aggiunge Mannino – per i suoi traffici illeciti si è nel tempo appoggiata a ‘complici’ all’interno delle varie amministrazioni, a soggetti ‘ infedeli’ al proprio mandato e al ruolo che rappresentano per aggirare i limiti che invece chi conduce con onestà la lotta alla mafia e alla criminalità poneva e potere continuare ad agire. L’operazione di oggi – sottolinea il segretario della Cgil – deve farci fare un passo avanti sul terreno della legalità, l’azione repressiva deve cioè suggerire azioni di prevenzione efficaci in ogni ambito, controlli, limiti a chi opera nell’ambito della giustizia che e’ ad esempio assurdo che intrattenga rapporti personali con boss mafiosi al di fuori di quello che e’ concesso dal mandato che si esercita e che dovrebbe essere in tal caso soggetto a maggiori controlli”.
“Viene da dire – conclude Mannino – che in un sistema in cui potenzialmente nessuno è innocente occorre tenere alta la barra di regoli e controlli, in modo da offrire un filtro adeguato per l’illegalità”.