Il prossimo 3 luglio la Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi sul sistema di voto con cui gli enti di area vasta, le ex Province, dovranno andare ad eleggere la propria rappresentanza negli organi di gestione.
Dalla riforma maturata e mai realizzata nel divano di Giletti da Rosario Crocetta in poi, per i Liberi consorzi, termine poco gradito nell’uso all’attuale governatore Nello Musumeci, è stata notte fonda.
Nel 2015, con voto segreto, fu approvato un emendamento che prevedeva la soppressione dell’articolo 1 del disegno di legge per l’abolizione degli enti intermedi. Poi fu la volta del centrodestra, che sul finire della legislatura, con un esecutivo ballerino di maggioranza e ampiamente in fase calante, fissò con una legge, mettendolo nero su bianco, che si sarebbe dovuti tornare al voto ‘all’antica’. Niente cioè più elezioni di secondo grado, ma una scelta diretta dell’elettorato. Passaggi a vuoto, ripetuti, lunghi e continuati, prima di arrivare, con il nuovo governo ad annunci importanti di valorizzazione e rilancio, che attendono di trovare la conferma sul campo.
Ieri, in una nota la Cisl ha ricordato alcune delle principali criticità: “Sulle ex Province non può calare il silenzio. Il rischio che s’intravede, è che entro qualche mese lo stallo degeneri in paralisi. Nel blocco istituzionale e sul fronte dei servizi”: una ipoteca che pende su strade, scuole, fasce sociali deboli. Sui seimila dipendenti, sugli 800 delle Partecipate e sui 600 precari degli enti di area vasta”.
Ma il silenzio calato sulle ex Province rischia di rivelare altre forme di malessere. Uno dei mantra più diffusi nei primi mesi di vita del governo regionale era stato infatti rappresentato dal ruolo che le ex Province, nelle intenzioni di Nello Musumeci, avrebbero dovuto avere. Dall’integrazione con gli ex Ato ed Srr nel settore dei rifiuti, al supporto operativo per gli Iacp, di cui all’Ars per ora c’è traccia, anche se in stand by, di una importante norma di riordino contenuta nel ‘collegato’.
Attualmente, ma è un atto dovuto, alla guida di città metropolitane e liberi consorzi, ci sono i commissari. L’interlocuzione con Roma sugli enti tartassati dal concorso alla finanza pubblica deve ancora avere inizio, eppure il timore che la maggioranza di centrodestra sia meno coesa anche sul rilancio delle ex Province, da qualche parte comincia a trapelare. Niente di ben visibile e forse anche per questa ragione ancora più insidioso. Il mal di maggioranza del centrodestra non è sporadico, ma strutturato e non abbraccia temi, ma spesso anche singoli stati d’animo. Ragione per la quale, prima di sondare eventuali malumori e perplessità sui percorsi da portare avanti in materia di enti di area vasta, considerata la devastazione del passato, tanto vale andarci con i piedi di piombo ed evitare nuovi errori.