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Liberi Professionisti: lavorare assieme per l’insieme

lunedì 17 Luglio 2017

Il linguaggio vincente è quello della rete

Protagonisti di una cornice socioeconomica come quella contingente sono i liberi professionisti. La principale organizzazione che li rappresenta in Italia è Confprofessioni cui va il merito di aver contribuito ad alzare le leve del progresso. L’obiettivo è quello di arrivare a un sistema di linee guida comuni, essenziali per garantire ai cittadini un esercizio corretto della professione e ai professionisti un ordinamento che gli consenta di operare il più “in sicurezza” possibile.

Nel tavolo di osservazione e analisi dei dati, spicca il Dott. Nicolay Catania, Segretario Generale PLP -Associazione di categoria degli Psicologi italiani (www.plpitalia.it), aderente a Confprofessioni-, che ha risposto a qualche mia domanda, facendo luce sulla questione.

Qual è il modo in cui percepiscono se stessi, quali sono i bisogni principali e come pensano di adeguarsi a un mercato competitivo, ai processi di cambiamento sempre in atto? Quali sono i punti di forza e di debolezza di tutti i lavoratori autonomi? Per rispondere a questi e altri quesiti è stato somministrato loro un questionario, i cui risultati estesi sono elencati nel sito www.confprofessioni.eu.Quanti Psicologi sono impegnati in tal senso? La mia presenza tra avvocati e ingegneri è eloquente. Se danno spazio agli Psicologi è perché ce lo siamo conquistato, partecipando attivamente e fattivamente, passo dopo passo, a tutti gli step fino ai risultati.

A uno degli item, la risposta è stata che gli LP soffrono della “concorrenza sleale” da parte di colleghi e non. È lecito che tale percezione causi un clima di sfiducia e un atteggiamento di chiusura assolutamente controproducente, nell’ottica di creare un terreno condiviso e un linguaggio comune?

Questa è stata, in realtà, una risposta marginale, non preponderante, anzi, è venuta fuori la voglia di accedere a nuove collaborazioni, alle reti. L’unica soluzione possibile, in questo momento, è mettersi assieme. Bisogna capire quando e fino a che punto si può osare. Rimane il dovere, da parte di noi professionisti, di coniugare le nostre competenze, ma anche le nostre esperienze, vocazioni, metodi e metodologie, in sinergia con i colleghi. Oggi, le risposte devono essere coerenti con la società, quindi, multidisciplinari, multilivello, complesse. Bisogna avere una visione a livello “meta” e non ce la puoi avere se sei solo. Ognuno faccia il proprio mestiere in collaborazione con gli altri. Il medico/avvocato/architetto non sappia di psicologia ma collabori con lo psicologo, nel rispetto delle reciproche conoscenze e competenze e dando una risposta al paziente/cliente che sia esaustiva, complessa, coerente.

La collaborazione non deve creare confusione! Deve rimarcare le identità precipue nel rispetto delle esigenze del p./c. rispetto a una risposta che per complementarietà sia più completa. Perché i tuttologi non funzionano quanto quelli che si chiudono nell’autoreferenzialità del proprio studio professionale. Dando un risultato migliore in termini di performance. E siccome il medico non può sapere di psicologia, lo psicologo non può sapere di medicina, l’avvocato non può sapere di ingegneria, ci si mette insieme e si lavora all’unisono. Il mondo è proiettato in quella dimensione, le ‘società fra professionisti’, per es., per chi vuolecoadiuvarsiper dare risposte articolate a domande complesse.

Prendendo spunto dalla fonte più esaustiva di dati che ci offre l’ISTAT, in effetti, possiamo definire “Libero professionista”: “colui che svolge, in maniera libera, autonoma e non subordinata ad alcuno, una prestazione di opera intellettuale che richiede l’impiego di cultura, di cognizioni mentali e di risorse in misura nettamente superiore rispetto a qualunque attività di tipo manuale o dipendente”.

Il vantaggio della libera professione rispetto al lavoro dipendente è che il doversi sempre mettere in discussione e il dover fronteggiare a una continua e nerboruta dinamicità rende, per certi versi, incolumi al burnoutstressogeno che interessa chi è soggetto a schemi, procedure e “tempi vuoti” troppo rigidi, lenti, improduttivi, disorganizzati.

Gli “svantaggi” sono legati a diversi fattori concomitanti che vanno dalla costosa e impegnativa formazione individuale che comprende la conoscenza delle normative, delle lingue, dell’informatica e un adeguamento tecnologico all’essere “liberi di lavorare sempre”, senza né ferie né stipendi sicuri. Il maggiore impatto sul potenziamento della propria attività di freelance è costituito dall’avere delle competenze sempre più competitive che rappresenta anche un fattore di rischio in quanto sono soggette a una veloce obsolescenza, data dall’età media di successo (46 anni), dalle difficoltà linguistiche, dal precario rapporto con i colleghi e il macro.

L’universo parabolico degli LP si è notevolmente incrementato in Sicilia nel corso degli ultimi anni. Assistiamo a un aumento di questa forza lavoro, particolarmente dal 2013, anno sia di dark deep, punto di caduta quanto di risalita: dimostrando gli effetti di una reazione alla crisi economica iniziata nel 2008. La libera professione è risultata essere l’àncora di salvezza per molti. In questo settore, reggono il blasone coloro che possiedono titoli di studio, una formazione specifica, costantemente up-to-date e i “maschi”. Le donne scontano a livello qualitativo, quantitativo e reddituale un handicap sintomatico e indicativo dei limiti e degli standard che ancora interferiscono sull’omogeneizzazione per meriti e non per status di genere.

Un differenziale uomo-donna che si accentua al crescere dell’età. Pur considerando il fatto che si tratta di statistiche inerenti solo a un campione della società, resta indiscutibile che sia comunque indice, non della superiorità cognitiva degli uomini rispetto alle donne, ma di una cultura e di una società che ancora riescono a risultare castranti ed erotizzate a più livelli.

 

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