Il siciliano Agostino Grimaldi, nel XVII secolo, divenne un cavaliere dell’Ordine di Malta che per tanti secoli costituì uno dei più importanti canali di ascesa sociale e di nobilitazione per molte famiglie dell’Europa cristiana. L’Ordine maltese fu fonte di grande prestigio internazionale anche per la nobiltà siciliana, la quale era intimamente legata ai gerosolimitani, come dimostra la storia dello stesso Grimaldi.
In età moderna l’appartenenza all’Ordine di Malta era motivo di orgoglio e proiettava i propri membri in una rete di relazioni internazionali di altissimo livello. Naturalmente, tali relazioni conferivano alle nobili famiglie notorietà e prestigio a livello europeo e mediterraneo. Infatti, non è un caso che la crème dell’aristocrazia europea cattolica dell’epoca appartenesse all’Ordine dei cavalieri di San Giovanni (Ordine di Malta). In tal modo, i rampolli del Vecchio Continente venivano irregimentati nelle istituzioni e nelle forze armate dell’Ordine gerosolimitano, che, ricordiamoci, era (ed è) uno Stato sovrano riconosciuto da molti Paesi come soggetto di diritto internazionale. I cavalieri dell’Ordine oltre a ricevere una formazione come abili e temibili combattenti, nel corso della propria vita seguivano un cursus honorum nel quale erano previste cariche di carattere amministrativo, gestionale e diplomatico, esercitando funzioni di natura sovralocale.
L’Ordine nel corso della prima metà del XVI secolo fu costretto ad abbandonare l’isola di Rodi assediata dagli ottomani e i cavalieri riuscirono ad ottenere in feudo, dall’imperatore Carlo V, l’isola di Malta che da quel momento in poi divenne la piazzaforte centrale e il cuore dell’Ordine, nonché avanguardia della cristianità cattolica nell’area mediterranea. La vicinanza geografica con la Sicilia ebbe come conseguenza che il Gran Priorato di Messina assunse una posizione di rilievo all’interno dell’Ordine e d’altra parte s’intensificarono anche le relazioni e i commerci tra le due isole. Da questi elementi, quindi, nacque il rapporto privilegiato tra l’Ordine maltese e la nobiltà siciliana. Certamente, gli scenari bellici in cui si trovarono coinvolti i cavalieri gerosolimitani, tra cui per esempio le diverse spedizioni in Africa, la resistenza di Malta nell’assedio del 1565 e la battaglia di Lepanto nel 1571, furono occasioni nelle quali fu rievocata l’epopea delle crociate, creando ovviamente forti suggestioni.
In sostanza, i giovani nobili siciliani, attraverso l’Ordine maltese, avevano la possibilità di ottenere una formazione culturale internazionale e di appartenente ad una classe cortese europea. Tant’è vero che i cavalieri di San Giovanni provenivano dai quattro angoli d’Europa: le aristocrazie della penisola italiana erano organizzate in sette Priorati a cui si dovevano aggiungere i nobili provenienti dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Francia e dagli Stati tedeschi. I rampolli siciliani che si preparavano per diventare cavalieri dell’Ordine venivano formati nell’arte bellica, nelle usanze e nei riti cavallereschi oltre che nell’assistenza degli infermi e dei feriti. In tal modo, si cercava di perseguire il modello ideale del perfetto cavaliere cristiano impegnato nella lotta contro gli infedeli e nell’accoglienza dei fedeli.
Certamente, la storia di Agostino Grimaldi ci dice tanto sul percorso di formazione di un giovane nobile siciliano intenzionato a diventare cavaliere gerosolimitano. Inoltre, Grimaldi fu protagonista di vicende e azioni militari di grande rilievo, ricoprendo anche incarichi molto prestigiosi all’interno dell’Ordine maltese. Agostino già all’età di 6 anni venne indirizzato dalla famiglia a diventare un gerosolimitano, una decisione che era legata ad una ben precisa strategia familiare di consolidamento della propria posizione sociale. Ogni giovane, una volta entrato nell’Ordine di San Giovanni, avrebbe intrapreso un cursus honorum in base al rango, all’influenza e al patrimonio della famiglia d’appartenenza.
Agostino proveniva da un casato baronale, di origine genovese, che nel corso del tempo era riuscito ad accrescere le proprie ricchezze e ad ottenere il titolo baronale. Giovanni Grimaldi, padre di Agostino, una volta deciso il destino giovannita del figlio, lo affidò all’educazione dei precettori della Congregazione dei nobili nel collegio dei gesuiti che lo instradarono negli studi letterari, umanistici, scientifici e nelle arti ginniche. E dalla documentazione archivistica emerge che il giovanissimo Agostino già all’età di 10 anni era in grado di comporre un martirologio di San Giorgio, diversi epigrammi latini e partecipava ai tornei equestri.
Nell’estate del 1657 Agostino, ormai diciottenne, era pronto per i riti cerimoniali che avrebbero ufficializzato il suo noviziato nell’Ordine maltese. Si trattava di cerimoniali, quelli che precedevano la partenza per Malta, piuttosto articolati: vi era il saluto da rivolgere a tutta la parentela, la visita ai monasteri e ai conventi modicani con donazioni di beni e lasciti. Seguivano diverse funzioni religiose e le opere di carità per poveri e malfermi. Infine, l’esibizione equestre tra la folla poneva fine ai cerimoniali. Ad ottobre Agostino salpò per Malta e una volta approdato sull’Isola venne accolto da Martino De Redin, il Gran Maestro dell’Ordine. Cospicua risulta essere la corrispondenza tra il giovane Agostino e la famiglia rimasta a Modica, nella quale emerge la quotidianità del giovane novizio scandita tra intenso studio, addestramento militare, preghiera e servizio presso l’Ospedale dell’Ordine. Emergono anche le discussioni serali di geopolitica e filosofia con alti membri dell’Ordine così come dei divertimenti condivisi con gli altri giovani novizi.
Le prime esperienze marittime di Agostino arrivarono nel 1659, prestando servizio in una flotta costituita da navi maltesi, genovesi, veneziane e pontificie che aveva l’obiettivo di sorvegliare il Mediterraneo prima di sferrare un attacco risolutivo a Candia, località dell’isola di Creta occupata dai turchi. Nella primavera del 1660 l’ammiraglio della flotta, il principe Fabrizio Ruffo, nominò il ventenne Agostino Grimaldi comandante della nave Capitana e nell’agosto successivo ebbe inizio l’attacco a Candia con una flotta imponente che contava 40 galere, 50 vascelli e numerosi natanti minori.
Agostino nel corso dell’assedio, indebolito dalla broncopolmonite, si lanciò in un ultimo assalto nel quale venne colpito mortalmente da un colpo di moschetto che gli colpì il fegato. Il barone Giovanni Grimaldi commissionò al frate carmelitano Giovanni Paolo dell’Epifania il compito di scrivere una vita su Agostino, pubblicata a Messina nel 1662, col titolo “L’idea del cavaliere gerosolimitano mostrata nella vita di Fra’ Agostino Grimaldi e Rosso”. Agostino Grimaldi, ormai, era diventato un martire e incarnava l’ideale del perfetto cavaliere dell’Ordine maltese, oltre ad essere diventato esempio di virtù, onore e fede ardente, rappresentando le qualità dell’intera nobiltà cattolica europea.